Il nuovo Management deve unire prosperità aziendale e benessere personale
È indispensabile una cultura scientifica che permetta di superare in modo definitivo i residui di taylorismo del “command and control”
di Emiliano Pecis *
3' di lettura
Prima che arrivasse l’ingegnere Frederic Taylor, nei primi anni del ventesimo secolo, si utilizzava la cosiddetta “regola del pollice”, ovvero del buon senso, per gestire la forza lavoro all’interno di una fabbrica. Agli operai veniva detto cosa fare, ma nessuno si preoccupava di capire se lo stessero facendo nel modo più efficiente. Nessuno aveva mai cronometrato i loro movimenti, né si era preoccupato di capire quale tipologia di persona sarebbe stata in grado di svolgere in modo ottimale un determinato compito, rispetto ad altri.
Poi Taylor pubblicò “The Principles of Scientific Management”, un’opera rivoluzionaria che cambiò il concetto di lavoro negli Stati Uniti e nel mondo intero. Nonostante fosse inizialmente poco conosciuto, il testo era breve e ricco di esempi sull’impiego inefficace della manodopera. Secondo Taylor l’operaio modello, il cosiddetto “first class man”, era un uomo robusto e motivato solo dalla paga, adatto per il compito assegnatogli e sensibile solo a premi e punizioni.
Secondo Taylor, l’operaio doveva ricevere un salario elevato per garantire il massimo rendimento al datore di lavoro. Inoltre, era importante che l’operaio non si stancasse troppo, poiché ciò sarebbe stato controproducente a lungo termine. Va sottolineato che l’approccio di Taylor era prettamente utilitaristico, senza alcuna intenzione di aiutare la classe operaia, che considerava “stupida come un bue per svolgere compiti obiettivamente insopportabili per le persone sveglie e intelligenti”.
Sebbene oggi possiamo considerare le conseguenze di tale approccio più simili alla schiavitù che a un normale rapporto lavorativo, il testo aveva comunque una valenza scientifica perché nulla era lasciato al caso. Tutto era codificato e analizzato, arrivando persino a cronometrare le interazioni che coinvolgevano due o più “first class man”.
Nonostante siano trascorsi 112 anni dalla pubblicazione dell’opera di Taylor e dopo due rivoluzioni industriali, molti Ceo e manager attuali ancora presentano un residuo fisso da “command and control” di tayloriana memoria. Tuttavia, questo residuo non ha più nulla di scientifico, poiché le condizioni di contesto sono drasticamente cambiate. Infatti, anche se esiste ancora la fabbrica con la sua catena di montaggio alienante, molte professioni attuali si trovano nella cosiddetta “era della conoscenza”.
Pertanto, dobbiamo porci la stessa domanda di Taylor, ma contestualizzandola ai giorni nostri: “Qual è l’approccio scientifico che massimizza la prosperità sia del datore di lavoro che del lavoratore nell’era della conoscenza?”.
La scienza a cui dobbiamo rivolgerci per rispondere a questa domanda è quella della psicologia comportamentale. Centinaia di studi scientifici di questa disciplina dimostrano che premi e punizioni non sono più efficaci. Nell’era della conoscenza, un salario elevato è una condizione necessaria, ma non l’unico fine. I lavoratori di successo sono coloro che trovano piacere intrinseco nel loro lavoro.
Secondo gli studi della psicologia comportamentale, ci sono tre principi che motivano un lavoratore: l’autonomia, la padronanza e lo scopo. Le persone vogliono sentirsi autonome nel loro lavoro e poter scegliere il proprio modo di lavorare. La padronanza riguarda la competenza necessaria nel proprio campo di lavoro e la capacità di dominarlo per migliorare costantemente con l’impegno. Infine, c’è lo scopo, ovvero il sentirsi parte di un progetto che preveda un bene comune, che vada oltre il prodotto e il profitto. Questi sono i tre principi che più motivano le persone e le rendono produttive, secondo gli psicologi Edward Deci, Mihaly Csikszentmihalyi, Karl Duncker e Sam Glucksberg.
In sintesi, le conclusioni di Taylor non sono più valide: ciò che motiva le persone oggi è radicalmente diverso rispetto a 100 anni fa. Infine, a onor del vero, bisogna riconoscere che Adriano Olivetti giunse alle stesse conclusioni dopo che suo padre Camillo lo mandò negli Stati Uniti per comprendere il funzionamento della catena di montaggio di Taylor e Ford.
L’esperienza fu così traumatica per Adriano che decise di proporre ai suoi operai un approccio completamente opposto, fondato sui tre principi precedentemente menzionati. Offrì ai lavoratori una grande autonomia, tanto da permettere a un operaio, Natale Capellaro, con la sola licenza elementare, di diventare direttore tecnico generale della Olivetti. Inoltre concesse ai dipendenti la possibilità di acquisire le necessarie competenze attraverso frequenti e intensivi corsi di aggiornamento e un’ora al giorno dedicata alla lettura nella biblioteca aziendale. Infine, promosse uno scopo basato sulle comunità e sul bene comune, il tutto a beneficio dei dipendenti e dell’azienda stessa.
Insomma, abbiamo studi scientifici di psicologia comportamentale e una bellissima testimonianza tutta italiana che ci dicono che urge una nuova cultura scientifica del management che riesca veramente a coniugare la prosperità aziendale con il benessere delle persone.
* Dirigente InfoCert. Head of Factory - Business Line
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