Il padre del microprocessore Faggin: «La coscienza non è un algoritmo ma creatività»
L’inventore del microprocessore racconta come dalle ricerche sull’intelligenza artificiale è arrivato alla riflessione sulla coscienza umana, cuore del suo ultimo libro, «Irriducibile», alle frontiere tra scienza e spiritualità
di Fabio Carducci
3' di lettura
Computer, fisica quantistica, coscienza, libero arbitrio. Che cosa hanno in comune? Apparentemente nulla. In realtà molto, se seguiamo il misterioso filo rosso che lega le stagioni di una vita straordinaria, quella di Federico Faggin, fisico, inventore e imprenditore italiano, padre riconosciuto del microprocessore: quel millepiedi quadrato di silicio senza il quale non avremmo il personal computer e neppure lo smartphone.
Faggin ha tenuto a Roma una Lectio Magistralis alla prima giornata del Roma Innovation Hub, dove ha ricevuto il Premio Apollodoro. «La storia straordinaria di Federico Faggin - ha sottolineato nella cerimonia di consegna il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini - è un po’ l’emblema di che cosa siamo noi italiani, in termini di genio creativo e capacità imprenditoriale, e al tempo stesso della nostra difficoltà a far conoscere in tutto il mondo quello che valiamo».
Tra scienza e spiritualità
Ma è stato lo stesso Faggin a condividere con generosità la sua storia personale, per spiegare come è arrivato alla riflessione sulla coscienza umana, raccontata in “Silicio”, l’autobiografia del 2019, e approfondita nell’ultimo libro, «Irriducibile», in cui affronta non senza spericolatezza le frontiere tra scienza e spiritualità.
Dal microprocessore al touchscreen
«Sono nato a Vicenza nel ’41 - esordisce -, ho fatto le scuole industriali. Ho lavorato alla Olivetti dal 60. Ho capito che i transistori erano il futuro e che dovevo studiare fisica quantistica. Così mi sono laureato a Padova in fisica nel ’65. Nel ’68 mi sono trovato a lavorare per la Fairchild, dove ho inventato la tecnologia MOS con porta di silicio». Da lì è partita una avventura professionale entusiasmante, con l’invenzione del microprocessore, due anni dopo alla Intel, seguita dalla fondazione della sua prima azienda, la Zilog. Quindi l’intelligenza artificiale, con la creazione della Synaptics, che oggi fattura un paio di miliardi l’anno. Il tentativo mancato di «costruire computer che imparavano da soli», con le reti neurali, ha portato alla decisione di cambiare strada, con l’invenzione del touchpad e del touchscreen.
Da dove viene la coscienza?
«Questo interesse per come funziona il cervello, negli anni 87-88, mi ha portato a chiedermi: “Ma la coscienza da dove viene?”. Gli studi parlavano di segnali biochimici e bioelettrici come se fossero l’equivalente di quello che proviamo dentro di noi. Ma io quando mangio un pezzo di cioccolato sento il sapore della cioccolata. Questo, o l’amore che provo per un figlio, sono segnali elettrici? Se è così, mi dissi, e il cervello è un computer, allora io devo riuscire a programmare un computer in modo che abbia coscienza». Un vicolo cieco.
Un’esperienza straordinaria
«Finché - dice forse spiazzando almeno una parte della platea - non ebbi un’esperienza, che potremmo definire “non ordinaria” di coscienza. All’epoca avevo avuto tutto, dalla famiglia e dal lavoro, ma attraversavo una profonda scontentezza e non sapevo perché». Era il 1990, al lago Tahoe per le vacanze di Natale. Svegliatosi a mezzanotte, sperimentò una energia fortissima emergere dal petto, un’energia «che era amore», e la sensazione di essere «il mondo che osservava me stesso, con la mia identità». Questa esperienza cambiò per Faggin la «prospettiva con cui comprendere la realtà» e aprì una stagione di sperimentazione della sua coscienza «anche attraverso le forme di spiritualità che si conoscono».
Il «miracolo» della coscienza
«Dopo venti anni - spiega - sono arrivato alla conclusione che la coscienza deve essere fondamentale e irriducibile, non può essere definita con niente di più semplice di sé stessa. Perché è quella che ci permette di conoscere. La macchina è un sistema puramente deterministico, in cui lo stato successivo è interamente determinato dallo stato precedente. Ho quindi elaborato una teoria con uno dei fisici più esperti del mondo nel campo dell’informazione quantistica (Giacomo Mauro D’Ariano, ndr) per spiegare che la coscienza e il libero arbitrio sono fenomeni puramente quantistici. Abbiamo la capacità dei sistemi quantistici di conoscere sé stessi. E quindi di avere il libero arbitrio». «Per questo - conclude - siamo un mondo di potenzialità, di possibilità e di creatività pazzesca. Ci sono possibilità nel futuro che vanno ben al di là dell’intelligenza artificiale e dell’algoritmo. Siamo una coscienza che controlla un corpo da una realtà più vasta. Solo la coscienza può conferire significato e scopo alla vita, che altrimenti, secondo la fisica, non ne ha alcuno».
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