Il peso politico di Eleanor Roosevelt
Fu la prima first lady ad avere una propria autonomia. La battaglia per i diritti delle donne, la vocazione sociale, il ruolo alle Nazioni Unite
di Eliana Di Caro
4' di lettura
È importante leggere questa densa, minuziosa e partecipata biografia di Eleanor Roosevelt per diversi motivi. Primo, per sbarazzarci definitivamente dell’idea di “moglie di”: mai come in questo caso, forse, una diminutio da cancellare, considerando l’esperienza politica e la personalità di una donna che, pagina dopo pagina, si rivelano di grande forza, indipendenza e autorevolezza.
Secondo, perché ci si rende conto, attraverso una messe di esempi, ricostruzione di situazioni, citazioni di lavori e articoli, di quanto sia stato rilevante il contributo di Eleanor Roosevelt al percorso delle donne, alla conquista di un loro spazio politico, all’affermazione della loro voce nel dibattito pubblico (con quello che ne consegue in termini empirici, sul fronte dell’emancipazione e dell’avanzamento nella legislazione).
Terzo, non certo in ordine di importanza: la lettura di questa biografia è la lettura di un pezzo di storia americana (e in parte internazionale) che si dipana lungo gli anni cruciali del Novecento, descrivendone accadimenti, evoluzioni, personaggi, rapporti tra gli attori globali, conflitti.
Ma cominciamo dall’inizio, cioè da quel 1884 in cui la protagonista viene alla luce in una famiglia dell’élite newyorchese, “nipote d’arte” dell’amato zio Theodore (presidente dal 1901 al 1909) che era fratello del padre Elliott. La sensibilità politico-sociale di Eleanor emerge presto, sono gli anni della nascita delle associazioni femminili impegnate nelle battaglie per i diritti delle donne: tra gli obiettivi prioritari vi sono il miglioramento delle condizioni di lavoro e la tutela della salute. Eleanor partecipa e si fa le ossa con il volontariato in quartieri difficili come quello di Rivington street, nel Lower East Side.
Franklin Delano è un lontano cugino che sposa nel 1905, a cui darà sei figli e dal quale sarà presto tradita. Rimane al suo fianco (soffrendo di forte depressione anche per la perdita del terzo figlio) e, nel seguirne il percorso da political wife, si struttura progressivamente guadagnandosi un proprio ruolo, sempre attenta a non travalicare i limiti riconosciuti a quel ruolo eppure al tempo stesso imponendosi con maestria agli occhi dell’opinione pubblica.
Quando nel 1933 Eleanor arriva alla Casa Bianca, ha alle spalle non solo la solida formazione propria di un’esponente dell’alta società(che comprende la scuola in Inghilterra da M.lle Marie Souvestre, insegnante cui sarà sempre riconoscente) e anni di attivismo e militanza nel Women’s Club di New York e nella Women’s Trade Union League, ma ha anche dalla sua una perfetta conoscenza delle dinamiche di partito che ha seguito da vicino lungo l’ascesa di Franklin e nelle diverse campagne elettorali.
I suoi primi atti da first lady segnano una svolta nella tradizione politica statunitense: istituisce una conferenza stampa settimanale destinata alle sole giornaliste; tiene ogni giorno una rubrica, My Day, che arriverà a essere pubblicata su 62 giornali, interviene con regolarità in programmi alla radio e (dal 1950) in tv.
Per certi versi, quello con il marito è quasi un “ticket”, nel senso che FDR, ricorda Baritono, le affida incarichi e responsabilità sapendo di poter contare sulla sua intelligenza e lungimiranza: è lei che viaggia per tutta l’America segnata dalla crisi economica e, più tardi, che porta la vicinanza delle istituzioni ai soldati al fronte in Gran Bretagna e nel Pacifico.
Nel 1940 c’è un evento “rivoluzionario”: Eleanor pronuncia un discorso alla Convention del Partito democratico, a Chicago. È la prima first lady a farlo, aprendo le strada a quella che è ormai una prassi consolidata. Nel corso di tutti questi anni, la sua agenda politica è andata definendosi in modo chiaro attorno ai temi che le sono cari, come i diritti dei lavoratori (in particolare delle lavoratrici: lei stessa è iscritta al sindacato), la costruzione di una rete di donne attive nella politica, le azioni contro la povertà, la questione razziale, un vero e proprio vulnus per quella che più tardi qualificherà come «la democrazia guida del mondo».
Le pagine sulla deflagrazione della situazione internazionale che sfocia nella guerra contro il nazismo si intrecciano con i tanti riferimenti alle politiche del New Deal, grazie alle quali Franklin Delano «per milioni di persone era l’America»: sono le parole di «The Nation» alla morte del presidente, il 12 aprile 1945.
Eleanor si trasferisce a New York nel suo appartamento a Washington Square, ma presto si capisce che l’aver lasciato la Casa Bianca non implica un abbandono dell’impegno politico. Il suo percorso continua con incarichi che le permettono di sviluppare il coté internazionalista del suo pensiero: il presidente Harry Truman la nomina delegata all’Assemblea delle Nazioni Unite, unica donna della rappresentanza americana a Londra, all’inizio del 1946. Non solo. L’ex first lady sarà a capo, designata per acclamazione nel gennaio del ’47, della Commissione sui diritti umani, e il suo ruolo nella stesura della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948) è fondamentale.
Alla fine della parabola politica tracciata da Raffaella Baritono, docente di Storia contemporanea all’Università di Bologna, non sorprende che Eleanor Roosevelt sia diventata una delle donne più celebri della storia americana e globale. Malata di tubercolosi, muore il 7 novembre 1962, avendo fatto in tempo ad appoggiare l’elezione di John Kennedy, il quale quel giorno ordina che le bandiere americane vengano abbassate a mezz’asta in tutto il mondo, mentre ai funerali si raduneranno in diecimila per l’ultimo saluto.
Questo libro - alto, documentato e nutrito da una corposa bibliografia (peccato sia sporcato da tanti refusi che non possono sfuggire a una lettura appassionata) - ha il merito di restituire nella sua complessità la figura di una grande protagonista del ’900.
Eleanor Roosevelt. Una biografia politica, Raffaella Baritono, il Mulino, pagg. 579, € 35
loading...