Il «petto di pollo veg» (intero) sbarca in Italia. Ecco come si evolve il plant based
Il «Planted.chicken Breast» presentato dallo chef stellato Pietro Leemann sarà presto in vendita: un esempio dello sviluppo nel mercato delle proteine alternative che ha ancora forti potenzialità di crescita
di Emiliano Sgambato
I punti chiave
4' di lettura
TuttoFood si è aperto a Milano con un convegno organizzato da Coldiretti dove i protagonisti di tutta la filiera alimentare – dagli agricoltori all’industria, passando per gli allevatori – hanno ribadito il loro netto no alla carne coltivata. O sintetica o artificiale che di si voglia, cioè quella che si ottiene dalle cellule staminali animali processate in cosiddetti bioreattori. Una “carne” di cui esistono ancora pochi casi al mondo e di cui ancora in Europa sono sconosciuti consumo e produzione.
Intanto negli stand della Fiera di Rho le società specializzate in plant based (chiamarle solo start up ormai è riduttivo) presentavano l’evoluzione dei loro prodotti a base di proteine vegetali, che nulla hanno a che fare con la cultivated meat di cui sopra. Si tratta infatti di proposte che attraverso lavorazioni brevettate e processi di fermentazione imitano forma e sapore della carne animale, ma che partono da prodotti vegetali come soia, piselli e barbabietole.
L’evoluzione del plant based
Dopo che, sempre nei giorni della Fiera, l’israeliana Redefine Meat ha presentato la sua bistecca stampata in 3D di aspetto e gusto sempre più simile all’originale, nei padiglioni di Rho è stata la volta di Planted che ha lanciato in anteprima per l’Italia il suo “planted.chicken Breast”, da 120 grammi che sarà in vendita nei supermercati da ottobre (è già venduto in Svizzera, Germania, Austria, Francia e Regno Unito).
«Si tratta il primo petto di pollo 100% vegetale e senza alcun additivo, composto soltanto da proteine e fibre di piselli, acqua, olio di canola, vitamina B12, sale e lievito», dicono dallo start up. Un prodotto «frutto di anni di studi e test portati avanti dal dipartimento ricerca e sviluppo nei confronti dei primi prototipi di filetti di carne, i cosiddetti “whole-cuts” e grazie alla tecnica della fermentazione, è stato possibile raggiungere una succosità incredibilmente simile a quella della carne animale».E per valorizzare il suo valore in cucina a metterlo in padella è stato lo chef stellato Pietro Leemann, ambassador di Planted e una stella Michelin al Joia di Milano.
A poco più di un anno dal lancio in Italia, Planted conta oltre 400 ristoranti in tutto il Paese, dalle catene partner tra cui I Love Poke, Kebhouze e Flower Burger, all'hôtellerie, alla ristorazione collettiva, ai delivery; oltre allo shop online. A fine 2022 Planted è sbarcata nella Gdo attraverso le insegne del gruppo Conad in Lombardia e Nord-Est, Interspar, Carrefour nel Sud Italia, e da maggio sarà distribuita anche nei supermercati Esselunga. Planted – società con base in Svizzera che non rende noti fatturato e altri risultati economici – sta mettendo a frutto un round di finanziamento di 70 milioni guidato da L Catterton e ha debuttato anche nei segmenti dei pasti pronti surgelati (brand Artica).
La carica delle alternative alle proteine animali
Ultime evoluzioni a parte, gli hamburger e gli straccetti veg esistono da tempo – come le bevande proteiche e i prodotti che si pongono come alternativa al latte e i suoi derivati, ma anche le “finte uova” e il “finto pesce” – e senza troppo clamore ormai in Italia hanno raggiunto vendite per 500 milioni di euro (+8% in valore e +3% a volume nel 2022), trainati da burger e piatti pronti (dati Unione Italiana Food).
La filiera della carne è più preoccupata per i prodotti ottenuti dalle staminali perché sono l’ultima frontiera e sembrano avere più possibilità di essere davvero paragonabili a una vera bistecca (del resto “i mattoncini” di partenza in questo caso provengono dagli animali) e perché in questi anni la fake meat non ha davvero sfondato nei supermercati, nonostante i dati qui sopra dimostrino come siano una realtà consolidata.
Ma chi investe nel plant based ha qualche asso nella manica. Innanzitutto questi prodotti assomigliano sempre più all’originale, con caratteristiche che cercano di mettersi in mostra nei ristoranti, nelle catene del food retail e nelle fiere internazionali come appunto Tuttofood, dove anche lo storico spalmabile Philadelphia (gruppo Mondelēz) ha presentato la sua versione senza proteine animali.
La carne non basta mai
Non si può poi trascurare il fatto che la domanda di carne e di prodotti proteici sia in continuo aumento: secondo una ricerca di Pgim, società di asset management con in gestione 1.200 miliardi di dollari, è destinata a crescere del 14% entro il 2030. Anche se nella stessa ricerca si nota come «la domanda di carni di origine vegetali e di quelle coltivate in laboratorio è in calo, nonostante abbia attratto più di un miliardo di dollari in venture capital, per via di un mercato altamente frammentato e non economicamente sostenibile».
Si potrebbe comunque delineare uno scenario in cui la carne animale sara un prodotto sempre più “di lusso”. Vero che la produzione artificiale (ma anche plant based) è ancora molto costosa, ma se è credibile che i numeri cresceranno, è prevedibile anche che i prezzi si abbasseranno di pari passo con diffusione e progressi della ricerca e dei relativi sviluppi industriali. Secondo Boston Consulting Group ad esempio il potenziale resta elevato e le proteine alternative potrebbero raggiungere una quota dell’8% del totale nel 2030 (ora valgono il 2%).
Gli altri assi nella manica? Da un lato questi prodotti sono considerati – a torto o a ragione – ecologici e meno impattanti rispetto alle emissioni di gas serra; dall'altro si stanno evolvendo, conquistano nuove categorie merceologiche e una popolazione di consumatori dove crescono i flexitariani, cioè chi, pur continuano a mangiare carne, si orienta a un maggior apporto di vegetali nella sua dieta.
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