INVESTIMENTI

Il più grande impianto 4.0 europeo per lavorare i kiwi è in Romagna

di Ilaria Vesentini

3' di lettura

Arrivato 30 anni fa dalla Nuova Zelanda, il kiwi è diventato uno dei frutti più coltivati e redditizi nelle campagne italiane, romagnole in particolare, tanto che oggi il nostro Paese è il primo produttore ed esportatore di tutto l’emisfero nord del pianeta (si alterna con la Nuova Zelanda, nella controstagione). E con l’ultimo investimento in tecnologie, per 5 milioni di euro, inaugurato a Castel Bolognese (Ravenna) dal Consorzio Agrintesa, ora il kiwi italiano può vantare anche il più grande e avanguardistico impianto in Europa per la lavorazione dell’actinidia. Con cui rafforzare non solo la qualità del made in Italy ma anche la quantità, data la previsione di aumentare di un 10% sia le coltivazioni sia le esportazioni (già oggi quasi l’80% dei kiwi nostrani finisce sulle tavole del resto del mondo) grazie al traino della varietà meno acida a polpa gialla .

Italianissima è anche la tecnologia 4.0 installata nella “casa del kiwi” ravennate: linee di calibrazione e confezionamento sperimentali sono della Sermac di Cesena, che automatizzano tutte le fasi di lavorazione, garantendo nel contempo la tracciabilità all’origine del prodotto: «L’innovazione principale è legata a un brevetto delle macchine Sermac che permette di vedere meglio dell’occhio umano eventuali zone difettose sia in superficie sia all’interno del frutto e di tradurle in immagini digitali (la tecnologia Hdia-High definition innovative agrovision, ndr)» spiega Cristian Moretti, direttore generale di Agrintesa, cooperativa agricola che associa 4mila produttori tra ortofrutta e vino, 295 milioni di euro di valore alla produzione (60% export con il picco nei kiwi), 200 dipendenti fissi e 1.800 stagionali.

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Oltre alle due calibratrici (otto linee ognuna) con una capacità oraria complessiva di 40 tonnellate di prodotto e i due sistemi paralleli di confezionamento (con una potenzialità di 20 tonnellate l’ora e processi totalmente robotizzati), sono stati inaugurati a Castel Bolognese due nuovi tunnel di raffreddamento rapido per la gestione del prodotto esportato oltremare (il kiwi ben conservato dura anche sei mesi) e 1.200 posti pallet di stoccaggio. «Questo stabilimento – sottolinea il dg – sarà dedicato prevalentemente alla lavorazione del Kiwi a polpa gialla della varietà G3 oggetto di un importante accordo produttivo e commerciale siglato con Zespri (a sua volta la più grande realtà a livello mondiale nell’industria del kiwi, proprietà di 2.500 coltivatori neozelandesi, ndr) . Ma lavorerà tutto l’anno a pieno regime confezionando anche il Kiwi a polpa verde sino a fine maggio e poi in estate susine e albicocche».

L’investimento tecnologico sulla casa del kiwi da 5 milioni di euro fa il paio con il rilancio da 12 milioni di euro della cantina di Russi, sempre nel Ravennate, inaugurata poche settimane fa da Agrintesa. «Parliamo di 17 milioni di investimenti terminati nel mese di settembre con cui puntiamo a rafforzare la nostra leadership in due prodotti strategici, kiwi e vino – conclude Moretti – elevando gli standard qualitativi e l’efficienza produttiva». Agrintesa è leader non solo nell’ortofrutta fresca (nel kiwi in primis, con 2.500 ettari coltivati e 70mila tonnellate di actinidia su una produzione complessiva di 295mila tonnellate l’anno), ma guida anche la classifica italiana delle cantine cooperative di primo grado, con 160mila tonnellate di uve conferite dai soci e 1,4 milioni di ettolitri di vino prodotti nel 2016. All’interno di un sistema cooperativo a filiera che arriva a valle con la partecipazione in società come Caviro, Conserve Italia, Alegra che permettono di incanalare sul mercato la massa di produzione dei 4mila agricoltori soci a monte.

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