Il Ponte sullo Stretto torna in pista, ma a decidere sarà il prossimo governo nazionale
di Alessandro Arona
4' di lettura
La vittoria di Nello Musumeci nelle elezioni siciliane non basta per rilanciare il progetto del Ponte sullo Stretto (cantiere mai aperto, progetto fermo dal 2013), perché le decisioni chiave e i finanziamenti sull'opera - di rilievo strategico nazionale ed europeo - spettano al governo (e anche al Parlamento). Ma la vittoria di Musumeci aiuta.
Musumeci rilancia il Ponte
Il candidato del centrodestra che si avvia a diventare presidente della Regione prevede infatti nel suo programma in modo esplicito la realizzazione della grande opera ferroviario-stradale da 8,5 miliardi di euro (nel progetto 2011), mentre il suo principale competitor, sconfitto per pochi punti, Giancarlo Cancelleri dei Cinquestelle, non citava l'opera nella parte “infrastrutture” del suo programma e ha più volte dichiarato che le priorità infrastrutturali dell'isola sono altre (ferrovie, strade, opere idriche e anti-dissesto).
Per il Ponte sullo Stretto si applica ancora la legge obiettivo 2001, abrogata da Codice appalti 2016 ma ancora in vigore per le procedure partite prima (sono ancora moltissime). Decide il Cipe, dunque, il governo, ma con il parere decisivo (così sanci la Corte Costituzionale nel 2004), delle Regioni interessate, e tantopiù questo vale per quelle a statuto speciale come la Sicilia. Se avesse dunque vinto Cancelleri, un parere negativo della Regione a guida Cinquestelle avrebbe probabilmente potuto fermare l'eventuale rilancio dell'opera da parte di un futuro governo nazionale. Ora invece la partita resta aperta: avremo una Regione Siciliana desiderosa di rilanciare il tema del “collegamento stabile con la terraferma”.
Deciderà il prossimo governo
La palla passa però, di fatto, alle prossime elezioni politiche, perché è chiaro che da qui a pochi mesi non succederà nulla. La società Stretto di Messina è in liquidazione dal 2013 (”Scioglietela al più presto - ha scritto la Corte dei Conti qualche mese fa - perché ci costa ancora quasi due milioni di euro all'anno”), il progetto definitivo (non approvato dal Cipe), sta ammuffendo nei cassetti dal 2011 (andrebbe sicuramente rivisto), la cordata di costruttori guidata da Salini Impregilo è in contenzioso giudiziario con la Stretto di Messina per 790 milioni di euro di presunti danni e oneri pregressi (si veda il paragrafo finale per i dettagli e l'aggiornamento dell'iter). C'è una legge del 2012 del governo Monti che dichiara nullo il contratto con i costruttori Eurolink (Salini e altri) e liquida la società, e di fatto dichiara morto il progetto. Ci vorrebbe dunque un'altra legge per rilanciare l'opera. Dal 2014 in poi, inoltre, i vari governo di centrosinistra (Letta, Renzi, Gentiloni) non hanno mai più inserito l'opera tra le priorità nazionali, e alcuni giorni fa il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha spiegato che «il vecchio progetto del Ponte sullo Stretto è morto. Per il corridoio Napoli-Palermo, adesso, stiamo facendo uno studio di fattibilità che valuterà varie opzioni, inclusa quella sospesa. L'unica certezza è che lo faremo con soldi pubblici, e non con il project financing».
Lo studio di fattibilità
Lo studio di cui parla Delrio dovrebbe servire a capire quale sia l'opzione migliore per garantire un collegamento stabile tra Sicilia e continente, una volta che sarà potenziata la ferrovia Salerno-Reggio Calabria (sono in corso ammodernamenti per 230 milioni di euro e altri più “rilevanti” sono allo studio) e realizzata in Sicilia l'alta capacità Messina-Catania-Palermo (è allo studio in particolare il progetto della tratta montuosa della Catania-Palermo, e l'obiettivo dichiarato da Rfi è ammodernare l'intera linea attuale Catania-Palermo a binario unico entro il 2024/2025, riuscendo così in pochi anni a scendere da una percorrenza di tre ore a un'ora e 55, per poi negli anni successivi realizzare un secondo binario, per un costo complessivo di sei miliardi di euro).
Tempi lunghi, dunque. Nel frattempo - questo è quello che concretamente sta avvenendo - su incarico del Ministero è Rfi (società infrastrutturale di Fs) che sta facendo lo studio di fattibilità per l'attraversamento dello Stretto. Saranno valutate, con analisi costi-benefici, tutte le possibili opzioni, il ponte ma anche il tunnel sottomarino galleggiante (sul modello del progetto in Norvegia per attraversare il Sognefiord) o anche l'opzione zero, cioè il semplice potenziamento del servizio traghetti.
«Il nostro – ha spiegato ancora Delrio – sarà uno studio di fattibilità molto laico, aperto. Se l'opera non costerebbe più di 3,5-4 miliardi», contro i circa 7,5 miliardi di euro di costo complessivo del Ponte 2011 (di cui 6,7 miliardi di contratto di appalto al general contractor Eurolink), che diventavano 8,5 con opere complementari e oneri finanziari. Questo studio sarà forse pronto prima delle elezioni politiche di primavera, ma in ogni caso sarà un “giro d'orizzonte”, tecnicamente non tale da consentire decisioni definitive, che in ogni caso saranno prese dal prossimo governo.
Politiche 2018 e posizioni sul Ponte
Berlusconi ha sempre sostenuto l'opera, come prima di lui il suo “padrino politico” Bettino Craxi, e il cavaliere l'ha detto chiaramente nella campagna elettorale per le regionali siciliane. Salvini è molto più cauto, ma probabile che sul sud, in un eventuale governo di centrodestra, deciderà Forza Italia. Se vinceranno i Cinquestelle niente ponte, questo è scontato, anche se in Sicilia c'è Musumeci. Come dicevamo, la competenza per approvare l'opera e i soldi sarebbero dello Stato. Se infine vincerà il centrosinistra si andrà avanti con la linea Delrio: studio di fattibilità “laico” e progetto comunque il più possibile low cost. La verità, come noto, è che le prossime elezioni politiche non le vincerà nessuno, e dire dunque se il Ponte si farà oppure no è ancora più difficile.
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