analisiLa Francia divisa

Il potere dei simboli e i conti col passato

di David Bidussa

(Reuters)

4' di lettura

L’assassinio di Mireille Knoll, la donna uccisa nel suo appartamento ha scosso la Francia. La Francia scopre che l’antisemitismo è un fatto. Lo scopre perché improvvisamente quel nervo scoperto di una conflittualità profonda che attraversa la sua società non è più riducibile a un conflitto o alla rabbia sociale delle periferie, ma tocca la sua storia. Allo stesso tempo, si potrebbe dire che la Francia non vuole fare i conti con la sua storia reale ed è per questo che carica quella morte di un valore simbolico particolare.

Chiediamoci che cosa ha di diverso l’assassinio di Mireille Knoll, la donna di 85 anni, trovata uccisa nell’incendio del suo appartamento a Parigi venerdì 23 marzo scorso, con la morte violenta per esempio di Ilan Halimi nel 2006, quello di Sarah Halimi, anch’esso avvenuto nel suo appartamento nell’aprile 2017? Apparentemente niente. Tre persone colpite in sostanza per la loro appartenenza a un gruppo umano specifico. Se si doveva parlare di antisemitismo, forse quella categoria era già proponibile in quegli episodi. Ma non è avvenuto.

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La differenza c’è ed è appunto simbolica ed è nella storia di quei corpi. Meglio, nella storia che è passata sul corpo di Mireille Knoll. Mireille Knoll era una dei sopravvissuti alla “Grand Rafle” del Vélo d’Hiv, ovvero la grande retata degli ebrei parigini del luglio 1942, quando in un giorno, più 13mila ebrei furono catturati, rinchiusi al Velodromo di Parigi per essere inviati verso i campi di sterminio nazista in Polonia.

La Francia ha impiegato molto tempo a prendere confidenza con le sue vergogne. Ha impiegato più di 50 anni e solo nel 1995, all’inizio della presidenza di Jacques Chirac riconoscerà le proprie responsabilità per quella prima razzia (in gran parte realizzata dalle forze di polizia francesi). Da allora, l’elemento simbolico di quella scena ha avuto un peso, forse anche eccessivo, nella storia pubblica francese. Era un modo per dire che si regolavano i conti con il passato, non tacendo niente.

L’assassinio di Mireille Knoll superstite a quei rastrellamenti del luglio 1942, dunque, è percepito come la violazione di un percorso di riconciliazione, tardivo, che con difficoltà la Francia ha intrapreso e che nasce dalla intenzione dichiarata di non lasciare vuoti di memoria nel proprio passato.

Allo stesso tempo, però questo sentimento di preoccupazione e di smarrimento, si confronta con altre due questioni che invece innervano fortemente il presente e che in diverso modo hanno connessioni profonde con il passato e che stanno dietro a molta parte del clima di antisemitismo esistente in Francia, anche a prescindere dagli episodi di sangue e di violenza fisica.

Il primo riguarda il fatto che dietro a questi diversi fatti di sangue stanno spesso i conflitti che attraversano le relazioni delle due minoranze (musulmana e ebraica) in Francia. Due realtà che non si scontrano per la prima volta, ma che dietro si portano precedenti conflittualità, e “insopportabilità” cresciute, vissute, e mai dimenticate, nelle terre d’origine (gran parte del mondo ebraico francese oggi è di origine maghrebina). In breve in quella conflittualità sta la perpetuazione di una precedente conflittualità mai risolta e anche concretamente mai raccontata. L’effetto di questo fenomeno è il crescente esodo di ebrei francesi verso Israele è anche la denuncia della non capacità della Francia di tutelare suoi cittadini.

Il secondo riguarda il lento venir meno nella Francia di questo decennio di un terreno dei diritti relativamente ai quelli culturali delle minoranze. È una partita che non riguarda solo l’irrigidimento delle politiche legate al rapporto tra sfera del religioso e sfera pubblica definito dalla legge del 1905, quella legge che per esempio regola l’esposizione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici (la scuola prima di tutto). Sugli effetti di quella legge, lo sguardo di molti, negli ultimi anni, si è rivolto ai crescenti processi di chiusura e di orgoglio dell’identità della comunità musulmana in Francia, leggendo il progressivo radicalismo, o comunque le forme di simpatia e di spostamento verso il radicalismo religioso, come conseguenza di quell’atteggiamento. Si è sottovalutato, anche, un analogo processo di arretramento rispetto alla pluralità culturale che ha segnato profondamente la Francia che ha visto crescere il consenso intorno al Front Nazional di Marine Le Pen, una realtà politica in cui la parola “patria” acquista un valore fortemente intollerante nei confronti del pluralismo politico e culturale e che ha segnato un percorso verso l’estremo che in questi ultimi mesi in Europa ha interessato anche Austria, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Regno Unito.

Un processo che ha radicalizzato le posizioni culturali sia a destra sia a sinistra e che sfida oggi le identità politiche di fronte alle sfide di cittadinanza che le destre patriottiche e sovraniste, i movimenti antipartitici di destra e di sinistra, le sinistre post socialdemocratiche a trovare un vocabolario del pluralismo. E forse, anche per questo a ripensare o a rifondare il patto per l’Europa.

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