SBAGLIANDO SI IMPARA

Il principio della rockstar applicato al mondo del lavoro

Chi innova davvero sono le persone motivate, altamente performanti, che si fidano le une delle altre. E soprattutto sono... poche

di Giulio Xhaët *

3' di lettura

La pandemia sta travolgendo gran parte delle prassi professionali e manageriali di molte aziende. Eppure, nella maggior parte di esse, più si comunica l’intenzione di cambiare con programmi titolati in modo roboante quali New Way of Working, più sembra che il cambiamento rimanga nel titolo, e non scenda mai a terra. Emergono veri e propri paradossi. Alcune volte perché si parte dagli strumenti, invece che concentrarsi sulle persone. Il classico caso è quello che mi piace definire Smart Paradox: non abbiamo mai avuto così tanti strumenti di smart working, e non siamo mai stati così poco smart worker.

In altri casi il paradosso nasce perché si cerca di cambiare tutto insieme, ma occasionalmente, di tanto in tanto. In questo caso, ci troviamo dentro l’Innovation Paradox: non si è mai parlato così tanto di innovazione, e non si mai finto così tanto di farla. Si organizzano mega programmi per stimolare l'”Innovation Mindset a 360 gradi” per migliaia di persone, attività come il “venerdì dell'innovazione”, il “box delle idee creative”, o le temutissime e famigerate “10/100/1000 regole per innovare”.

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Eppure l’innovazione, quella vera, presenta caratteristiche abbastanza nitide, che si rivelano assai lontane da ciò che la maggior parte delle aziende sta facendo (finta di fare). Innanzitutto, chi innova sono gruppi di poche persone fuori dal coro. Estremamente motivate, che si fidano le une delle altre, dannatamente performanti, e appunto, poche. In tanti si diventa subito lenti, e la lentezza è un problema. Non perché si ami la velocità fine a sé stessa, ma perché se non sei rapido nel partire e procedere, dopo un po’ o arrivano le policy a ingabbiarti le idee, o arrivano “altre priorità” su cui mettere la testa.

La velocità è destrezza, e senza destrezza l’innovazione perde la sfida delle priorità contro le incombenze quotidiane. A questo riguardo, è interessante riprendere alcuni brani di un libro ultimamente stracitato (anche dal sottoscritto): No Rules Rules, del fondatore di Netflix Reed Hastings e la consulente Erin Meyer. A un certo punto, Hastings tratteggia quella che definisce “il principio della rockstar”. Un concetto che nasce intorno al 1968 nell’industria del software e si basa su uno studio effettuato in un seminterrato di Santa Monica.

Nove programmatori neoassunti vennero portati in una stanza con decine di computer. Ognuno si vide consegnare una serie di compiti di codifica e debugging che avrebbero dovuto affrontare nelle due ore seguenti. I ricercatori si aspettavano di scoprire che i migliori dei 9 avrebbero dimostrato prestazioni 2 o 3 volte superiori dei peggiori. Invece, i migliori superarono gli altri in maniera straordinaria. Il migliore in assoluto si rivelò rispetto ai peggiori: 10 volte più rapido nell'esecuzione dei programmi, 20 volte più rapido nella codifica, 25 volte più rapido nel debugging.

Per Hastings fu un'epifania: “Da allora ho capito che il miglior programmatore non vale 10 volte il suo stipendio, ma piuttosto 100. (…) Per il lancio di un nuovo progetto, ci sono 2 possibilità: assumere tra i 10 e i 25 ingegneri nella media, oppure un’unica “rockstar” e pagarla molto di più di quanto avrei pagato gli altri. In Netflix esiste solo l'opzione 2”. Un certo Bill Gates era dello stesso parere, e anzi si spingeva oltre: “Un tornitore eccezionale ottiene un salario 2-3 volte superiore a un tornitore medio, ma uno scrittore di codici software eccezionale vale diecimila volte il prezzo di uno scrittore di codici medio”.

Anche questo concetto è importante: non tutti i lavori sono uguali. I lavori in cui si crea un ampio divario di valore tra i “migliori” e i “peggiori” non sono i ruoli operativi, bensì quelli creativi. La densità di talento in Netflix, connessa al principio della rockstar, è il motivo per cui sono riusciti a fare una cosa straordinaria: produrre Stranger Things in modo innovativo, con un decimo delle persone necessarie rispetto alla media degli altri studios. Successi come House of Cards e Orange Is the New Black erano stati realizzati da altre case di produzione.

Stranger Things era il primo contenuto realizzato da cima a fondo in proprio. In Netflix non esisteva ancora nemmeno uno studio, e c’erano soltanto una manciata di persone nel team produzione. Eppure, queste persone produssero Stranger Things in modo impeccabile, stando nei tempi. Ogni membro del team lavorava in modo di per sé innovativo: capendo come ottenere il massimo con le poche risorse (umane e tecnologiche) inizialmente a disposizione, unendo grande destrezza all’orientamento al risultato. Dallo showrunner al responsabile finanziario, tutti svolgevano il lavoro di più persone.

Il successo nell’innovazione di Netflix è costellato di piccoli dream team composti da persone ultra- performanti: un’altissima densità e intensità di talento. A cui, però, sono connessi i maggiori stipendi possibili. Ma questa è un'altra storia…

* Partner di Newton Spa

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