Il progettista «fa rete» e cresce digitale e green
di Maria Chiara Voci
3' di lettura
Da una parte le grandi società di progettazione e di ingegneria e gli studi internazionali, che operano con sedi nelle principali città d’Italia e hanno un’identità ben radicata all’estero. Con risultati che premiano in termini di forza lavoro e assunzioni. Dall’altra, una galassia di piccole realtà e network di professionisti (cresce soprattutto il numero di giovani in partita Iva con regime agevolato), dove l’iperspecializzazione e l’abilità di intessere legami di rete diventa una delle chiavi del successo. Così come la capacità di operare con rapidità, flessibilità e in contesti sempre più dematerializzati.
Un nuovo modo di progettare
Il concetto nodale è che negli ultimi anni è profondamente cambiato il modo di progettare. Di pari passo con la diffusione della digitalizzazione, del Bim e della modellizzazione parametrica. Ma anche per effetto dell’enorme balzo in avanti compiuto sul fronte delle tecnologie, delle nuove richieste in termini di prestazioni energetiche e antisismiche degli edifici e dei materiali a disposizione di un mercato di consumatori più consapevoli. Dove cemento, legno, acciaio, vetro - così come nozioni di fisica, chimica, biologia, matematica o informatica - sono la nuova base di partenza per strutture che integrano competenze in arrivo da industrie diverse: da quella tessile fino all’alimentare. A fronte di un panorama che impone maggiore complessità per chi vuole rispondere alla domanda di una committenza più informata che in passato, le regole del gioco non sono però certo in discesa.
Ottenere un contratto di assunzione vero e proprio resta un’opportunità per pochi. Al contrario, per una partita Iva agevolata collaborare con piccole e grandi realtà, anche all’estero, è una potenziale strada per il successo. Anche in termini economici: perché se la remunerazione di ingresso si aggira intorno ai mille euro al mese, triplicare gli importi è una possibilità più o meno rapida a seconda delle capacità del singolo professionista di crescere nel contesto della realtà o della rete in cui opera. Oltre alle doti personali, conta anche la disponibilità a viaggiare, a spostarsi. Per tutti, uno dei temi nodali (soprattutto quando si lavora a contatto diretto con il committente finale) è la difficoltà a incassare i pagamenti.
«Una delle capacità imprescindibili per chi entra nel mercato del lavoro del nostro settore è la gestione di processi che richiedono competenze e saperi sempre più specialistici», racconta Giulio Desiderio, architetto, project director, operation director di Mario Cucinella Architechts, studio che ha puntato l’attenzione sul tema della sostenibilità e ha creato, a Bologna, la School of sustainability (Sos), una scuola professionale rivolta ai neolaureati e integrata negli spazi dello studio professionale. «In Italia - prosegue - siamo stati fra le prime realtà a progettare in Bim, quando ancora non era obbligatorio per le commesse pubbliche. Ma si va ben oltre il digitale. Ad esempio, cerchiamo professionisti che abbiano esperienza in materia di analisi ambientale, sulla gestione dei sistemi di irraggiamento di facciata degli edifici, sulla progettazione acustica o sulla qualità dell’aria indoor così come sulla progettazione anti-incendio. Più in generale, se l’architettura un tempo era rivolta soprattutto alla creazione di una bella forma, oggi guarda alla funzionalità dei beni. Una sfida che si vince solo nell’integrazione di saperi diversi».
Le competenze
Il punto di partenza resta un titolo di studio: ingegneria e architettura, ma non solo, perché cresce la formazione anche fra chi esercita altre professioni tecniche. Nel curriculum è imprescindibile anche la conoscenza di una lingua straniera (in primis l’inglese) e la capacità di lavorare in team. «Capacità matematiche e scientifiche sono una componente fondamentale per chi svolge il nostro lavoro, così come l’abilitazione professionale - racconta Franco Guidi, partner di Lombardini22, società che conta oggi su 250 persone tra architetti, ingegneri, designer, specialisti della comunicazione, con un’età media che sfiora i 35 anni fra Milano e Londra -. Ma non basta. Vanno valutate anche le attitudini del candidato a lavorare in gruppo e a proporre e sviluppare iniziative. Per questo prestiamo attenzione anche ad aspetti come gli interessi, le passioni ,gli sport praticati o la rapidità del percorso di studi».
Aver trascorso un periodo di formazione all’estero è sempre più importante così come dimostrare volontà di formarsi in aspetti specifici. «Già dal periodo di formazione - racconta Lorena Alessio, architetto con diverse esperienze internazionali e una lunga storia di condivisione di progetti fra il Politecnico di Torino e alcuni atenei del Giappone - imparare a progettare con uno sguardo ampio è fondamentale. Un modo per vincere la complessità delle sfide da affrontate anche nel portare avanti uno studio di ingegneria o architettura. L’importante è crescere sotto l’aspetto della gestione tecnica senza però dimenticare il lato creativo».
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