Societa

Il progetto di Cuccia e Mattioli per una nuova visione dell’Italia

di Giorgio La Malfa

Il fiume Zambesi. In visita nello Zambia, nel settembre 1966, da sinistra: Adolfo Tino (Presidente di Mediobanca), Guido Carli (Governatore di Banca d’Italia) ed Enrico Cuccia (a.d. e d.g. di Mediobanca). Archivio Storico Mediobanca

3' di lettura

Nelle carte dell’archivio Mediobanca vi sono molti elementi per scrivere o forse per riscrivere diversi capitoli della storia economica italiana del dopoguerra. Nel 2012venne avviata dall’Ufficio studi della banca, una prima attività di censimento, di raccolta e di riordino delle carte. Nel 2019 Mediobanca ha aperto il proprio archivio, nel frattempo intitolato a Vincenzo Maranghi, alla consultazione degli studiosi. Contemporaneamente alla preparazione dell’apertura dell’archivio, si è deciso di dare vita a una collana di studi storici, indirizzando i primi quattro volumi all’esame delle circostanze della creazione della banca e alla ricostruzione della sua attività fra la sua costituzione e il 1965. È stato anche pubblicato un volume che raccoglie le carte sulla costituzione del gruppo di intervento sulla Olivetti.

Il primo volume della collana storica che sarà presentato oggi al pubblico è di Giovanni Farese ed è dedicato a Mediobanca e le relazioni economiche internazionali dell’Italia. Atlantismo, integrazione europea e sviluppo dell’Africa, 1944-71. Il professor Farese ricostruisce , attraverso documenti inediti frutto di un’attenta consultazione delle carte dell’Archivio di Mediobanca e di altri archivi storici, l’idea che Cuccia e Mattioli ebbero fin dal primo concepimento dell’istituto di convincere istituzioni bancarie americane ed europee a entrare nel capitale della banca. Il libro documenta in modo sistematico la vasta portata delle operazioni estere della banca in quegli anni, in particolare verso l’Africa e una serie di contatti internazionali che Cuccia intrattenne in sede europea e con gli Stati Uniti. Lo studioso restituisce un’immagine molto ricca di Mediobanca, assai attenta al quadro dei problemi politici internazionali di quegli anni, alle problematiche dell’integrazione europea, ai rapporti euroatlantici e ai problemi della decolonizzazione dell’Africa.

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Questa fitta rete di rapporti ricostruita da Farese contribuisce ad arricchire il senso del progetto concepito da Mattioli e da Cuccia. L’idea di un istituto come Mediobanca è ovviamente collegata alla grande sistemazione bancaria degli anni Trenta, e in particolare alle convenzioni con le quali nel 1934 l’Iri aveva proceduto al salvataggio dei grandi istituti di credito precludendo loro l’esercizio del credito industriale – un divieto poi sancito nelle leggi bancarie del 1936-37. Questa decisione aveva privato il sistema industriale italiano del suo principale strumento di finanziamento in tutta la prima parte del secolo. Mediobanca nasce con l’obiettivo di colmare questa lacuna.

L’esigenza di un istituto in grado di indirizzare il risparmio verso il finanziamento a medio termine degli investimenti era ulteriormente rafforzata dalle ingenti distruzioni causate dalla guerra. Come si legge nella relazione alla prima assemblea di Mediobanca tenutasi il 29 ottobre 1947: «In un momento in cui il nostro paese muoveva i primi passi per uscire dal labirinto delle sue rovine era sembrato essenziale per la ripresa economica italiana la creazione di un organismo che promuovesse la formazione di nuovo risparmio a media scadenza necessario a mettere le aziende produttive in condizioni finanziarie di equilibrio e che contribuisse a contenere le richieste delle aziende stesse all' impoverito settore creditizio ordinario entro i limiti delle effettive esigenze a breve termine».

Queste furono certamente le motivazioni più strettamente economiche per la creazione di Mediobanca. C’era però qualcosa in più nel progetto di Cuccia e di Mattioli. Doveva esservi qualcosa che era collegato al loro sentimento antifascista, al contributo che ambedue avevano dato alla attività della cospirazione e soprattutto alle idee del partito d’azione cui furono ambedue molto vicini. Doveva esservi – come avrebbe detto Giovanni Spadolini – una certa idea dell’Italia della ricostruzione.

Poco tempo dopo la morte di Enrico Cuccia, avvenuta nel giugno del 2000, volendone tracciare un profilo, fui autorizzato dall’allora amministratore delegato di Mediobanca, Vincenzo Maranghi, a consultare le carte conservate nella segreteria del banchiere. Fra quelle carte emerse una lettera manoscritta assolutamente illuminante. Scriveva Mattioli a Cuccia del 19 aprile 1956, nel decennale della costituzione di Mediobanca: «Ricorro col pensiero a quella lunga vigilia che fu l’inverno 1943-44, quando si conversava e si discuteva più per tener desta e insieme distratta la mente che nella fiducia di potersi tosto fare qualcosa; e quando, pure in tanta incertezza di prospettive e persino di sopravvivenza, nacque l’idea di Mediobanca e delle sue funzioni, possibilità e significato, certo, e non solo sul piano pratico degli affari, ma per quello di una visione più ampia e fiduciosa dello sviluppo del nostro paese».

Questa bellissima lettera, che si chiude accennando a una visione più ampia e fiduciosa dello sviluppo del Paese, è la chiave per la comprensione di ciò che Mediobanca doveva rappresentare ed ha rappresentato nella vita del Paese: non soltanto una banca significativa sul piano degli affari, ma uno strumento per ricollocare, dopo gli anni della dittatura, l’Italia nel contesto dei paesi dell'Occidente.

Direttore Scientifico dell’Archivio Vincenzo Maranghi

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