Il progetto del Ponte sullo stretto nasce in epoca democristiana
di Alessandro Arona
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Il progetto del Ponte di Messina nasce in epoca democristiana, con la legge 1158 del 1971, ma entra nel vivo solo il 27 dicembre 1985, governo Craxi, con la concessione alla società pubblica Stretto di Messina Spa, per lo studio, progettazione e costruzione. Il primo progetto di massima è del 1992 (costo ipotizzato, l'equivalente di 3,3 miliardi di euro), ma tutto resta in sostanza nei cassetti con i governi Prodi, D'Alema e Amato, per ripartire invece con la legge obiettivo 2001 dell'esecutivo Berlusconi II.
Il Cipe nel 2003 approva il progetto preliminare
Il Cipe approva nel 2003 il progetto preliminare (4,7 miliardi la costruzione, 6 miliardi costo totale), la gara per la costruzione viene lanciata il 15 aprile 2004, vinta a fine 2005 dal consorzio Eurolink, a guida Salini Impregilo con gli spagnoli di Sacyr e i giapponesi di Harima: da una base d'asta di 4,425 miliardi il contratto è stato poi firmato per 3,879 miliardi il 27 marzo 2006 (a pochi giorni dalle urne). Prodi vince le elezioni e tra le prime cose che fa (Dl 262/2006) c'è la revoca dei fondi pubblici al Ponte, 1,4 miliardi: l'operazione viene congelata. Torna Berlusconi e si riparte, con imprese invitate a progettare e fondi ristanziati nel 2009. Il progetto definitivo viene consegnato da Eurolink nel dicembre 2010, e approvato dalla Stretto di Messina nel luglio 2011. Nel frattempo il contratto ad Eurolink viene “aggiornato” a 5,215 miliardi, e poi ancora a 6,7 miliardi, e il costo complessivo dell'opera (comprese opere accessorie e oneri finanziari) sale a 8,55 miliardi.
Lo stop del governo Monti
Già l'allora ministro Giulio Tremonti, a fine 2011, fece inserire in stabilità la revoca di 470 milioni di euro, e l'opera si fermò di nuovo sotto il governo Monti. Il 3 ottobre 2012 l'allora sindaco di Firenze Matteo Renzi, in campagna per le primarie del centro-sinistra, così dichiarava: «Continuano a parlare del Ponte sullo stretto, ma io dico: usiamo gli 8 miliardi per rendere più moderne e sicure le nostre scuole». Pochi giorni dopo il governo Monti approva il decreto legge 2 novembre 2012, n. 187, che dichiarò la «caducazione» ex lege della concessione alla Stretto di Messina e di tutti i contratti con le imprese (in primis Eurolink) se non si fossero verificate una serie di circostanze nei mesi successivi, tra cui l'accettazione della caducazione da parte delle imprese (in cambio di opere per il territorio fino a un massimo di 300 milioni di euro), e nuovi studi sulla fattibilità finanziaria dell'opera.Ma sia i costruttori di Eurolink che i progettisti di Parsons non ci stanno, e fanno subito ricorso al Tribunale di Roma, chiedendo il rinvio alla Consulta per incostituzionalità della legge e un risarcimento danni di 790 milioni di euro (di cui 700 Eurolink). Nel frattempo la società Stretto di Messina, che è arrivata ad avere 100 dipendenti, viene messa in liquidazione il 15 aprile 2013 da Monti, e oggi resta in piedi (con personale distaccato della controllante Anas) solo per seguire la causa. Nel settembre scorso l'allora premier Matteo Renzi sembra rilanciare il Ponte, parlando all'assemblea Salini Impregilo, rivolto a Pietro Salini (”Se siete in condizioni di sbloccare le carte, noi ci siamo”), ma di fatto nulla si è mosso, salvo lo studio di fattibilità appena avviato da Delrio.
Il contenzioso ancora aperto
Il contraente generale Eurolink e il Project Management Consultant (PMC), Parsons Transportation Group Inc. hanno chiamato in causa la Società Stretto di Messina (Anas 81,8%, al 100% controllata da società statali) il MIT e la Presidenza del Consiglio dei Ministri dinanzi al Tribunale civile di Roma.
1) Eurolink ha chiesto la condanna della Società e delle altre amministrazioni convenute per i diritti contrattuali connessi al proprio recesso dal Contratto, previa, ove occorra, declaratoria di incostituzionalità delle norme di cui all'art. 1 D.L. 187/2012, entrato in vigore il 2 novembre 2012, poi confluite nell'art. 34 decies D.L. 179/2012, in quanto lo stesso recesso è stato esercitato successivamente alla data del 2 novembre 2012. La domanda di risarcimento, complessivamente considerata, ammonta ad oltre 700 milioni di euro.
2) Parsons ha articolato una serie di domande riguardanti la richiesta di risoluzione contrattuale, chiedendo anch'essa in via preventiva la sottoposizione della questione di legittimità costituzionale delle norme sopra citate. La domanda di risarcimento, complessivamente considerata, è di circa 90 milioni di euro.
3) La Società Stretto Spa si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le domande avverse e a sua volta ha formulato domande riconvenzionali di inadempimento e di risarcimento a vario titolo, contrattuale e/o extracontrattuale, nei confronti di entrambe le parti attrici. In particolare la società ha contestato la legittimità del recesso esercitato dal Contraente Generale, ed ha contestato a Parsons l'inadempimento del contratto in relazione a parte delle prestazioni e dei servizi resi.
Due cause unite in un processo unico
Le due cause sono state riunite in unico processo, ora pendente in primo grado innanzi al Tribunale Civile di Roma. In data 14 marzo 2017 si è tenuta udienza processuale nella quale il Giudice ha concesso alle parti termini per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica, ai fini della decisione di cui si è in attesa entro la fine dell'anno in corso. Circa il mantenimento e i costi della società, la Stretto di Messina fa sapere che resta in piedi per “attività essenziale a tutela degli azionisti e dei creditori della medesima nonché a tutela degli interessi erariali”, ma comunque non ci sono più dipenenti e i costi sono solo l'affitto di un paio di stanzette a Roma Termini (stazione) e il pagamento del compenso al commissario liquidatore Vincenzo Fortunato (ex capo di gabinetto al ministero dell'Economia).
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