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Il re delle molecole del sapore: così la cucina digitale prepara il futuro delle nostre tavole

Bioingegnere, 45 anni, ha fondato a Gand la Foodpairing, start up che individua, cataloga e permette di accoppiare in modo innovativo e originale gli alimenti

di Beda Romano

6' di lettura

Nel tardo Medio Evo, tra Gand e Bruges mercanti di tutta Europa commerciavano in spezie esotiche, metalli preziosi e ricchi tessuti. Rivoluzionavano la vita quotidiana alla vigilia di un Rinascimento che sarebbe nato da lì a poco in Italia.

Il pepe, lo zafferano, lo zenzero, la cannella, il cardamomo giungevano dall’Asia e concorrevano ad arricchire la cucina europea, oltre che ad accendere i dipinti di Jan Van Eyck. Il pittore fiammingo utilizzava l’indaco per ottenere il blu, o il girasole per perfezionare il viola.

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A secoli di distanza, l’antica città di Gand continua a contribuire alla gastronomia non più solo europea, ma mondiale. Non tanto grazie al grande porto di Anversa che sul fiume Schelda dista appena 60 chilometri, quanto agli algoritmi dell’intelligenza artificiale. Una piccola società belga vuole rivoluzionare la cucina internazionale. Poco alla volta sta digitalizzando derrate alimentari allo stato naturale, o in alcuni casi anche trasformate o parzialmente trasformate.

La sede di Foodpairing è situata nella periferia di Gand, decentrata rispetto ai celebri monumenti che fanno della città un gioiello architettonico delle Fiandre Occidentali.

Ad accogliere il visitatore è un uomo di 45 anni, sorridente, alto e magro, in abiti sportivi e che a dispetto del nome francese è fiammingo: Bernard Lahousse, laureato in bioingegneria a Lovanio. Insieme a un dirigente d’impresa, Johan Langenbick, e a un cuoco stellato, Peter Coucquyt, ha fondato una azienda all’avanguardia in un settore, il Food Tech, appena agli albori, in un contesto alimentare rimesso in discussione dalla pandemia.

«Il nostro obiettivo – spiega Bernard Lahousse – è di contribuire a una alimentazione che sia sostenibile, non solo perché deve essere sana, ma perché deve ridurre il suo impatto in termini di emissioni nocive. Troppo spesso per mangiare sano siamo costretti a fare dei compromessi sul gusto e sui sapori. Noi vogliamo offrire la possibilità di creare piatti che siano altrettanto saporiti, ma più salutari». In realtà le opportunità offerte dall’azienda belga aprono a orizzonti assai più ampi e imprevisti. La cucina digitale stuzzica l’immaginazione, sovverte la gastronomia, e in ultima analisi potrebbe contribuire a trasformare anche l’agricoltura.

Concretamente, Foodpairing utilizza un gascromatografo accoppiato a uno spettrometro di massa per individuare le singole molecole di uno specifico alimento. Una volta effettuata l’analisi molecolare, che prevede anche un esame sulla solvibilità e la volatilità delle diverse sostanze, i dipendenti della società belga attribuiscono codici a ogni molecola, a ogni quantità di molecole e in fin dei conti a ciascun prodotto alimentare. Poiché le stesse molecole sono presenti in alimenti diversi sarà possibile associare prodotti alimentari in modo innovativo.

I generi alimentari vengono poi suddivisi a seconda dei gusti – dolci, salati, amari, aspri o umami (caratteristico soprattutto dei brodi). In base all’aroma, i generi alimentari potranno essere formaggiosi, piccanti, arrostiti, legnosi, caramellati, floreali o essere associati agli agrumi, ai frutti, alle verdure, alle erbe o alle noci. «Troppo spesso riteniamo che il gusto sia una questione soltanto di papille gustative; in realtà l’80% del sapore è percepito attraverso il naso e l’odorato», osserva sempre l’ingegnere di Gand.

Non tutti gli esseri umani hanno gli stessi gusti o la stessa sensibilità agli aromi. La gastronomia è cultura, tradizione e anche eredità genetica. «Direi che le differenze – spiega il nostro interlocutore – sono soprattutto tra regioni di uno stesso Paese o tra diverse classi di età o di sesso. Oggi, per esempio, una giovane adolescente residente in città tenderà ad amare gli aromi fruttati o arrostiti più di un uomo più anziano e abitante in campagna».

Digitalizzare uno per uno i generi alimentari è utile, ma insufficiente. La società belga deve anche capire come mai determinate società nazionali abbiano gusti particolari e alcune tradizioni gastronomiche piacciano più di altre. Perché agli italiani piace il pomodoro, ai francesi il formaggio, ai cinesi il tè verde? Si tratta quindi di interpellare le pubbliche opinioni. Incrociando l’analisi molecolare da un lato e l’indagine demoscopica dall’altro, Foodpairing usa gli algoritmi dell’intelligenza artificiale per mettere a punto nuove ricette, tendenzialmente di successo (oggi solo un nuovo prodotto su dieci vince la prova del mercato).

Con un ufficio a New York, la startup belga – 22 dipendenti, ma in procinto di raddoppiare il numero di impiegati – offre l’accesso alle proprie banche dati a due categorie di clienti: gli chef di ristorante e le aziende alimentari. Sono oltre 200mila in 150 Paesi i cuochi che grazie alle classificazioni di Foodpairing possono giocare con gli ingredienti. Tra le società del settore, l’azienda fiamminga conta 50-60 grandi gruppi internazionali, fra cui Unilever, Kellogg’s o Nestlé. Concretamente le opportunità sono numerosissime.

Grazie alla digitalizzazione dei singoli alimenti, i cuochi si sbizzarriscono nell’inventare nuove ricette e innovare la gastronomia, mentre le aziende creano merende veloci o piatti pronti optando volta per volta per ingredienti più sani o meno costosi. «Gli chef hanno poco tempo per ideare nuovi piatti. Noi vogliamo aiutarli», spiega ancora Bernard Lahousse. Almeno in un primo tempo, virtuale è la cucina, così come i consumatori. Ma negli uffici di Gand puntellati da schermi di computer, oltre una grande vetrata, si indovinano forni e frigoriferi: «Dobbiamo a un certo punto mettere alla prova le nostre ricette», aggiunge sorridente l’ingegnere fiammingo.

Il nostro interlocutore crede fermamente ai suoi obiettivi originari: contribuire a una cucina più sana e più leggera in un contesto nel quale la frontiera tra alimentazione e medicina è sempre meno evidente. Pur di lottare contro l’obesità, Foodpairing collabora con il settore medico per integrare frutta e verdure nelle ricette. In un progetto-pilota ha affrontato il caso molto particolare dei pazienti che hanno subito una operazione di laringectomia, vale a dire l’asportazione della laringe: «Poiché queste persone non respirano più attraverso il naso, la loro capacità di apprezzare gli alimenti si è ridotta grandemente. Abbiamo modificato il sapore e il tessuto del cioccolato per venire loro incontro».

L’analisi molecolare degli alimenti consente di sperimentare. La melanzana, per esempio, può in parte almeno sostituire il gusto della carne e nella salsa chili evitare l’aggiunta di zucchero. In questo senso, lavorando con le multinazionali del settore, Foodpairing ha contribuito alla nascita o forse è meglio dire all’aggiornamento di 400-500 nuovi prodotti alimentari. A conti fatti, la società ha digitalizzato ottomila derrate alimentari, e il lavoro è tutt’altro che terminato se si pensa che un supermercato conta in media 20mila prodotti finiti. «Oggi riusciamo a completare l’analisi molecolare di un prodotto alimentare in un giorno. In passato avevamo bisogno di molto più tempo», nota ancora il nostro interlocutore.

La pandemia virale degli ultimi due anni ha contribuito a modificare strutturalmente il settore agroalimentare. Non solo è aumentato il desiderio di mangiare salutare, una tendenza che le grandi multinazionali del settore devono affrontare a viso aperto, ma si cucina a casa più di prima, per hobby o a causa dei confinamenti a ripetizione. Osservava qualche mese fa un rapporto del Parlamento europeo: «La domanda di cibo etichettato come sano, sostenibile e locale era in crescita già da tempo, ma ha subìto una accelerazione con la pandemia. È improbabile che la tendenza si arresti».

Nel 2020 la Commissione europea ha presentato una strategia di lunga lena per garantire maggiore sicurezza alimentare. Il progetto noto con l’espressione inglese From farm to fork prevede un aumento dei controlli sanitari per verificare nei prodotti alimentari la presenza di residuati chimici od ormonali, l’eventuale contaminazione virale o batteriologica e la possibile interruzione della catena del freddo. C’è di più. La nuova sensibilità ambientale contesta il ruolo di alcuni alimenti dispendiosi o inquinanti, a cominciare dalla carne.

Foodpairing ha oggi un giro d’affari di 5 milioni di euro, e le previsioni di crescita sono rosee. Tra i suoi dipendenti conta cittadini belgi, russi, spagnoli e indiani. Per la maggior parte sono data scientist, ossia ingegneri e matematici, ma c’è la necessità, conclude Bernard Lahousse, di assumere anche scienziati sociali, capaci di studiare i comportamenti umani oltre che i dati. «Lavoriamo molto negli Stati Uniti, in Spagna e in Russia. Siamo pressoché assenti dalla Francia, dall’Italia o dal Giappone». Una nuova forma di conservatorismo snob? Forse è solo questione di tempo. Dopotutto, pepe e zafferano, transitati da Gand 700 anni fa, sono ormai ingredienti indispensabili della cucina italiana.

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