Il rischio climatico vale 10 miliardi di euro per l’Italia al 2050
La sostenibilità delle imprese entrerà nei futuri principi contabili. Ne hanno parlato i CFO riuniti al congresso annuale Andaf
di Mara Monti (Pescara)
I punti chiave
4' di lettura
Il rischio climatico può costare all’Italia 10 miliardi di euro al 2050 se si decidesse di non fare nulla per ridurre le emissioni nocive. A dirlo non sono ambientalisti alla Greta Thunberg, ma la società di consulenza Bain & Company che ha geolocalizzato l’esposizione del territorio italiano tenendo conto di tutti i settori (agricoltura, turismo, industria,) calcolando che almeno del 60% del Bel Paese è esposta al rischio di qualche forma di dissesto ambientale.
Greenwashing perseguibile penalmente
Tutti sono concordi sul ritenere necessario fare presto per raggiungere l’obiettivo del «Net Zero Emissions» entro il 2050, target approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo nel 2019. E non sarà sufficiente una buona politica di marketing per comunicare l’adozione di buone pratiche di sostenibilità delle attività aziendali perché il greenwashing potrebbe diventare presto un reato assimilabile al falso in bilancio qualora si scoprisse che l’azienda ha rappresentato un profilo ingannevole. Se ne sta discutendo in Commissione europea dove è in corso la definizione dei profili penali del greenwashing.
La sostenibilità non è una moda
«Una strategia di Environmental, Social e Governance (ESG) per essere efficace nel lungo periodo deve diventare centrale per tutta l’azienda perché non è una moda, ma un insieme di obiettivi che dobbiamo collettivamente raggiungere nei prossimi anni soprattutto a salvaguardia del nostro pianeta e nel rispetto delle nuove generazioni», ha spiegato Roberto Prioreschi, regional managining partner di Bain & Company Italy davanti alla platea di Chief Financial Officer, tra i primi chiamati ad implementare queste best practice essendo a contatto con gli investitori che sempre più spesso valorizzano l’impresa anche tenendo conto dei principi di sostenibilità. Lo dimostra l’andamento in Borsa degli ETF Sustainability che dagli anni della crisi Covid stanno sovra performando gli ETF Global.
Solo il 7% delle imprese raggiunge il target
Il lavoro è ancora lungo e gli investimenti ingenti. Finora soltanto il 7% delle aziende è riuscita a raggiungere i target della propria strategia di sostenibilità, l’81% è in ritardo e il 12% ha fallito secondo i calcoli della società di consulenza. Un ritardo ormai incolmabile che neppure un’accelerazione degli investimenti in questa direzione potrebbe consentire di raggiungere il target del «Net Zero Emissions» entro il 2050.
Ma come si misura la sostenibilità di una impresa? «Un indice di rating per misurare e confrontare tra loro le imprese non è stato ancora definito» dice Roberto Giacomelli, partner di CCASS EY, intervenuto al congresso dell’ANDAF, l’Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari.
Finora la proxy utilizzata è la produzione annua di CO2, un indicatore che seppur relativamente facile da quantificare, risulta insufficiente per misurare tutte le attività aziendali. A questo si aggiunge «l’evoluzione della normativa che prevede una serie di obblighi di divulgazione delle informazioni ESG agli investitori e di rendicontazione sulle politiche di investimento e sui prodotti», aggiunge Giacomelli.
Il progetto Polis di Poste Italiane
Un cambio di paradigma che necessitano investimenti consistenti fino al 2050 più di tre mila miliardi di dollari pari al 5% del Pil globale e che coinvolge tutta la filiera, dagli acquisti alla vendita, con impatti sulla comunità e l’ambiente. Un esempio è il progetto Polis di Poste Italiane che rivaluta la comunità dei piccoli centri coniugandolo con l’ambiente: «Decidendo di non dismettere i 7000 uffici postali nei comuni con meno di 15mila abitanti - dice Paolo Gencarelli, responsabile immobiliare di Poste Italiane - abbiamo trasformato lo sportello postale in uno spazio per le comunità dove potere accedere a una miriade di servizi amministrativi e riuscendo nel doppio intento di limitare gli spostamenti dei cittadini in particolare degli anziani e abbattere le emissioni di Co2».
Aziende più inclusive e sostenibili
Questo è solo un esempio di come possa essere ripensata l’organizzazione aziendale che si inserisce in un generale processo di ripensamento del «capitalismo, portentosa e insostituibile fonte di progresso, che deve diventare più inclusivo e sostenibile. Nel governo e nella gestione delle imprese occorre dare più spazio a cuore e anima», per dirla con le parole del professore ordinario di Economia Aziendale (Università LUISS Guido Carli di Roma) Giorgio Donna.
Intervenuto in collegamento al congresso ANDAF, il vice ministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo ha aggiornato la platea di oltre 250 direttori amministrativi e finanziari delle principali aziende italiane, sugli sviluppi della riforma fiscale: «La legge delega è stata approvata in via definitiva a fine agosto. Stiamo imprimendo una grande accelerazione ai diversi provvedimenti per rendere il fisco più vicino ai cittadini».
Riforma fiscale, i primi provvedimenti dal 2024
Sui tempi di attuazione della riforma, il vice ministro Leo ha spiegato: «Le norme che non richiedono copertura e che semplificano il rapporto fisco-contribuente possono entrare in vigore già dal primo gennaio 2024 (..) Dobbiamo semplificare i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti - ha proseguito il vice ministro - facendo in modo di creare un nuovo meccanismo per i controlli. L’obiettivo è agire ex ante e non ex post, come invece avvenuto fino ad oggi. Questo fattore ha contribuito a generare un tax gap che si aggira tra gli 80 e i 100 miliardi».
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