Il ritorno di Art Basel Hong Kong
Dopo la chiusura pandemica, la fiera è tornata ad essere un evento internazionale e registra numerose vendite a tutti i livelli di prezzo
di Silvia Anna Barrilà
I punti chiave
4' di lettura
Dopo tre lunghi anni di chiusura causa pandemia, Hong Kong è finalmente tornata alla sua internazionalità. L'edizione di Art Basel Hong Kong che si è svolta in questi giorni (23-25 marzo, anteprima il 21-22) ha visto la partecipazione di 177 gallerie (erano 130 nel 2022) da 32 paesi e ha attratto 85.000 visitatori. I collezionisti privati sono arrivati da 70 paesi e più di 100 erano i musei e le istituzioni presenti.
Le tendenze
I collezionisti della Cina continentale sono arrivati in gran forza, facendo registrare numerose vendite sia a privati che a istituzioni cinesi. Ma Hong Kong ha anche confermato il suo ruolo di hub per tutto il mercato asiatico, infatti, ci sono state vendite a collezionisti e musei provenienti da tutti i paesi dell'area, soprattutto Giappone e Corea. Interessante anche notare come molte gallerie coreane abbiano venduto a clienti del loro paese, per esempio Kukje Gallery di Seoul ha venduto per l'80% a collezionisti coreani. Molte gallerie hanno sfruttato l'occasione di Art Basel Hong Kong per annunciare l'ingresso in galleria di nuovi artisti prima della fiera e poi presentarli in stand. È quanto accaduto con Elizabeth Peyton da David Zwirner, che ha venduto un suo dipinto, “Truffaut” del 2005, ad un museo asiatico non rivelato a 2,2 milioni di dollari; con la sino-canadese Zadie Xa da Ropac, che ha venduto due sue opere a 22 mila sterline l'una (oltre che, anche lui, un dipinto di Elizabeth Peyton, “Elizabeth II” del 1995, a 850 mila dollari); con il lascito di Robert Rauschenberg da Gladstone Gallery; e con due artisti storici coreani, Sung Neung Kyung, famoso negli anni 70 e appartenente al movimento Space and Time, e Yoo Youngkuk, pioniere dell'astrattismo, entrati rispettivamente da Lehmann Maupin e da Pace Gallery (insieme a PKM).
Le vendite
L'entusiasmo per il ritorno delle gallerie e dei collezionisti internazionali si è trasformato in numerosissime vendite che si sono registrate sin dalle prime ore della fiera. Tra le transazioni di più elevato valore riportate ci sono state “Kisan” del 1991 dell'artista Gutai Kazuo Shiraga per 5 milioni di dollari da Fergus McCaffrey e un George Condo, “Purple Compression” del 2011 da 4,75 milioni da Hauser & Wirth, ma le vendite hanno spaziato in tutti i range di prezzo, dalle decine alle centinaia di migliaia di dollari. Alcune gallerie hanno registrato il sold out il primo giorno, come il coreano Jason Haam, che portava nuovi dipinti figurativi della coreana Moka Lee a prezzi tra 43-60 mila dollari e ha venduto a privati di Hong Kong, Corea ed Europa; Union Pacific di Londra, che ha venduto oli e ceramiche della cinese di base a Los Angeles Nova Jiang a prezzi tra 6.000 e 11.500 dollari; David Kordansky, che ha venduto in poche ore i nuovi dipinti di Adam Pendleton tra 95.000 e 135.000.
Le gallerie e gli artisti italiani
È andata bene anche per le gallerie italiane presenti, sei in tutto, di cui due con sede in Cina, e cioè Massimo De Carlo e Continua, mentre le altre quattro sono arrivate dall'Italia: Alfonso Artiaco, Cardi, Mazzoleni e Umberto Di Marino. Per Di Marino si trattava della prima presenza in Asia. “Siamo rimasti impressionati dall’energia e dall’entusiasmo di staff, musei, istituzioni e pubblico” ha commentato Giosuè di Marino. “La fiera ci ha dato l’opportunità di confrontarci con molte persone altrimenti non raggiungibili, non solo collezionisti privati, ma anche membri e dirigenti di grandi istituzioni museali e di ricerca locali, cinesi e internazionali”. La galleria ha partecipato nella sezione Discoveries con Pedro Neves Marques. “Alto interesse da parte di istituzioni e curatori, molti dei quali già conoscevano e apprezzavano il suo lavoro data la sua già notevole presenza in eventi e mostre sul territorio cinese. Abbiamo venduto un video, una stampa su vinile e due stampe in edizione unica parte di un altro progetto dell’artista a collezionisti privati. I prezzi andavano da 8 mila a 20 mila”. Bene anche per Cardi Gallery, che ha venduto un de Chirico, “Il dialogo misterioso (Archeologi)” del 1970 a 1,5 milioni di dollari, due opere di Mimmo Paladino, “Untitled” del 2020, a 290mila euro e “Il Monte dell’Angelo” del 2006 a 40.000 dollari, e due di Davide Balliano tra 12 mila e 30 mila, oltre a opere di Hartung, Mathieu, David Salle e Andy Warhol. Ad Hartung Mazzoleni ha dedicato uno stand personale nella sezione Kabinett, mentre nella sezione Galleries aveva opere degli anni 50-60 degli artisti Accardi, Balla, Bonalumi, Fontana, Melotti, Salvo e Vasarely. Galleria Continua ha ceduto un'opera dell'artista italiano Giovanni Ozzola, che in Asia ha già un buon seguito, in un range tra 20-30 mila euro, oltre ad una statua di Gormley da 500 mila sterline, a un'opera di Nari Ward, “Together” del 2023 a 200 mila dollari e una di Tobias Rehberger tra 60-70 mila euro. Soddisfazione anche da Massimo De Carlo, che ha presentato tra artisti asiatici e internazionali e anche un focus sull'Italia che è andato bene, con vendite di opere di Pietro Roccasalva, “From JMM”, 2022 a 90 mila euro; Carla Accardi “Arancio argento”, 2003 a 65 mila euro, tre opere di Giorgio Griffa vendute tra 30 mila e 38 mila euro e una di Massimo Bartolini, “Dew”, 2018 a 15 mila euro.
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