Il ritorno del premio Pulitzer Kendrick Lamar
Il rapper è tornato con “Mr Morale & the Big Steppers”, il suo quinto lavoro in studio
di Fernando Rennis
2' di lettura
Il nuovo doppio album del rapper di Compton parla di terapia, famiglia e degli orizzonti culturali di questo nostro presente
Nel 2017 Kendrick Lamar è stato il primo artista non appartenente alle sfere della musica classica o del jazz a vincere il Pulitzer per la musica con il suo album “Damn.”, definito dal comitato del premio «una raccolta di brani virtuosistici unificata dalla sua autenticità vernacolare e dal dinamismo ritmico che offre vignette toccanti che catturano la complessità della vita afroamericana moderna».
“Mr Morale & the Big Steppers”
Dopo cinque anni, il rapper è tornato con “Mr Morale & the Big Steppers”, il suo quinto lavoro in studio.L'album è un'ambiziosa e intima meditazione sulla famiglia, la terapia e l'orizzonte culturale di questi anni in cui l'hip hop lambisce echi jazz. Addentrarsi in “Mr Morale & the Big Steppers” significa entrare in contatto con le complessità della comunità black e, allo stesso tempo, fare i conti con i traumi personali di Lamar, come l'aggressione sessuale subita da sua madre e raccontata in “Mother I Sober”, dove figura anche Beth Gibbons dei Portishead.
Una zia dell'artista
La protagonista di “Auntie Diaries” è una zia dell'artista che fa parte della comunità trans e il brano permette al rapper trentaquattrenne di fare i conti con la sua omofobia messa finalmente alle spalle, mentre “Savior” è una critica alla moralizzazione del pop e a chi strumentalizza le lotte sociali, prima tra tutte quella del movimento Black Lives Matter: «una protesta per te, 365 per me».
Il tema del razzismo
Dopo aver trattato il tema del razzismo (“Section.80”, 2011), fatto un viaggio a ritroso nella sua infanzia (“Good Kid, m.A.A.d City”, 2012), esplorato il significato di comunità sul profilo culturale e sociale (“To Pimp A Butterfly”, 2015) e bilanciato invettive politiche in era trumpiana con introspezioni personali (“Damn.”, 2017), Lamar setaccia lo Zeitgeist avviando allo stesso tempo un processo di decostruzione del suo personaggio e parlandoci senza riserve dei fantasmi che lo perseguitano. Così, “Mr Morale & the Big Steppers” resta in bilico tra l'ennesimo sguardo attento e personale sul nostro presente e un processo di catarsi che si riflette nella pluralità di voci che coesistono da sempre in ogni lavoro del rapper di Compton.
Kendrick Lamar Duckworth è uno degli artisti più influenti di questi anni. La sua cifra stilistica è palpabile sin dalle iconiche copertine dei suoi album; in quella di “Mr Morale & the Big Steppers”, lo vediamo indossare una corona di spine in un quadretto familiare, un'immagine che rappresenta un processo salvifico, attuato grazie all'amore, capace di cicatrizzare il martirio dei nostri tormenti psichici e dare un senso alle nostre continue morti e resurrezioni quotidiane. Ma in quella copertina compare anche una pistola, a simboleggiare la violenza che la comunità black americana è costretta ancora a sopportare. Al di là degli importanti riconoscimenti, capacità analitica, un flusso di coscienza onesto e una miriade di riferimenti interculturali rendono ogni suo album un invito alla riflessione.
loading...