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Il romanzo poliziesco di Rembrandt

Le peripezie dell’autoritratto, tra marinai e granduchesse, trafugato dall'Europa agli Stati Uniti, hanno veramente dell'incredibile

di Paola Testoni

Rembrandt, Autoritratto, 1643. Collezione privata

4' di lettura

L'autoritratto «Rembrandt con il berretto rosso» (1643) è riapparso (quasi) dal nulla. La celeberrima tela esposta al pubblico per l'ultima volta nel 1967, dopo un viaggio che ha dell'incredibile, è finalmente riemersa e fino al 29 gennaio rimarrà esposta nell'Escher in The Palace Museum de L'Aja. La scelta del Museo non è casuale visto che fu una delle ultime sedi che ospitò l'opera, tra il 1850 e il 1894, quando il palazzo appartenne successivamente al Principe Hendrik e poi a sua sorella, la Granduchessa Sophie. All’autoritratto è stato ovviamente assegnato un posto d'onore, anche se purtroppo temporaneo, tra i famosi autoritratti dell’incisore olandese Maurits Escher, le cui opere sono esposte nel palazzo-museo, dal 2002.

Viaggio movimentato

Le peripezie del quadro, tra marinai e granduchesse, trafugato dall'Europa agli Stati Uniti, hanno veramente dell'incredibile. Al ritrovamento del quadro si è arrivati infatti grazie ad una minuziosa e recente ricerca sul percorso del dipinto da parte dello storico dell'arte Gary Schwartz, autorità indiscussa dell'opera rembrandtiana. Lo studioso, a cui qualche anno fa venne richiesta un'expertise del quadro, ha letteralmente “pedinato” l'opera nel suo viaggio tra due continenti, musei e palazzi reali, attingendo a numerosissimi documenti inediti distribuiti tra l'Archivio della Casa Reale olandese e quelli dei governi americano e tedesco, la National Gallery of Art di Washington, i tribunali tedeschi, nonché cercando nella corrispondenza privata tra la granduchessa ereditaria Elisabetta di Sassonia-Weimar-Eisenach e lo specialista rembrandtiano Jakob Rosenberg. Questo lavoro certosino, che ha dimostrato come il quadro sia sempre rintracciabile dal 1823 ad oggi (ad eccezione del periodo 1921-1934 quando era in mano a ladri tedeschi) è stato ben raccontato con dovizia di particolari, nella sua ultima pubblicazione, fresca di stampa, Rembrandt in a Red Beret: The Vanishings and Reappearances of a Self-portrait, dove Schwartz, appunto, ricostruisce le avventurose vicissitudine di quest’opera di eccezionale bellezza.

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Rembrandt, Autoritratto, 1643. Collezione privata

Il dipinto emerse infatti per la prima volta nel 1823, quando fu acquistato a Bruxelles dal futuro re Guglielmo II dei Paesi Bassi (1792-1849) per la sua eccezionale collezione d’arte. L’opera fu trasferita quindi a L’Aia e alla morte di Guglielmo II nel 1850, finì in un'asta pubblica che portò allo smembramento dell'intera collezione. L’autoritratto di Rembrandt una volta venduto rimase comunque a L'Aja per almeno 30-40 anni. La sua storia successiva si legge come un romanzo poliziesco. Dopo essere stata ereditata dalla granduchessa Sophie (1824-1897), l’opera venne portata da questa nella città tedesca di Weimar, dove rimase fino al 1921, quando fu rubato dal Museo locale per ricomparire misteriosamente , nel 1945, addirittura negli Stati Uniti e precisamente a Dayton, nell'Ohio in casa di un uomo che affermò di averlo regolarmente acquistato da un marinaio tedesco nel porto di New York. Dopo essere estato esposto per soli 10 giorni nel museo locale -nei sotterranei dietro ad una grata per il terrore di un ulteriore furto- e altre dieci settimane a Washington, il governo americano rimandò l’autoritratto in Germania nel 1967 con l’intenzione di farlo pervenire al museo di Weimar (con ulteriori complicazioni dovute al fatto che gli Stati Uniti non riconoscevano la DDR). Una volta in Germania, fu rivendicato con successo da un’erede dell’ultimo granduca, la granduchessa ereditaria Elisabetta di Sassonia-Weimar-Eisenach (1912-2010). Ancora una volta, la tela scompare dalla vista del pubblico. Fino ad ora, 55 anni dopo, quando, in occasione della pubblicazione del libro di Schwartz, il dipinto, ora di proprietà di un collezionista privato tedesco, rimarrà esposto al Museo Escher in Het Paleis de L'Aja, fino al 29 gennaio.

Il mistero si infittisce: l'attribuzione a Rembrandt

Ma queste intrigate peripezie non sono le uniche note misteriose riguardanti il quadro «Rembrandt con un berretto rosso». Infatti, prima del 1823, del quadro di sa molto poco tranne la probabile datazione, 1643, come cita anche un articolo dello studioso Enrico Castelnuovo apparso sulla rubrica della Stampa, Tuttolibri nel 1990. Sicuramente il punto però è un altro. Fino al 1969, infatti, si dava per scontato che il dipinto fosse autentico: uno dei tanti eccezionali autoritratti di Rembrandt. Ma in quell'anno lo storico dell’arte Horst Gerson suggerì che potesse essere attribuito a Ferdinand Bol. Sebbene Gary Schwartz sostenga che nessun esperto di Bol abbia mai preso in considerazione questa idea, il Rembrandt Research Project ha effettivamente preso sul serio questi dubbi e sono iniziate delle ricerche che hanno portato Gary Schwartz a commentare: «I dubbi su chi ha creato il dipinto sono stati alimentati dagli enormi danni subiti dall’autoritratto dopo che è stato rubato a Weimar. Il restauro fatto da incompetenti ha ingannato alcune persone circa la qualità dell'opera d'arte, ma un nuovo e completo lavoro di ricerca tecnologica condotto dal rinomato Schweizerisches Institut für Kunstwissenschaft (Istituto svizzero per la ricerca artistica) di Zurigo ha rivelato che il volto, e solo il volto, è opera originale del pittore. E chiunque guardi quel viso faticherà a considerarlo qualcosa di diverso da un autoritratto del maestro stesso».

Nella sua nuova pubblicazione, Rembrandt in a Red Beret: The Vanishings and Reappearances of a Self-portrait (Rembrandt con un berretto rosso | Le sparizioni e le riapparizioni di un autoritratto) Gary Schwartz sostiene che l’opera merita di essere riconosciuta quindi come compiuta dal maestro stesso e confuta, con fatti concreti e teorie convincenti, le obiezioni all’accettazione del dipinto per quello che sembra essere, un autentico autoritratto di Rembrandt.

Gary Schwarz
Rembrandt in a Red Beret: The Vanishings and Reappearances of a Self-portrait
Ed. WBOOKS
www.wbooks.com
Fino al 29 gennaio 2023 presso il Museo Escher in het Paleis de L'Aja www.escherinhetpaleis.nl

Didascalia immagine: Rembrandt, Autoritratto, 1643. Collezione privata


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