Il rublo in caduta libera paga il prezzo delle sanzioni americane
di Antonella Scott
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Sentinella di una crisi che rischia di prolungarsi nel tempo, per il secondo giorno consecutivo il rublo ha continuato a cedere terreno, limitando un poco le perdite grazie all’aumento dei prezzi del petrolio: mentre gli investitori internazionali abbandonano la barca di Oleg Deripaska, il “re dell’alluminio” nel mirino delle nuove sanzioni annunciate dagli Stati Uniti contro la Russia, martedì la moneta russa ha toccato i minimi dal 2016 scendendo a quota 63,95 sul dollaro e a 78,77 sull’euro. L’incertezza innescata dalla mossa del Tesoro americano, che ha imbracciato la “lista nera” degli oligarchi e delle compagnie più influenti del regime di Vladimir Putin, è aggravata dalla crisi siriana, dove un intervento degli Stati Uniti potrebbe condurre a un confronto diretto con Mosca.
In attesa delle ritorsioni con cui il Cremlino risponderà a Washington, e delle misure a protezione degli imprenditori a cui verrà negato accesso al mercato e ai finanziamenti americani, le autorità russe parlano di «correzione di mercato» e cercano di rassicurare gli investitori tentati dall’esodo: la prima a farlo è Elvira Nabiullina, presidente della Banca centrale che - ha spiegato a un forum a Mosca - ha a disposizione diverse opzioni per affrontare la situazione. Per ora, assicura Nabiullina, la stabilità finanziaria della Russia non viene messa in discussione. Bank Rossii continuerà a lasciar libero il rublo, come nella precedente grande crisi del 2014, in modo da consentirgli di assorbire qualunque shock esterno.
Il grande rischio è ostacolare una ripresa già poco convinta, ma che aveva visto il rublo stabilizzarsi e l’inflazione scendere a livelli mai visti in Russia, attorno al 2 per cento. Ora la debolezza del rublo potrebbe innescare nuovi aumenti dei prezzi, e un calo dei consumi, ed è possibile che la Banca centrale sia costretta a interrompere una lunga serie di allentamenti, che avrebbero voluto ridimensionare i tassi di interesse al 6,5% entro l’anno. Alla Borsa di Mosca l’indice Moex - denominato in rubli - ha recuperato sulla perdita dell’8,3% di lunedì, guadagnando il 3,8 per cento. Mentre l’Rts, in dollari, ha perso ancora il 3,5 per cento.
Cent’anni di solitudine
Vladislav Surkov, consigliere del Cremlino, descrive l’era di isolamento geopolitico iniziato con la crisi ucraina del 2014 come i “cento anni di solitudine” della Russia che abbandona la speranza di integrarsi con l’Occidente. «Il viaggio è finito», scrive il veterano dell’amministrazione presidenziale, suggerendo l’immagine di un Paese sempre più ripiegato su se stesso. E l’idea della solitudine descrive in particolare il destino di Rusal, secondo produttore mondiale di alluminio e secondo fornitore degli Usa dopo il Canada, la più colpita tra le compagnie degli oligarchi che non potranno più vendere negli Stati Uniti dove i loro asset sono ora congelati, né potranno raccogliere finanziamenti. Per Rusal e la holding EN+ il divieto non riguarda solo la partecipazione degli investitori internazionali all’emissione di nuovi titoli, ma anche il possesso di titoli esistenti.
L’élite economica di Putin era sotto tiro da alcuni anni, ma ora il cerchio si stringe ancora di più: martedì Clearstream, una delle maggiori società internazionali di clearing, ha reso nota l’interruzione delle transazioni obbligazionarie relative alle società russe nella “lista nera” del Tesoro americano. Euroclear dovrebbe seguirla a ruota. E prende le distanze Glencore, il trader anglo-svizzero che controlla l’8,75% di Rusal. Spiegando di voler rispettare le sanzioni e di voler minimizzare il più possibile i rischi per il proprio business, il gruppo di Baar ha annunciato che il proprio amministratore delegato, Ivan Glasenberg, ha lasciato il consiglio d’amministrazione di Rusal, di cui era membro da 11 anni. Inoltre, Glencore non darà seguito all’accordo con EN+ Group, holding di Rusal, per scambiare la propria quota nel gruppo russo con azioni di EN+.
L’impatto sui bond, e sul governo russo
Accanto al rublo, la crisi ha colpito anche i mercati obbligazionari, dove sono saliti al 7,55% i rendimenti dei titoli di Stato russi (Ofz). Erano tornati a essere popolari, di recente, anche tra gli stranieri, malgrado le sanzioni della fase ucraina. L’incertezza degli ultimi due giorni però ha convinto il ministero delle Finanze ad annullare - per la prima volta dal 2015 - la propria asta settimanale di bond Ofz, facendo riferimento alle «condizioni sfavorevoli del mercato»: il peso delle sanzioni inizia a farsi sentire sullo Stato, non solo sugli oligarchi. Nel frattempo, a sostegno degli imprenditori nel mirino il governo Medvedev sta valutando la creazione di due “paradisi fiscali” - a Kaliningrad e nell’isola Russkij presso Vladivostok - in cui far convergere i capitali costretti al rientro in patria.
L’ultimo focolaio di tensione: il caso Skripal
Se non bastasse, su questo fronte la pressione americana potrebbe accentuarsi ancora di più: a Washington il Congresso ha preso in esame una proposta bipartisan per introdurre nuove sanzioni contro Mosca, questa volta per il caso Skripal. Il progetto di legge permetterebbe al presidente americano di applicare la legge sulle sanzioni a qualunque cittadino russo implicato nell’avvelenamento di Serghej Skripal e della figlia Yulia. Ma soprattutto, verrebbe vietata agli americani l’acquisizione di nuovo debito sovrano russo. Restringendo ulteriormente le possibilità di finanziamento nel momento in cui lo Stato - che sta vagliando le possibilità di “salvataggio” dei gruppi sotto sanzione - sarà chiamato a raddoppiare i propri impegni. Il caso Skripal, peraltro, rischia di complicarsi ulteriormente ora che Yulia - e forse a breve anche il padre - è stata dimessa dall’ospedale di Salisbury. E condotta, secondo la Bbc, in una località «protetta», fatto che ha spinto l’ambasciata russa nel Regno Unito ad avvertire che qualunque spostamento segreto degli Skripal «verrà considerato come un rapimento».
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