Il salto delle imprese verso le nuove piattaforme ibride
Ai recenti microcosmi raccontati con la metafora dell’esodo con tanto di terra promessa e oasi per attraversare il deserto ci tocca aggiungere il caravanserraglio delle elezioni
di Aldo Bonomi
3' di lettura
Ai recenti microcosmi raccontati con la metafora dell’esodo con tanto di terra promessa e oasi per attraversare il deserto ci tocca aggiungere il caravanserraglio delle elezioni. Non suoni come qualunquista o anti politico il riferimento al caravanserraglio che rimanda al luogo dove le carovane si ritrovavano per ragionare e tracciare il cammino per attraversare. Questo tocca alle forze politiche. A noi fare racconto di territorio. Dopo il Salone del Mobile con la Confartigianato di Milano e la Confcommercio lombarda, abbiamo provato a raccogliere storie imprenditoriali a cavallo tra Milano e città infinita, piccoli microcosmi che raccontano come stia cambiando il “fattore territorio”. Tra la Milano Ztl e la piattaforma produttiva lombarda, tra città e contado. La città infinita post-pandemia è un territorio urbano sottoposto a stress da metamorfosi antropologica accelerata. I vecchi valori della società dei produttori stanno trasmutando nella priorità etica della ricerca di qualità della vita urbana, ma dentro una società le cui istituzioni (impresa, famiglia, comuni) faticano ad andare oltre il ciclo precedente. Si è stratificata in almeno un ventennio la metropolizzazione molecolare della popolazione con i tanti rivoli di nuova popolazione in uscita da Milano e il costituirsi di una élite di imprese medio-grandi capace di connettere direttamente il territorio al mondo. Partiamo dal manifatturiero, dal mondo del mobile e del design. Qui l’impatto selettivo della prima crisi 2008-2009 ha sfoltito il bacino del conto-terzismo, ma ha fatto emergere marchi globali. La filiera si è stirata e verticalizzata, non più distretto non ancora piattaforma. Si soffre la transizione alla nuova globalizzazione a pezzi. Il Salone ha sancito sia il ritorno di un design che si pone grandi domande (sostenibilità), che la metropolizzazione della filiera con i brand che incorporano la filiera della rappresentazione per assumerne un controllo diretto. Allo stesso tempo tra i più piccoli, il popolo del mobile si è frantumato in due direzioni: da un lato, le filiere di produttori artigiani messe al lavoro dal trasformarsi del progettista in contractor; dall’altro lato, il venire avanti di piccoli pionieri che hanno fatto da battistrada nell’incorporare e far proprio il flusso dell’immateriale. È il caso di Berto Salotti, piccola azienda che partita negli anni ’70 dalla volontà di ascesa sociale di due fratelli, quando alla fine degli anni ’90 incontra la china discendente del capitalismo molecolare, grazie al passaggio generazionale, trasforma sé stessa. Al centro il digitale come dispositivo di relazione diretta con il cliente saltando le mediazioni della filiera: per vendere, ma soprattutto per apprendere e raccontarsi. Il passaggio al digitale è anche ciò che consente di superare il passaggio della pandemia (oggi vende online il 70%). Nel 2019, partendo da un’esperienza di co-design a New York, partecipa insieme ad altre aziende artigiane alla creazione di Lom a Milano, uno spazio condiviso che funziona come nodo di una intelligenza urbana del design alimentata dall’incontro tra produttore brianzolo e composizione sociale cognitiva metropolitana. Oggi per i piccoli evoluti, la priorità diventa andare nel mondo rappresentandosi come molecole di un territorio che è condensato contemporaneamente di metropoli e storia. La relazione tra Milano e città infinita e tra impresa e città non riguarda solo il manifatturiero. Il post-pandemia sta cambiando l’organizzazione vita-lavoro, riunificando sul territorio il rapporto tra la prima e il secondo e concentrando l’attrattività di Milano più sulla dimensione della rappresentazione e dell’intrattenimento nel fine settimana. Questo significa la rigenerazione di un tessuto diffuso di servizi urbani e una riorganizzazione decentrata e multipolare della vita urbana fuori dalla città della cerchia dei navigli. Con l’evoluzione dal ceppo del capitalismo molecolare le imprese stanno facendo il salto dalla forma personale tradizionale a quella di piattaforme ibride. Mixano servizi e produzione per dare risposte alla centralità di bisogni di riproduzione sociale e personale sospinti dalla pandemia: abitare, mangiare sano, muoversi sostenibile, curarsi, formarsi, ecc. Come Ipso Facto o Vinci a Milano che da semplici aziende di terziario povero diventano piattaforme di global service industriale, o a Seregno Collini che da semplice coltelleria diventa il più grande e-commerce italiano di lame di qualità, o la stamperia di magliette di Lecco che attraverso il digitale sta sul mercato americano. Anche i commercianti si fanno eventologi come il concessionario Alfa Romeo di Legnano che genera il proprio museo d’impresa “Fratelli Cozzi” creando una location per la filiera degli eventi, o il ristorante che lungo la Bergamo-Como crea una piattaforma del loisir e del benessere con un museo, una spa, un albergo. La metropolizzazione del territorio se accompagnata da infrastrutture e nuove istituzioni, pone domande non da poco alle carovane della politica.
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