Il Senato approva la nomina lampo della giudice Amy Coney Barrett
A una settimana dal voto per le presidenziali la Corte Suprema si sposta verso l’asse conservatore. Sarà determinante in caso di ricorsi elettorali
dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam
5' di lettura
NEW YORK - A una settimana dalle elezioni il Senato americano ha confermato la nomina della giudice Amy Coney Barrett alla Corte Suprema. Il voto finale dei senatori per sostituire è arrivato nella sera, al termine di una procedura accelerata, con 52 voti favorevoli e 48 contrari.
Domenica in una rara sessione la camera alta con una maggioranza di 51 a 48 aveva deciso di limitare lo spazio per il dibattito, con il voto contrario di tutti democratici e delle senatrici repubblicane Susan Collins del Maine e Lisa Murkosky dell'Alaska che chiedevano di rimandare la nomina dopo il 3 novembre. Quest’ultima ieri ha votato a favore.
Trump ha festeggiato la nomina con una cerimonia all'esterno della Casa Bianca: «Questo è un giorno storico per l’America», ha detto. Cerimonia durante la quale Barrett ha espresso il suo giuramento, con la mano destra sulla Bibbia, la sinistra alzata ripetendo le frasi di rito pronunciate dal togato afroamericano Clarence Thomas, davanti allo sguardo attento del presidente, con accanto il marito Jesse M. Barrett.
Barrett, la tradizionalista cattolica voluta da Trump
La giudice Barrett, cattolica tradizionalista, è stata scelta da Donald Trump, la terza nomina alla Corte Suprema da quando lui è presidente, per sostituire Ruth Bader Ginsburg, in tutta fretta in maniera irrituale in una cerimonia alla Casa Bianca il 26 settembre scorso, prima ancora della sepoltura della giudice simbolo delle rivendicazioni delle donne e dei diritti civili e dei liberali. Trump ha disatteso le ultime volontà della giudice Ginsburg che aveva chiesto di essere sostituita dopo le elezioni.
Barrett ha 48 anni ed è la giudice più giovane di sempre ad arrivare alla Corte Suprema destinata a influenzare per generazioni, nei decenni a venire le decisioni della Corte seguendo l'impostazione del suo mentore il giudice Antonin Scalia, secondo cui la carta costituzionale va applicata alla lettera, senza interpretazioni. Niente ha potuto l'opposizione dei democratici sulla nomina partisan dei repubblicani, un colpo di mano che sposta l'ago delle decisioni dell'alta corte verso destra: su 9 togati della Corte, 6 sono conservatori, contro 3 liberal.
Schumer: uno dei giorni più bui del Senato
Durissimo l'intervento del leader della minoranza Chuck Schumer: «Il 26 ottobre 2020 sarà ricordato come uno dei giorni più bui di questa aula del Senato e della storia della repubblica americana. Avete vinto, ma avete perso la vostra credibilità davanti al popolo americano. Questo avrà conseguenze sulle elezioni». Mai prima di ora una nomina di un giudice della Corte Suprema era stata confermata dal Senato così vicino alle elezioni presidenziali.
Fino all'ultimo è stata in forse la presenza del vice presidente Mike Pence. «Come vice presidente sono presidente del Senato e andrò a dirigere la seduta perché non voglio perdermi questo voto», aveva dichiarato alla vigilia della seduta. Ma poi ha rinunciato all'ultimo minuto dopo le critiche rivolte da diversi esponenti democratici sul rischio contagio.
Diversi collaboratori con cui il vice presidente è stato in contatto negli ultimi giorni, compreso il suo capo dello staff, Marc Short, sono risultati positivi al Covid-19. Pence presiede la task force governativa per la lotta alla pandemia. Ieri è risultato negativo al test. Le regole del Cdc in vigore, da lui avvallate, prevedono l'obbligo di quarantena per chi è venuto in contatto con persone positive. Regole che lui per primo non ha rispettato presenziando a comizi in un momento critico come questo con l'aumento record dei nuovi casi negli Stati Uniti.
«Abbiamo dato un importante contributo al futuro del nostro paese», ha detto il leader della maggioranza Mitch McConnell, che è stato il grande architetto della nomina lampo della giudice Barrett. Lo stesso senatore che nel febbraio 2016 guidò la fronda repubblicana per bloccare la nomina di Merrick Garland alla Corte Suprema, proposta dall'allora presidente Barack Obama, citando l'anno elettorale. «Molto di quello che abbiamo fatto negli ultimi quattro anni – ha detto il senatore McConnell - verrà prima o poi annullato dalle prossime elezioni. Non potranno fare molto riguardo alla Corte Suprema per molto tempo a venire».
L’offensiva di Trump sulle alti corti Usa
Il giudice Barrett è solo l'ultimo tassello di un'offensiva dell'amministrazione Trump per riempire di giudici conservatori le alte corti Usa: durante la sua presidenza Trump ha nominato 56 togati, uomini e donne, tutti bianchi, nessun afroamericano, tra Corte Suprema e Corti di appello federali nei vari stati. I democratici ripetutamente hanno lanciato allarmi sul fatto che Barrett sia una minaccia per le conquiste sociali e i diritti civili, per la sanità pubblica, l'ambiente, l'aborto, gli omosessuali.
A partire dal 10 novembre quando Barrett prenderà parte alla prima seduta della Corte, per un caso presentato dagli stati repubblicani volto ad annullare l'Affordable Care Act, la legge del 2010 conosciuta anche come Obamacare che ha permesso a milioni di americani di ottenere la copertura sanitaria.
La nuova giudice sarà importante soprattutto per stabilire l'esito delle prossime elezioni. In caso di contestazioni l'ultima parola spetta alla Corte Suprema. Un precedente c'è già, nel 2000 quando per un ricorso sui voti della Florida tra George W. Bush e Al Gore l'alta corte decretò la vittoria di Bush. Trump da mesi parla di frodi elettorali in riferimento al voto postale.
Sessanta milioni di americani hanno votato già per posta o con il voto anticipato, secondo l'Us Election Project dell'Università della Florida, che stima che a causa del coronavirus quest'anno circa 150 milioni, pari al 65% degli aventi diritto, utilizzeranno il servizio postale per votare. In tempi normali a ogni tornata elettorale gli errori nella firma o nelle procedure, le buste aperte, quelle che arrivano oltre il termine, causano l'annullamento di centinaia di migliaia di voti.
L’ultima parola della Corte sui contenziosi elettorali
Quest'anno nel migliore scenario oltre un milione di persone potranno perdere il loro voto, stando alle proiezioni della Columbia Journalism Investigation. Secondo lo studio, se metà degli americani voteranno per posta si prevedono almeno 1,03 milioni di voti annullati. Se il 75% dei cittadini userà il voto postale le schede annullate per errore potrebbero arrivare a 1,55 milioni. Molti stati hanno modificato le leggi elettorali per ampliare la possibilità del ricorso al voto per corrispondenza.
La confusione sulle normative e i problemi logistici, assieme alla percentuale di errori inevitabile, rischiano di creare una lunga lista di contenziosi proprio negli stati in bilico, come Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Ohio, Florida, North Carolina, Iowa dove la sfida per la Casa Bianca si deciderà sull'ordine di poche decine di migliaia di voti. Con la Corte Suprema che avrà l'ultima parola. Si rischia il caos elettorale anche perché l'annullamento di un singolo voto, oltre alla sfida presidenziale annulla anche decine di altre nomine locali e nazionali che si decideranno nell'Election Day.
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