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Il senso di Colé per il design: artigianato, cultura e ricerca estetica

Fondata nel 2011 da Matteo De Ponti e Laura Macagno Maldonado, l’azienda milanese ha ricevuto il Premio Giovani Imprese 2020 attribuito da Altagamma

di Giovanna Mancini

3' di lettura

Quando cresci a pane e design – con maestri del calibro di Enzo Mari, Achille Catsiglioni o Alessandro Mendini in giro per casa – potresti comodamente proseguire nel solco della tradizione che ti ha preceduto, senza rischio di sbagliare. Oppure decidere che l’insegnamento più importante appreso in un’azienda come Driade (fondata nel 1968 dai tre giovani architetti-imprenditori Enrico e Antonia Astori e Adelaide Acerbi, rilevata nel 2013 dal gruppo Italian Creation Group) è il desiderio di sperimentare nuovi linguaggi e tentare nuove sfide.

Matteo De Ponti, milanese, classe 1969, ha scelto questa seconda strada. Dopo la laurea in architettura viene invitato dallo zio Enrico a entrare in azienda e vi resta per 15 anni, specializzandosi soprattutto in ambito commerciale e marketing. Nel frattempo incontra Laura Macagno Maldonado, di un anno più giovane, argentina, laureata in Economia a Cordoba. I due si sposano, viaggiano, vivono all’estero.

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Poi nel 2009 Matteo decide di prendersi un anno sabbatico, lascia Driade e con la moglie si lancia in una nuova avventura imprenditoriale. Nel 2011 fondano Colé Italia, brand di arredamento e design di alta gamma, caratterizzato da una sofisticata ricerca estetica e qualitativa, che si rivolge, spiegano i fondatori, «a un cliente internazionale, che ama viaggiare e circondarsi di oggetti non solo belli, ma anche colti e carichi di significato, che si richiamino alla tradizione e al tempo stesso contengano spunti di modernità e inattesi».

La formula funziona: l’azienda oggi è una piccola realtà nei numeri (con un fatturato attorno ai 300mila euro), ma un brand ormai apprezzato sul mercato, come dimostra anche il recente riconoscimento ottenuto con il Premio Giovani Imprese 2020 attribuito da Altagamma.

Ideazione e progettazione dei prodotti avvengono all’interno, grazie alla collaborazione con un nutrito e promettente gruppo di designer italiani e internazionali «competenti, cresciuti magari all’interno di studi professionali importanti, ma non ancora noti al grande pubblico, che son oin parte cresciuti assieme a noi in questi anni», spiega Matteo Ponti. Progettisti capaci di muoversi sul confine sottile tra artigianato, arte e produzione industriale, come Lorenz e Kaz, Emmanuel Gallina, Lorenza Bozzoli, Hagit Pincovici e Julia Dozsa.

«Il nostro è un prodotto industriale, ma offriamo un elevato contenuto di personalizzazione – dice Laura –. Facciamo anche piccoli contract per alberghi o ristoranti, ma non lavoriamo su grandi numeri, perciò per le forniture ci rivolgiamo a una rete di piccoli artigiani, altamente specializzati in produzioni di nicchia, dall’acciaio al legno, fino al packaging». In questi dieci anni, attorno a Colé, si è creata una grande famiglia, dice Matteo: «La nostra idea, sin dall’inizio, è stata ragionare in termini di territorio e non solo di prodotto. Per noi è importante raccontare il design come prodotto italiano a 360 gradi, fare una ricerca che parte dal prodotto per arrivare al modo in cui viene realizzato, per valorizzare tutta la filiera che dà il valore aggiunto a questo prodotto». Un marchio internazionale per «testa e design», ma molto radicato nel suo territorio.

Ora Colé guarda avanti: «Non ci dispiacerebbe – spiegano i fondatori – trovare un partner che ci possa accompagnare dal punto di vista tecnico e finanziario, per fare prodotti ancora più interessanti, ampliare la rete dei collaboratori o aprirci su nuovi mercati».

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