Il senso del respiro: intervista al campione di apnea Gianluca Genoni
Ha chiuso con uno storico record la sua carriera agonistica: -160 metri no limits. Ma continua l'attività sportiva e l'impegno per la salvaguardia degli oceani.
di Paco Guarnaccia
3' di lettura
Trovarsi immersi nel buio e nel silenzio, senza possibilità di respirare e cercando di mantenere una concentrazione altissima. È difficile per una persona normale comprendere quanta forza di volontà e quante ore di allenamento ci siano dietro i campioni di apnea. Campioni come Gianluca Genoni, classe 1968, uno dei più grandi apneisti del mondo che, in carriera, è stato capace di stabilire record su record: dal primo del 1996 quando a Siracusa è sceso a -106 metri in assetto variabile, all'ultimo del 2012 a Rapallo dove ha raggiunto i -160 metri in apnea no limits chiudendo in gloria la sua carriera agonistica.
Che sensazione hai provato la prima volta che ti sei immerso in apnea? «Solo emozioni e sensazioni positive come benessere, libertà e leggerezza: trattenere il respiro non è una prova di forza o di coraggio, ma è un esercizio fisico e mentale».
Che cosa ti passa per la mente quando sei a tali profondità? «Non faccio mai pensieri negativi, ma presto la massima attenzione nell'ascoltare il mio corpo e percepire ogni suo minimo campanello d'allarme. Negli anni scendere in profondità ha avuto molti significati. Prima era un'esperienza più fisica e sportiva,focalizzata sulla corsa al record, poi ha acquisito un valore più esplorativo. Degli abissi, ma anche del mio animo: quando ci si trova a quelle distanze non si può fingere o mentire a se stessi».
Che tipo di disciplina è l'apnea? E come ci si allena? «Molto dura. Il contatto con corpo e mente è molto forte. Bisogna viverla in maniera corretta. L'allenamento è basato su esercizi di respirazione e rilassamento, poi attività aerobiche come nuoto o corsa e, ovviamente, tante sessioni di apnea in piscinao in mare. Durante la prima parte della stagione l'allenamento fisico ha la priorità sull'apnea, che viene comunque fatta, ma in modo non troppo impegnativo. Il discorso cambia a ridosso della prova, quando insieme a staff e assistenza si aumentano gradualmente le profondità per arrivare all'incirca a quelle del tentativo di record».
Da anni sei brand ambassador della maison Blancpain: in che modo entra il tempo nella tua attività subacquea? «È molto importante perché durante le immersioni il tempo scandisce diverse fasi come la discesa, l'esplorazione dei fondali e la risalita. Non rispettarne il timing potrebbe diventare pericoloso. Inoltre, quando si è in apnea, il tempo si dilata e 4 minuti di immersione sembrano decisamente più lunghi».
Tornando ai record: a quale sei più affezionato? «Sono due. Il primo e l'ultimo. Quello del 1996 quando sono sceso a 106 metri, è stato un sogno che si è avverato, anche perché io stesso non conoscevo fino in fondo le mie potenzialità. Quello del 2012 è stato speciale perché ha significato il raggiungimento della mia profondità massima e un bel modo per finire la mia carriera agonistica».
Sei molto impegnato in attività di sensibilizzazione per la cura del mare… «Sì e da molto prima che diventasse una moda. Con i miei sponsor, negli anni, abbiamo organizzato varie attività. In particolare con Blancpain siamo impegnati nel progetto Ocean Commitment per la salvaguardia e la protezione degli oceani per le generazioni future. Credo che, se si ama il mare e la natura in generale, si debba lavorare per sensibilizzare un numero sempre più alto di persone. Anche solo per lasciare ai nostri figli un mondo vivibile e una natura rigogliosa e non paesaggi dominati da brutture umane e rifiuti».
Qual è la lezione più grande che hai imparato in tutti questi anni di immersioni? «Ho imparato a conoscere il mare, le sue tante bellezze e i suoi pericoli. Il piacere della sfida e il rispetto verso il più forte.Ho conosciuto tanti luoghi e meglio me stesso. Ma la vera lezione è che ho capito che un uomo deve sempre inseguire unsogno: “profondo” nel mio caso…»
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