Il sentiero stretto per il Conte ter passa per il «sì» del M5S a Renzi
Penstastellati costretti alla retromarcia: il veto a Iv avrebbe chiuso la possibilità di un nuovo incarico al premier uscente. L’apertura di Carfagna a un’«intesa alta» per guardare oltre Conte
di Manuela Perrone
4' di lettura
L’ennesima mossa del cavallo di Matteo Renzi è riuscita nel tentativo di sparigliare le carte. Il “non veto” sul nome di Giuseppe Conte è stato accompagnato dalla richiesta di un “non veto” a Iv da parte degli ex alleati: Pd, Leu e, soprattutto, M5S. Perché se tra i dem la spinta a una ricucitura con Renzi era già forte - ed era stata “certificata” da Lorenzo Guerini all’indomani delle dimissioni di Conte - nel Movimento è molto più indigesta. Ma è dovuta arrivare, pena la perdita di ogni chance per un “Conte ter”.
La rigidità di Crimi messa in crisi dalla telefonata del premier
Finora il reggente pentastellato Vito Crimi si era incaricato di portare avanti la linea della rigidità in asse con il pensiero di Conte, che però giovedì pomeriggio ha dovuto cedere e telefonare al leader di Italia Viva prima che la delegazione salisse al Colle. «Un gesto di debolezza», hanno subito esultato Renzi e i suoi. Indubbiamente, al di là delle letture di parte, si è trattato di un gesto necessario in assenza del soccorso dei “costruttori” in cui Conte aveva riposto le sue speranze per allargare la maggioranza e rendere Renzi ininfluente. Senza i numeri dei parlamentari Iv, si ritorna infatti esattamente al punto che ha portato il premier a dimettersi. Non ci sono ingressi aggiuntivi: nonostante sia nato a Palazzo Madama il nuovo gruppo “Europeisti-Maie-Centro democratico”, il pallottoliere di chi vota la fiducia all’esecutivo resta fermo a 156 più uno (il Cinque Stelle assente per Covid alla votazione del 19 gennaio), di cui tre senatori a vita (Monti, Segre e Cattaneo). Troppo poco per garantire quella maggioranza «non raccogliticcia» auspicata dal capo dello Stato.
Il dilemma a Cinque Stelle
Qui entra in gioco il dilemma M5S, che è stato sciolto in queste ore prima che la delegazione composta da Crimi e dai due capigruppo, Davide Crippa ed Ettore Licheri, varcassero la soglia del Quirinale: accettare il gioco di Renzi e tendere le mani a Italia Viva, pur sapendo che non equivale alla garanzia certa di un Conte ter? Oppure, come avrebbe voluto l’ala di Alessandro Di Battista e come ha esplicitato la senatrice Barbara Lezzi in un’intervista a La Stampa, chiudere la porta al numero uno di Iv, rischiando però di gettare insieme all’acqua sporca anche il bambino di un potenziale nuovo incarico a Conte? Ha vinto naturalmente la prima opzione: un eventuale “no” del M5S a Renzi oggi pomeriggio avrebbe rappresentato la pietra tombale per una riedizione della convivenza tra i quattro partiti che avevano dato vita al Conte bis. E avrebbe aperto scenari del tutto inediti.
Il subbuglio nelle chat e l’appello di Trizzino
Anche per questo Crimi e i parlamentari sono stati in subbuglio, con chat che ribollivano e malumore crescente per come il reggente e il capodelegazione nonché Guardasigilli Alfonso Bonafede hanno gestito la partita sin qui. Non è sfuggito stamane l’appello quasi disperato lanciato dal deputato Giorgio Trizzino, palermitano e amico del presidente Mattarella: «Il mio invito ai colleghi di Iv è di sottrarsi a questo giogo retorico e rancoroso e di tornare a esprimere liberamente il proprio pensiero svincolandosi da rese dei conti personali che contrastano con l'interesse del popolo Italiano». Trizzino ha accusato Renzi di essersi esibito al Quirinale in «uno spettacolo da dimenticare» e di aver mostrato «disprezzo della più alta Istituzione dello Stato». La controversa visita di Renzi in Arabia Saudita non ha certo contributo ad abbassare l’acredine dei Cinque Stelle verso l’ex premier. La risposta non si è fatta attendere ed è arrivata guarda caso dalla Farnesina guidata da Luigi Di Maio, che ha revocato le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia ed Emirati. Un gesto per rabbonire i “duri e puri”.
Il tentativo di salvare Conte “vale” il ritorno con Iv
Ma anche l’appello di Trizzino sembrava far tornare alla casella di partenza, ovvero alla speranza di inizio crisi, condivisa con il Pd, che il corpaccione degli eletti Iv possa franare. Finora non è accaduto. È il motivo per cui era convinzione diffusa che invece il M5S avrebbe fatto di nuovo retromarcia e non si sarebbe opposto al ritorno con Renzi. Così è stato. «Non è il momento dei veti e degli arrocchi», ha detto Crimi uscendo dal colloquio con il capo dello Stato. «Per noi serve un governo politico che parta dalle forze di maggioranza che hanno lavorato insieme nell’ultimio anno e mezzo e da un patto di legislatura». D’altronde, la carta di Conte premier resta per i pentastellati la più rassicurante. Con qualunque altro presidente del Consiglio, persino se fosse del M5S (forse con la sola eccezione del presidente della Camera Roberto Fico), rischiano la deflagrazione. O comunque un netto ridimensionamento nella squadra di governo. Sempre che non sia proprio questo - insieme all’archiviazione di Conte - l’obiettivo ultimo di Renzi. Non è passata inosservata l’apertura di Mara Carfagna a guardare oltre Conte: «La nostra fiducia in lui e la disponibilità a collaborare a un'intesa alta per il bene del Paese non sono mancate e non mancheranno. Escluso il Conte ter, i partiti si assumano questa responsabilità».
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