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«Il settore è strategico non solo per il turismo ma anche per altre filiere»

di Barbara Ganz

3' di lettura

L’effetto guerra colpisce un settore aeroportuale già provato da due anni di epidemia, e di fronte alla sfida di un cambiamento necessario. «Quello che succede in Ucraina porta a interrogarci su quale sarà il prezzo da pagare in termini umani ed economici nel breve e nel lungo termine. Dopo due anni di Covid eravamo pronti a ripartire», spiega Valentina Menin, direttore generale di Assaeroporti, l’associazione confindustriale che rappresenta 29 società di gestione e 37 aeroporti italiani. Veneziana, 39 anni, già policy manager in Assaeroporti dal 2014, Menin è di fresca nomina: ha sviluppato negli anni una ampia esperienza nel settore aeroportuale, con particolare riferimento alla regolazione economica.
«Il 2021 si è chiuso con 80 milioni di passeggeri, un dato ben lontano dai quasi 200 milioni di viaggiatori che transitavano negli aeroporti italiani prima della pandemia - spiega -. L’andamento del traffico nel corso dell’anno è stato fortemente influenzato, da un lato, dalla curva dei contagi e, dall’altro, dall’avanzamento della campagna vaccinale. I primi deboli segnali di ripresa si sono registrati solo a giugno 2021, per poi rafforzarsi nella seconda metà dell’anno. Purtroppo, la diffusione della variante Omicron ha causato una nuova brusca battuta d’arresto. Sono ancora incerti invece gli impatti del conflitto». I dati dell’anno appena concluso mostrano che «quella del trasporto aereo è stata una ripartenza a due velocità. Le tratte nazionali hanno, infatti, recuperato i livelli pre-pandemici ad un ritmo più sostenuto, -35% rispetto al 2019; il segmento internazionale, invece, è apparso ancora in forte sofferenza, -70% a causa delle severe restrizioni di viaggio e dell’approccio non coordinato seguito dai diversi Stati, anche nella stessa UE».
In questo quadro l’allentamento delle restrizioni dal 1° marzo per i viaggiatori provenienti da Paesi extra-UE è «un importante passo avanti per favorire la ripartenza della connettività aerea, alla vigilia dell’avvio della stagione summer». A livello nazionale il settore aeroportuale incide per il 3,4% sul Pil e impiega quasi 750mila lavoratori, dei quali 200mila diretti: «Il trasporto aereo è inoltre una leva fondamentale per lo sviluppo del turismo. Nel 2019 i turisti stranieri che hanno utilizzato l’aereo per raggiungere il nostro Paese sono stati il 41% del totale e il 64% in termini di spesa», sottolinea Menin. Ora la sfida è quella della sostenibilità e dell’innovazione digitale, non solo in aeroporto, ma anche nelle fasi di pianificazione del viaggio: «Tutto questo contribuirà a rendere il transito negli aeroporti più snello, fluido e contactless. Infine, la questione intermodalità: ci attendiamo una crescente integrazione non solo tra aeroporto e ferrovia, ma anche con tutti gli altri nodi della rete di trasporto nazionale».
Sfide che riguardano da vicino anche Aeroporti 2030, la nuova associazione che raggruppa gli scali di Roma Fiumicino, Roma Ciampino, Venezia, Treviso, Verona, Brescia, con l’obiettivo di rafforzare e promuovere l’innovazione, digitalizzazione e sostenibilità ambientale degli aeroporti italiani. Per i cinque scali, che insieme rappresentano circa il 40% del traffico italiano, la volontà è imprimere una svolta radicale al sistema in un mondo profondamente cambiato dalla pandemia, nel quale è necessario proiettarsi verso una visione innovativa che garantisca il decollo della connettività del futuro, abbandonando gli stereotipi del passato. Le parole chiave sono intermodalità, sostenibilità - da anni un fiore all’occhiello dello scalo veneziano - innovazione e un approccio meno autorefernziale che include tutti i settori economici. «Il nostro settore non riparte da solo - chiarisce Valentina Lener, direttore generale - ma come elemento di filiere essenziali: non solo il turismo, ma anche quello della logistica e del trasporto in senso ampio». E non è una questione di incentivi: «L’allentamento delle restrizioni è un inizio fondamentale, anche se cresce la preoccupazione per le conseguenze del conflitto in Ucraina. Alle istituzioni non chiediamo solo di individuare forme di indennizzo adeguate per gli operatori che hanno subito pesanti perdite, ma anche di sostenere gli investimenti e lo stimolo a migliorare continuamente, soprattutto in un’ottica di sviluppo sostenibile. Gli ultimi due anni hanno inevitabilmente rallentato un piano di investimenti che valeva svariati miliardi: solo fra Roma e Venezia parliamo di oltre 2 miliardi programmati. Ora è il momento di riprendere su questa strada».

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