Il sì dell’Europa al Fondo sociale per il clima
«Fit for 55». Essere capaci di tagliare le emissioni nette di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, in linea con quanto prescrive la Legge europea per il clima (Reg. Ue, 2021/1119), sarà ora possibile anche grazie al Fondo sociale per il clima da poco passato al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio (Reg. Ue 2023/955).
di Barbara Lilla Boschetti
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«Fit for 55». Essere capaci di tagliare le emissioni nette di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, in linea con quanto prescrive la Legge europea per il clima (Reg. Ue, 2021/1119), sarà ora possibile anche grazie al Fondo sociale per il clima da poco passato al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio (Reg. Ue 2023/955). Il Fondo è un tassello essenziale del pacchetto “Fit for 55” in quanto dimostra che la transizione ecologica è giusta non solo per il futuro che promette, ma per come essa si realizza, a partire da oggi. Una giustizia dell’essere in transizione , declinabile in tre parole chiave: equità, inclusività, sostenibilità, secondo quanto indicato dall’art. 2, Reg. Ue 2021/241 (quello, per intenderci, che governa la presentazione/modifica del Pnrr e l’accesso ai fondi europei del Ngeu). Questa duplice giustizia delle transizioni richiede, però, coraggio, tanto nel disegnare orizzonti ambiziosi, visionari, realmente trasformativi («è l’ora della svolta», come ci ha ricordato Papa Francesco), quanto nell’individuare, entro quegli orizzonti, soluzioni concrete, di breve, medio-lungo termine, traiettorie reali e progressive, che giocano su una pluralità di piani: scientifico e tecnologico, economico e industriale, ma anche, e soprattutto, umano e sociale. Un coraggio dalla sostanza politica, richiesto, in prima battuta, ai decision-makers (così l’Evp Timmermans il 13.07.2023 in occasione del Ministerial on climate action ). Questo coraggio, finora, non è mancato. Non è mancato, innanzitutto, il coraggio di proseguire, anzi accelerare, nella direzione della neutralità climatica, nonostante la guerra Russia-Ucraina e la crisi energetica da questa innescata (il pacchetto è stato proposto dalla Commissione europea il 14 luglio 2021), nel segno dell’urgenza esistenziale della transizione ecologica e di cui è espressione il Green Deal europeo.
Non è mancato, inoltre, il coraggio di includere nelle strategie di riduzione delle emissioni un numero sempre maggiore di settori – questa è, appunto, la volta dei trasporti (marittimi e su strada), nonché degli edifici – anche quando si tratti di settori “scomodi”, politicamente parlando: settori che toccano da vicino attori economici forti, o già in crisi, ma soprattutto milioni di cittadini, famiglie e, in generale, utenti dei trasporti. Non è mancato, infine, il coraggio – questo il punto chiave – di prendere sul serio la transizione ecologica, facendosi carico dei costi economici e sociali che da questa possono derivare nello iato temporale che ci separa dal risultato finale, con i suoi benefici attesi. Se il pacchetto “Fit for 55” è una scelta strategica, e al tempo stesso ineludibile, con effetti assolutamente positivi nel medio-lungo periodo, sia per lo sviluppo della net-zero economy europea e di milioni di nuovi posti di lavoro, sia per la lotta contro la povertà energetica e la povertà dei trasporti (che il Regolamento definisce, in termini originali, come incapacità o difficoltà di sostenere il costo di trasporti pubblici o privati o di accedere ai trasporti per il godimento di servizi o attività socioeconomiche essenziali): ebbene, se tutto questo è vero, è altrettanto inevitabile che questo percorso sia destinato a pesare nel breve medio-periodo, in modo sproporzionato, su individui, famiglie, microimprese e utenti dei trasporti vulnerabili. A questo scopo vengono messi sul piatto a livello Ue 65 mld, finanziati attraverso parte dei fondi che derivano appunto dall’estensione del sistema Ets ai settori in questione. Risorse per un aiuto immediato al reddito (ma necessariamente temporaneo: 2026-2032) e per investimenti che riducono la dipendenza da combustibili fossili, orientati all’efficienza energetica degli edifici (indipendentemente dalla proprietà) e all’accesso a una mobilità a zero emissioni (attraverso buoni, sovvenzioni e prestiti a tasso zero). La palla del coraggio (e della giustizia), ora, passa agli Stati: per accedere e mettere in campo le risorse del Fondo sociale per il clima, gli Stati dovranno presentare alla Commissione il proprio “piano sociale per il clima” (entro il 30 giugno 2025), in cui dettagliare investimenti e misure di sostegno. Lo stile delle regole europee è quello appreso, e messo a punto, nella gestione dei fondi legati al Ngeu, a partire dal riconoscimento di una certa flessibilità nell’apportare aggiustamenti ai piani e del principio di addizionalità nell’uso dei fondi europei. Anche per questo, il Pnrr rimane un banco di prova fondamentale per dimostrare di essere pronti a questa doppia sfida di giustizia, quella di ciò che vogliamo diventare e del modo in cui vi arriveremo. Il tempo del “Fit for 55” è oggi.
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