Il sistema delle radio regge l’urto del coronavirus
Il coronavirus è costato alle radio un calo del 17% degli ascolti, compensato dal +11% del tempo medio di ascolto. Emerge dalla ricerca di GfK, “L'ascolto della Radio ai tempi del Covid–19”
di Andrea Biondi
2' di lettura
L’assunto non è, in partenza, illogico. L’idea che l’ascolto della radio fosse legato a doppio agli spostamenti in macchina finora ha rappresentato una considerazione non contrastabile. Il corollario a questo punto sarebbe l’immagine di una radio colpita a morte dal lockdown.
Niente di più falso. La radio resiste all’emergenza coronavirus. E lo fa in una maniera tutto sommato inattesa, in positivo, stando ai dati della ricerca curata dall’istituto GfK “L’ascolto della Radio ai tempi del Covid-19”, commissionata da Ter-Tavolo Editori Radio. L’audience persa è infatti solo del 17%, dato peraltro pressoché compensato dall’aumento del tempo medio di ascolto cresciuto dell’11% (sull’ascolto degli ultimi 7 giorni).
Non era scontato visto l’impatto del “tutti a casa” che ha determinando effetti non trascurabili sulla mobilità (il 67% della popolazione utilizza meno l’auto) e sui percorsi verso il lavoro (il 30% non va più al lavoro fuori casa), costringendo tra le mura domestiche gran parte della popolazione. E invece ciò che restituisce la ricerca Gfk è non solo una buona notizia per gli editori, ma anche lo specchio di una trasformazione evolutiva del mezzo radio, con la curva di ascolto che si è spostata: dal drive time alla spalmatura su tutto l’arco della giornata.
«Alla riduzione netta dell’ascolto tramite autoradio – spiega Giorgio Licastro di GfK - corrisponde un aumento dell’ascolto attraverso tutti gli altri device». La verità è che la cara vecchia radio quindi – mezzo da 34,8 milioni di ascoltatori medi nel 2019 (+0,4%) e con ancora margini di miglioramento sul versante pubblicitario dal momento che i 439 milioni di euro di raccolta nel 2019 sono stati pari al 5% del totale mercato adv – ha cambiato pelle. Non c’è solo l’Fm affiancato ora da apparecchi Dab+. Per l’ascolto della radio adesso ci sono «Tv, lo smartphone e il pc con riscoperta da parte delle fasce giovanili. Crescono pure tablet e smart speaker, i quali, pur partendo da basi contenute nel periodo pre-crisi, vedono tassi di incremento analoghi a quelli degli altri device». Risultato: prima del lockdown il 54% degli ascoltatori usava l’autoradio; il 39,1% gli apparecchi radio; il 25% gli smartphone; il 19% la Tv; il 10,6% i Pc e così via. Con lo scoppio dell’emergenza coronavirus il 28,1% degli ascoltatori lo ha fatto tramite autoradio; il 43,3% attraverso apparecchi radio; il 27,6% con smartphone; il 26,4% con Tv; il 12,5% con Pc.
Alla fine secondo la ricerca l’81,1% di chi ascoltava prima del lockdown continua ad ascoltare. E c’è anche un 2,4% di nuovi ascoltatori. Tra gli aficionados c’è un 28,3% che dice di ascoltare di meno, ma a fronte di un 33,5% che dice di farlo anche di più. La casa (71%) è ovviamente il luogo privilegiato. E se alla radio non si rinuncia è anche per la credibilità dell’informazione, ritenuta accurata e tempestiva.
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