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Il St. Regis Rome si rifà il look tra glamour e storia

di Sara Magro

3' di lettura

Ci sono voluti 40 milioni di euro e tre anni di lavori per riportare The St. Regis Rome alla magnificenza di quando fu inaugurato nel 1894 da César Ritz, l'imprenditore svizzero che dà il nome a due leggendari hotel di Londra e Parigi. Senza chiudere nemmeno un giorno, l’8 novembre, il cinque stelle a due passi dalla Stazione Termini e dal Quirinale si è presentato completamente rinnovato, con la lobby che è diventata giardino d'inverno, bar, biblioteca e spazio d'arte; il salone da ballo risplendente tra specchi e affreschi preraffaelliti, e le camere sontuose con tessuti pregiati, marmi neri e alta tecnologia.

Nelle sue nuove vesti il St. Regis esprime il concetto di eleganza contemporanea, impeccabile ma user friendly, con il wifi efficiente e spazi dove muoversi (e lavorare) comodamente nonostante gli stucchi, le dorature, i lampadari in vetro soffiato.

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Ecco il nuovo St. Regis Rome, cinque stelle tra glamour e storia

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Non solo. L’oneroso rinnovo non si limita a impreziosire la struttura, ma valorizza anche l'intorno, finanziando iniziative culturali come la realizzazione di visori per attraversare virtualmente la storia delle vicine Terme di Diocleziano, e incoraggiando gli ospiti a scoprire i tesori nascosti di Roma con le guide di IF Art Unique Experiences, specializzate in storia dell'arte e capaci di aprire porte inaccessibili al pubblico, come i cancelli della magnifica Villa Torlonia, impresa altrimenti impossibile.

Chi entra nel nuovo St. Regis, coglie al volo la grandeur d'un tempo e il suo glamour attuale, frutto di un complesso passaggio orchestrato da Pierre Yves Rochon, l'architetto dell'alta hotellerie classica, che ci ha spiegato le sue scelte di stile per quest'ultimo progetto.

Quante volte è stato a Roma?
Almeno dieci.

Le piace?
Non ci ho mai vissuto, però mi sembra favolosa: il clima, i parchi, gli interni eleganti. Per non parlare poi di cibo e cultura.

Quanto tempo c'è voluto per progettare il nuovo St. Regis?
Tre mesi, ma solo per il concept.

Per realizzarlo, invece?
Tutto il tempo necessario per cercare materiali, arredi e accessori adatti a far emergere la ricchezza di dettagli e la storia dell'hotel e di Roma. Quanto agli artigiani, solo gli italiani sanno come far vivere marmo, vetro e stucchi.

Come si trasforma un hotel storico in un cinque stelle contemporaneo?
Rispettando la storia della struttura e adattando il design al presente. È fondamentale creare un ambiente accogliente e comodo. Quindi si passa ai dettagli: mobili su misura e alta tecnologia, che oggi è imprescindibile.

Quanto di Roma e quanto di Pierre Yves Rochon c'è nel nuovo St. Regis?
Per le aree pubbliche direi che c'è un 30% del mio studio e 70% di romanità. Volumi, proporzioni e luce enfatizzano la grandeur di Roma, dove passano di continuo reali, governanti e celebrities. Al contrario, nelle camere il 70% è PYR e il 30% Roma. Sono spazi intimi focalizzati sul viaggiatore di oggi, che quando chiude la porta vuole sentirsi a casa.

Pensa che sia cambiato il concetto di viaggio di lusso?
Oggi si presta molta attenzione alla memorabilità del viaggio, e più le esperienze sono autentiche, meglio si ricordano. Per fortuna, abbiamo sempre lavorato in quella direzione, cercando di realizzare spazi fedeli alla storia e all'architettura locali. Non ci interessa colpire le persone con il design di tendenza, cerchiamo invece di far emergere storie non raccontate, suscitando curiosità. Così si crea un valore aggiunto che resta come patrimonio al viaggiatore.

Cosa si aspetta un viaggiatore alto spendente oggi?
Tre cose sostanzialmente: un ambiente maestoso e intimo; autenticità; la sensazione di vivere qualcosa di unico, che non c'è altrove.

Che hashtag adotterebbe per il nuovo St. Regis Rome?
#LetInTheLight. Che non vuol dire solo inondarlo di luce, ma guardare sotto una luce attuale la sua storia e la sua eredità.

Se il St. Regis fosse un set, che storia ci ambienterebbe?
Immagino uno scenario che cambia spesso, sempre magnifico ed elegante, addirittura esasperato nella cura dei dettagli. A volte una scena d'azione fa quasi sparire lo sfondo in cui si svolge, ma appena finisce il set riemerge in tutta la sua bellezza per accogliere la prossima storia.

Si può dire che il St. Regis favorisce la Dolce Vita?
In Francia la chiamiamo “joie de vivre,” ed è un modo di prendere la vita, e di godersela giorno per giorno. Spero di essere riuscito a creare un posto in cui gli ospiti possono rallentare il ritmo e rilassarsi. Se trovano qui un'occasione per apprezzare le cose belle della vita, beh, la missione è compiuta!

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