CREATO PER THE INFORMATION LAB

Il successo di un'impresa: l’importanza della cultura del dato

(Getty Images/iStockphoto)

4' di lettura

Secondo il white paper “Data-driven Economies” del World Economic Forum, il 90% dei dati nel mondo è stato generato negli ultimi due anni. Questa crescita esponenziale offre enormi opportunità alle organizzazioni per ripensare alla governance, all'utilizzo, alla raccolta, alle tecnologie di gestione del processo sottostante ai dati, al fine di ottenere dei miglioramenti significativi nella produzione.


D'altronde, che i dati siano un asset fondamentale delle imprese è oramai assodato. Il paper di Ibm “The Rise of the Data Economy: Driving Value through Internet of Things Data Monetization” lo dice chiaramente: saranno la misura chiave per capire se un'impresa resterà rilevante attraversando la rivoluzione digitale. Nel framework dell'azienda di Armonk il ciclo di vita del dato è integrato, dai momenti della creazione a quelli dell'aggregazione, delle piattaforme, degli insight fino alla presentazione.

L'innovazione data driven per le imprese è anche sotto osservazione da tempo dalle grandi organizzazioni internazionali. Secondo l'Ocse le aziende, facendo leva sui dati, possono ottenere grandi performance, sia in termini di riduzione di costi che di creazione di valore. Tra gli esempi, l'ottimizzazione della catena del valore, un uso più efficace dei fattori di produzione, incluso l'utilizzo della forza lavoro, e relazioni con il cliente “su misura”.

E le ricerche confermano questa ipotesi: le imprese che sono più performanti sono anche quelle che hanno adottato pratiche di gestione dei dati più evolute.

Lo afferma McKinsey, che nell'articolo “Catch them if you can: How leaders in data and analytics have pulled ahead” riporta come nel 2019 il 46% delle imprese “top” in termini di risultati avevano inserito una figura di data leader nella C-suite team, cioè tra i dirigenti di primo livello dell'organizzazione, rispetto a solo il 27% delle altre.

La ricerca riporta differenze percentuali simili (sempre tra il gruppo di imprese “top” come risultati rispetto alle altre) anche in altri ambiti, quali l’offrire ampia disponibilità dei dati e di informazioni agli operatori di front-end, una cultura organizzativa che supporta test veloci basati su evidenze quantitative e infine la ricerca di competenze correlate ai dati nella selezione di profili sia di management che operativi. Tutti sintomi, driver o anche solo presupposti per diventare (o restare) leader.

Alcuni dei limiti principali che impediscono lo sviluppo delle organizzazioni verso strutture data driven risiede tuttavia anche nella cultura di approccio al dato. Se questi servono per decidere rapidamente, devono essere facilmente interrogabili anche da non esperti, rappresentati in maniera efficace, e mostrati in un contesto che permette di evidenziare gli elementi su cui porre attenzione.

Il passato, e per molte aziende ancora il presente, è la presentazione di report predefiniti, verticali, non integrati, che “fanno la fotografia” a situazioni antecedenti anche di giorni, settimane o addirittura mesi e che necessitano di interventi esterni per inserire nuove fonti o generare nuovi indicatori.

L'approccio della self-service analytics ribalta invece questa situazione: sono componenti che, messa al centro la governance, offrono strumenti di facile utilizzo direttamente nelle mani dell’ utente finale. Tutto questo accorcia i tempi di reporting, permette, laddove i dati esistono in real time, anche il loro utilizzo e rappresentazione senza inutili ritardi e in definitiva consente di tagliare uno dei costi aziendali occulti più significativi: quello dell'indecisione.

Il leader di questa filosofia è The Information Lab, gruppo fondato nel 2009 nel Regno Unito e che dal 2015 è presente anche in Italia con tre unit di consulting ed una Academy dedicata all'Analytics.

Consapevoli che la sola tecnologia non è sufficiente, The Information Lab fa leva anche sulla cultura aziendale come fattore abilitante per sviluppare appieno il potenziale delle aziende che ambiscono a diventare data driven.

I servizi offerti sono integrati e coprono ogni bisogno aziendale: dalla guida e supporto strategico nell'adozione della cultura Self-Service e Data-Driven al licensing, installazione e personalizzazione dei servizi IT; dalla formazione del personale (sia tecnico che legato alla data visualization e alla comunicazione) ad attività di engagement per sviluppare la community interna aziendale; fino ad attività di consulenza e sviluppo progettuale che coprono il ciclo completo della filiera del dato, dalla raccolta, alla gestione delle piattaforme fino alla advanced analytics, il dashboarding interattivo e l'automazione dei processi.

L'azienda, che opera nel nostro Paese in modo indipendente, è partner sia di Tableau, il principale brand mondiale del mondo degli analytics da poco acquisito da Salesforce, sia di Alteryx, leader nel mondo dell'automazione dei processi e della Data Science, sia infine di Snowflake, il primo datawarehouse e datalake marketplace nato completamente su cloud.

Ha 50 dipendenti, oltre 250 clienti in moltissimi settori ed il fatturato nel 2020 è stato superiore a 4 milioni di euro. I risultati hanno portato la società ad essere insignita del premio “Leader della crescita 2022”, recentemente assegnato dal Sole 24 ORE e Statista come una delle top 50 aziende italiane che hanno meglio performato, con un incremento medio annuo del giro d'affari nel triennio scorso che ha sfiorato il 100%.

The Information Lab, infine, sostiene diverse attività di inclusione nel settore della data economy. A partire dal programma formativo Data Academy, che prepara talenti (con background differenti) a carriere di successo nella data analysis, e Women In Data, un'iniziativa nata con l'obiettivo di ridurre il gender gap in professioni che, erroneamente, sono purtroppo ancora viste principalmente “al maschile”.

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