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Non cambia certo il corso della storia, ma il passaggio di consegne tra Indonesia e India, rispettivamente presidenza uscente ed entrante del G20, simboleggia l’impetuoso avanzare delle grandi economie emergenti sulla scena mondiale. Ai due Paesi asiatici farà seguito nel 2024 il Brasile (che già oggi integra la Troika) e poi il Sudafrica, un’inedita sequenza che distribuirà le carte delle discussioni su sfide collettive come cambiamento climatico, pandemie e stabilità economico-finanziaria.
Il Global South – sebbene sia difficile considerare meridionale la Russia, ma anche la stessa Cina – avanza sulle orme di illustri predecessori come il Terzo Mondo o il movimento dei non-allineati. Concetti e gruppi prodotti della decolonizzazione e dai contorni vaghi – pochi sanno che Terzo Mondo richiama il tiers état, né clero né nobiltà – e che conseguirono risultati tutto sommato modesti. Basti pensare al Nuovo Ordine Economico Internazionale, che a dispetto di qualche iniziativa come il fondo speciale per le commodity, non prese il posto della doxa delle istituzioni di Bretton come pietra angolare della crescita. Al contrario, i Paesi in via di sviluppo, con poche eccezioni, furono vittime sia di politiche economiche illiberali, sia dell’applicazione del Washington Consensus, col risultato di trovarsi afone al tavolo delle relazioni internazionali. La cooperazione Sud-Sud è un altro concetto di cui si trova traccia nei libri dei sapientoni più che nella vita quotidiana.
Nel XXI secolo le cose sono cambiate. Qualsiasi sia la metrica scelta – Pil o brevetti, soft power o investimenti – il Global South si è imposto sulla scena mondiale, recuperando e in molti casi superando il proprio peso prima della Grande Divergenza del XVIII secolo, allorché colonialismo, libertà individuali (relative) e progresso tecnico permisero all’Europa di allargare il divario con Cina, India e Russia. Una performance eccezionale, quella dei BRICS e degli altri emergenti più o meno grandi, che va ascritta a diversi fattori: pragmatica apertura dei sistemi economici che ha consentito di partecipare alla nuova divisione internazionale del lavoro (cioè le global value chains), cauta apertura politica per dare voce alle istanze meno sfidanti della classe creativa (professionisti, scienziati) essenziale per competere e elaborazione di posizioni comuni sulle sfide della modernità globale, in particolare su governance delle istituzioni finanziarie internazionali, commercio e cambiamento climatico.
Emblematica è la nascita nel 2009 del vertice politico dei BRIC (successivamente BRICS), otto anni dopo che il termine era stato coniato da Goldman Sachs per designare i mercati più promettenti in cui investire. Se non si può dire che da questi Summit siano venute proposte globali particolarmente innovative, sono serviti a cementare nuove alleanze e concretizzare iniziative come la New Development Bank e la Asian Infrastructure Investment Bank. Ambedue hanno sede in Cina e sono importanti per diffondere l’utilizzo della valuta cinese nelle transazioni internazionali.
Se il Global South, eterogeneo negli obiettivi e nelle risorse, era sicuramente uscito vincitore dalla crisi finanziaria, più difficile generalizzare per il periodo più recente. All’iniziale ammirazione per la gestione del Covid e il celere sviluppo del vaccino è subentrato grande scetticismo sui lockdown cinesi e sull’efficacia dei medicinali russi. Il rallenamento economico appare più marcato che in Occidente, ma la leadership, soprattutto di Xi Jinping, ma non solo, non ha intenzione di abbandonare «una visione marxista-leninista del mondo», in cui il politico, fatto di “lotta” e “combattimento”, prevale sull’economico (Kevin Rudd, «Financial Times», 22-23 ottobre). La diffusa convinzione che valori occidentali universali, in primis i diritti umani, indeboliscano gli Stati e la loro sovranità, ostacolando l’ascensione del Global South e la ridefinizione dell’ordine internazionale liberale, spiega anche la benevolenza che la Russia ha trovato all’indomani dell’invasione dell’Ucraina. Ne è testimonianza la rivendicazione di neutralità all’Onu dell’Uganda, attuale presidenza dei non-allineati.
In questo contesto, la Russia è diventata nel 2022 il primo fornitore di idrocarburi all’India e sono molteplici le richieste di altri emergenti desiderosi di integrare il gruppo dei BRICS. Del resto i modelli prevedono che alla fine del secolo un terzo del Pil mondiale verrà prodotto in India e un quinto in Cina («The Future of Global Economic Power», NBER WP 30556, novembre 2022).
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