Il tennis come un romanzo: addio al grande Gianni Clerici
Storico commentatore di Repubblica, aveva anche fatto da telecronista in coppia con Rino Tommasi
di Eliana Di Caro
3' di lettura
Le cronache e i commenti su Repubblica, le memorabili dirette in tv con Rino Tommasi, i libri: non c'è appassionato di tennis che non si sia imbattuto nelle descrizioni e nella voce di Gianni Clerici, morto a quasi 92 anni (li avrebbe compiuti il 24 luglio) a Bellagio. Uno scrittore prestato allo sport, aveva detto Italo Calvino. Ma non basta. Perché in Clerici c'era il gusto della battuta, l'acume dell'osservatore, la profonda conoscenza di uno sport che ha anche praticato con un certo successo, partecipando a Wimbledon (1953) e al Roland Garros ('54). Non stupisce che, nel 2006, sia stato inserito nella International Tennis Hall of Fame, secondo italiano dopo Nicola Pietrangeli.
Inviato al Giorno e poi a Repubblica
Dopo aver collaborato dal 1951 al 1954 alla Gazzetta dello Sport, e nel 1954 a Sport Giallo e al Mondo, Clerici nel 1956 era passato al Giorno come editorialista e inviato, per poi approdare alla fine degli anni 80 a Repubblica. L'eleganza british, l'umorismo folgorante che punteggiava le telecronache facevano il paio con la scrittura sapiente e allo stesso tempo leggera dello scriba, come si autodefiniva: un punto drammatico di un match tra Sampras e Agassi si alternava a un commento sulla mise della Sabatini, una volée acrobatica di Martina Navratilova si accompagnava a un rovescio magistrale di Edberg, per non parlare dei soprannomi – “piccola Penna” (Flavia Pennetta) o “Venere” (Venus Williams) – e dei tanti aneddoti. Dei suoi libri vanno sicuramente ricordati 500 anni di tennis (più volte ristampato da Mondadori), tradotto in Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Spagna e prezioso per i testi e le tante immagini anche dell'era più remota della racchetta; la biografia Divina. Suzanne Lenglen, la più grande tennista del XX secolo (Corbaccio, 2002), la sua biografia Quello del tennis. Storia della mia vita e di uomini più noti di me (Mondadori, 2015). Ma è autore anche di testi narrativi (la trilogia I gesti bianchi, 1995; la raccolta di racconti Una notte con la Gioconda, 2008; i romanzi Australia felix e 2084. La dittatura delle donne), di raccolte poetiche (Postumo in vita; Il suono del colore) e saggi storici (Mussolini. L'ultima notte).
In coppia con Rino Tommasi
Restano scolpiti nella memoria degli appassionati la voce e i commenti in tv nei tornei del Grande Slam (e non solo), in simbiosi con Tommasi che snocciolava numeri e statistiche; Clerici si soffermava sugli aspetti tecnici, stilistici e psicologici. Se riconosceva il fascino della terra rossa di Parigi, e non lesinava battute sul caos di Flashing Meadows, era Wimbledon - di gran lunga - il suo torneo preferito (non a caso all'erba inglese ha dedicato il libro Wimbledon. Sessant'anni di storia del più importante torneo del mondo, Mondadori 2013), sia dal punto di vista estetico sia da quello della competizione in sé. Se n'è andato nel giorno del 66° compleanno di Borg, sulla cui partita-fiume vinta contro McEnroe nel 1980 aveva scritto: «Sono stato tre ore e cinquantatré minuti senza fare la pipì. Non solo per questo, la finale mi è parsa indimenticabile. Prima di andar sotto, quella testa rossa e dura di Mac ha salvato qualcosa come sette match point. (…) L’Orso pareva bello fresco, e soltanto un’aria intenta, quasi accorata, ne tradiva l’affanno. Un falso rimbalzo, due passanti imprendibili, e Mac si ritrovava a fronteggiare due nuovi match point. Seguiva a rete, alla brava, volleava la violenta risposta di rovescio di Björn, e si buttava invano su uno spaventoso tracciante in cross. Baciava il sacro suolo ormai calvo d’erbetta, l’Orso». Ci mancherà questa scrittura, ci mancherà il suo talento... proprio alla vigilia dei 100 anni di Church Road.
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