Il trend degli Nft si sgonfierà
Dal record di 69,3 milioni di $ dell'opera con Nft di Beeple, l'arte digitale è bersaglio delle speculazioni. Un trend in crescita? Risponde Valentino Catricalà
di Silvia Anna Barrilà
4' di lettura
Da gennaio Valentino Catricalà è curatore alla Soda Gallery di Manchester e professore alla School of Digital Art, un nuovo progetto da 35 milioni di sterline della Manchester Metropolitan University, che rappresenta uno degli investimenti più importanti della Gran Bretagna in arte e tecnologia.
Cresce l'interesse nei confronti della digital art. Lei che la segue da molti anni, come giudica questa tendenza?
Anzitutto c'è da sottolineare l'ambiguità di questo termine “digital art”, che è tornato in auge adesso, ma non nuovo. È entrato nell'uso negli anni ’90, quando si è iniziato ad unire il suffisso “Art” a ogni tipo di tecnologia, dalla New Media Art alla Software Art alla Computer Art alla Net Art. Indicava opere create in digitale: installazioni interattive, opere di computer art. Poi è andato un po' sparendo e ha iniziato a significare siti di grafica digitale e 3D. È tornato in auge negli ultimi giorni per la Nft. L'Nft è fondamentalmente un certificato elettronico con un codice criptato e la firma dell'artista che attesta l'unicità e la proprietà dell'opera e, quindi, è applicabile alla Crypto art.
Ma qual è, allora, la terminologia corretta?
Digital art, che viene usato un po' per tutto e ora anche per le opere Nft, si basa troppo sulla tecnologia. Oramai stiamo superando la dialettica tra arte e tecnologia, siamo in un'era post-mediale. Per esempio, una volta esisteva la televisione, oggi ho uno schermo appeso al muro che è più simile ad uno smartphone, la guardo sul computer. I confini sono diventati labili.
L'Nft è un trend destinato a crescere?
Certo ci sono vantaggi legati alla possibilità di avere dati certi rispetto all'autenticità, ma sono convinto che l'hype di questo momento si sgonfierà. Adesso c'è l'effetto wow legato al record, ma al di là dell'entusiasmo starei attento a dire che ora cambia tutto, sicuramente crescerà, ma in fondo rimangono dei file e non credo che un mercato si possa reggere sulla compravendita di file. Rimarrà come un mercato parallelo, ma di nicchia.
Quali sono i limiti dell'arte digitale?
Innanzitutto, la riproducibilità, e poi il problema della sopravvivenza delle tecnologie, che si trasformano velocemente e divengono obsolete.
Ma un mercato dell'arte digitale esisteva già prima della Crypto Art?
No, si trattava di pionieri che compivano i loro esperimenti sostenuti dalle università e che gravitavano intorno a istituzioni e festival pionieri dell'ambito come Ars Electronica a Linz, lo Zkm a Karlsruhe, successivamente anche Rhizome a New York, soprattutto per quanto riguarda la Net Art. Il mondo dell'arte è sempre stato impermeabile, anzi scettico.
E adesso come si sta sviluppando il mercato?
Negli ultimi cinque o sei anni c'è stato un boom dovuto a un'evidenza: le tecnologie sono talmente pervasive, che i nativi digitali non fanno più differenza su dove inizia un media e finisce l'altro, per cui opere che usano l'intelligenza artificiale e la realtà virtuale sono entrate nel circuito tradizionale delle grandi gallerie e dei musei. Si viaggia su un doppio binario: la direttiva storica rimane nei festival, mentre la nuova generazione entra nel mercato dell'arte.
Come si stabilisce la qualità dell'arte in ambito digitale?
Il metodo è lo stesso dell'arte tradizionale dal Rinascimento ad oggi. Un artista è riconosciuto da un sistema formato da istituzioni, gallerie, critici. E non solo chi fa un'opera. Anche nel digitale il ruolo dell'artista rimane lo stesso. L'Nft sta creando anche un nuovo linguaggio artistico o, se non artistico, grafico. Non basta buttare un'immagine sui portali per avere successo, bisogna capirne il linguaggio. E le opere che hanno più successo sono proprio quelle che hanno un linguaggio riconoscibile e uniforme con la piattaforma.
E per le opere d'arte Nft?
Quello è un mondo che si sta strutturando ora. La cosa più innovativa in questo settore è il fatto che annulla qualsiasi mediatore: non ti serve né la galleria, né il notaio. Un'altra particolarità rispetto all'arte classica è che include la tecnologia, per cui dietro c'è il mondo dell'innovazione, che supporta questi artisti.
E che cos'è la Net Art?
È nata tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000 con una forte connotazione politica e anche di critica nei confronti del mercato dell'arte. Non c'era nulla né da vendere, né da comprare.
Un esempio?
Eva e Franco Mattes hanno realizzato un sito che copiava quello del Vaticano dirottando gli utenti ad una versione della Chiesa rivisitata in senso moderno. Poi, la Net Art si è riversata nella Post-Internet Art, che invece è tornata all'oggetto, creando oggetti ispirati al web e tornando in galleria.
C'è una corsa degli artisti per cavalcare questa tendenza?
Sicuramente. Un aspetto interessante è che tutti i grandi artisti grandi nel mercato dell'arte qui non valgono nulla, mentre artisti fino a poco tempo sconosciuti al mondo dell'arte, come Beeple, Blake Kathryn, Giant Swan, FEWoCIOUS, José Delbo, iniziano, invece, a conquistare valori molto elevati. Anzi, c'è una critica da parte del mondo dell'arte tradizionale che ha paura del cambiamento. Stanno nascendo anche gallerie virtuali, sebbene non sia necessaria alcuna intermediazione. Sono dei portali, come Foundation.app. Anche Christie's sta puntando su questo.
Questo sviluppo è legato alla pandemia?
Sicuramente, poiché la pandemia è stata un grande laboratorio del digitale, ha indotto ad un'accelerazione nella digitalizzazione che non c'era stata negli ultimi 30 anni.
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