Il trionfo del “cholismo” e il fascino segreto del catenaccio
di Dario Ricci
2' di lettura
LIONE - Intendiamoci: il bel calcio è un'altra cosa. Ma quello che esprime l'Atletico Madrid plasmato dal Cholo Simeone finisce pure per piacerti, sedurti, ammaliarti, come sempre accade quando vedi qualcuno fare proprio ciò per cui è nato. È difficile e strano da comprendere, certo, ma altrimenti non si spiegherebbe come in tanti, in tribuna a Lione, abbiamo dato per spacciata l'Olympique Marsiglia dopo appena 4 minuti, quando Germain s'è divorato il più clamoroso dei gol. Eppure in quel momento i biancocelesti di Rudi Garcia stavano producendo un calcio intenso, continuo, a tratti anche bello. Che sarebbe forse bastato contro molte altre squadre europee, ma non contro l'Atletico, che poco concede a se stesso e ancor meno agli altri. Ecco perché quella era una palla da non sprecare...
Destino segnato - Lo abbiamo capito subito - ed eravamo in tanti - che la finale di Europa League s'era spenta già alla sua alba. Perché quei gol contro la banda del Cholo non li puoi sbagliare. Perché quelli in maglia biancorossa di queste cose ci campano una stagione intera, succhiandoti le energie dalle gambe e dalla testa, facendoti affogare nei tuoi dubbi, scavando fino alle radici delle tue certezze. La prova? Il vantaggio siglato da Griezmann su banale erroraccio di Zambo Anguissa, fino a quel punto il migliore in campo. Il camerunense che perde palla, i biancorossi che con due passaggi e un tiro si ritrovano tutti a festeggiare il loro bomber (ormai a un passo dall'addio, destinazione Barcellona): la partita è finita lì, o poco dopo, quando Payet in lacrime ha lasciato il campo per infortunio. Forse solo il suo piede felpato (quello che aveva servito l'assist al bacio a Germain), avrebbe potuto cambiare un destino già scritto. Il raddoppio di Griezmann è arrivato con modalità simili, seppur meno roboanti (tutto è iniziato con il solito pallone recuperato a centrocampo), il 3 a 0 di Gabi è stato la Cassazione di un verdetto senza appello, e troppo severo per un Olympique che nel finale (già sullo 0-2) ha aggiunto anche il palo di Mitroglu alla lista dei rimpianti.
Meriti e palmares - Dal 2010 a oggi i colchoneros hanno vinto 3 Europa League e fatto 2 finali di Champions senza mai essere tra le Top10 dei fatturati; e dal 2009 i biancorossi e il Siviglia hanno vinto 3 Europa League a testa, sì proprio il trofeo durante il quale le italiane fanno turnover...Basti questo a rispondere alla lagna italica su bilanci, soldi, mancanza di campioni e varie. Poi ovvio ci vogliono idee e uomini: Simeone ha dimostrato di avere entrambi. Si guardi, per conferma, alla gara mostruosa interpretata dal trio Koke-Saul-Gabi, che hanno lentamente avvinto e soffocato i pariruolo biancocelesti, mollando la presa solo a missione compiuta. Ennesima risposta agli esteti del gioco. Il messaggio del Cholo è chiarissimo: dalle parti del Wanda Metropolitano il sacro mantra del bel football lo lasciano volentieri a chi inanella fatturati ben più pingui, presi come sono a entrare nell'aristocrazia del calcio continentale e a specchiarsi in una bacheca dei trofei, quella sì, sempre più ricca.
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