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Il turismo open-air va rafforzato con i servizi e più qualità

Le abitudini cambiano. I costumi evolvono. A nuovi tempi corrispondono sempre nuovi bisogni. Arriva la pandemia e tutto si ferma. Poi tutto riparte, ma in un modo diverso

di Marianna di Salle e Magda Antonioli

(IMAGOECONOMICA)

4' di lettura

Le abitudini cambiano. I costumi evolvono. A nuovi tempi corrispondono sempre nuovi bisogni. Arriva la pandemia e tutto si ferma. Poi tutto riparte, ma in un modo diverso. La ricerca del benessere e il contatto con la natura sono diventati sempre più centrali nelle nostre vite. Il bisogno di sicurezza ci ha fatto rivalutare le vacanze di prossimità. Abbiamo riscoperto il piacere dello sport praticato. Il desiderio di sperimentare cose nuove si è fatto pressante, insieme all’imperativo di poter essere sempre flessibili e indipendenti. Nel contempo, siamo sempre più sensibili ai temi della sostenibilità. Forse è per questo che l’industria dell’open-air (ovvero camping e villaggi turistici) ha retto meglio di altre all’impatto del Covid, attraendo nuovi segmenti di domanda e ritornando più velocemente a numeri da pre-pandemia.

Ma quali sono gli elementi distintivi delle vacanze open-air? Secondo un’indagine realizzata nel 2022 dal master in Economia e management del turismo dell’Università Bocconi in collaborazione con Faita FederCamping ed Ebnt, i turisti open-air rinnovano la propria predilezione per questo tipo di vacanza, la considerano piacevole, si dichiarano soddisfatti e, molto facilmente, la consigliano ai propri amici. La metà degli intervistati dichiara di andare in campeggio una volta all’anno e il 30% addirittura due o più volte all’anno. Ciò è vero soprattutto per chi ha figli piccoli perché camping e villaggi sono considerati una soluzione ideale per le vacanze in famiglia.

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Il mare è l’opzione preferita dai turisti open-air (83%) e, spesso, è anche la loro destinazione esclusiva per questo tipo di vacanza. Emergono però delle differenze in base alla provenienza, alla fascia di età e alla frequenza. Gli stranieri sono più propensi a considerare destinazioni alternative. I giovani prediligono i camping urbani. Chi si concede solo una vacanza all’anno sceglie sempre il mare, mentre i campeggiatori più appassionati non disdegnano l’Italia dei borghi, i laghi e la montagna.

In linea con i dati Istat sulla durata media del soggiorno (6,3 notti in camping e villaggi contro 3,1 e 4,4 in hotel e altre strutture extralberghiere), la vacanza open-air è una vacanza tipicamente lunga. Tra i campeggiatori meno assidui, la quota di coloro che scelgono le strutture outdoor per un fine settimana fuori porta è ancora bassa, eppure proprio l’offerta di short break immersi nella natura potrebbe diventare lo strumento per attirare nuove fette di pubblico.

Cosa significa esattamente andare in campeggio? L’indagine rivela che camper e tende non sono la scelta principale (25%) mentre sono case mobili, bungalow e altre unità abitative messe a disposizione dalle strutture a fare la parte del leone (65%): i campeggiatori 4.0 amano la comodità, il relax e il benessere tanto quanto l’essere immersi nella natura. Ed è per questo che, nell’open-air come in tutte le altre forme di turismo, i territori giocano un ruolo primario in termini di opportunità offerte (in particolare per le spiagge, l’enogastronomia, l’ambiente naturale e le attrazioni locali). A differenza di tutti gli altri turismi, però, nell’open-air stanno diventando sempre più centrali le strutture e i servizi proposti (soprattutto per quanto riguarda sport e wellness). Questa evoluzione della domanda richiede un adattamento dell’offerta: le aziende della ricettività all’aria aperta sempre di più investono in qualità e gamma di servizi, in sistemazioni ricettive attente al comfort e al design, in progetti di sostenibilità a 360° e in iniziative di digitalizzazione dei processi e delle attività.

Quali sono i numeri di questa industria e com’è stata la ripresa post-Covid? Camping e villaggi turistici rappresentano solo l’1,2% delle strutture ricettive italiane, ma – con una dimensione media di 505 posti letto – coprono il 26% della capacità ricettiva del Bel Paese. I turisti che nel 2021 hanno scelto strutture open-air per le proprie vacanze rappresentano l’11% degli arrivi e il 19% delle presenze turistiche in Italia, per lo più concentrate tra giugno e settembre (Istat).

Nonostante la generale forte contrazione della domanda, camping e villaggi hanno retto meglio all’impatto del Covid. Rispetto al 2019, grazie all’offerta di soluzioni indipendenti e a contatto con la natura, le presenze nelle strutture open-air si sono ridotte meno che nelle altre tipologie ricettive (-44% nel 2020 a fronte del -56% e del -46% registrati negli hotel e nelle altre strutture extralberghiere e -18% nel 2021 contro -40% e -27%). Questa maggiore capacità di tenuta del segmento open-air ha comportato che, tra il 2019 e il 2021, il peso relativo delle presenze in questo tipo di strutture passasse dal 15% al 19%. Una delle ragioni della crescita si può far risalire ai nuovi segmenti di domanda che, attratti da strutture moderne capaci di coniugare natura e comfort, si sono avvicinati per la prima volta a questa forma di vacanza.

Si stima che nel 2022 il turismo open-air sia tornato ai livelli del 2019, recuperando per intero la componente internazionale, e – per l’estate 2023 – si prevedono presenze superiori al 2019 (Osservatorio Outdoor Human Company e Thrends).

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