L’arte al plurale

Il Turner premia il collettivo nordirlandese Array Collective

Il riconoscimento cambia pelle, dopo aver selezionato 5 gruppi artistici, la giuria assegna le 25.000 sterline a un’utopia sui diritti umani raccontata in un pub senza licenza

di Marilena Pirrelli

5' di lettura

Il collettivo di attivisti nordirlandesi Array Collective ha vinto il Turner Prize 2021 con un “pub senza licenza”. È stato selezionato in una rosa di cinque gruppi artistici attivisti. L’annuncio, come consueto, la sera del 1° dicembre alla cerimonia nella cattedrale di Coventry: Array Collective, il gruppo di Belfast (nella foto), sono i primi artisti dell’Irlanda del Nord a portarsi a casa l’ambito premio della Tate sin dalla sua nascita nel 1984. Il collettivo riceverà 25.000 £, mentre ulteriori 10.000 £ verranno assegnati agli altri quattro collettivi selezionati: Cooking Sections, Black Obsidian Sound System, Project Art Works e GentleRadical . È la prima volta che il premio presenta solo gruppi artistici attivisti. Le opere di cinque collettivi sono attualmente in mostra alla Herbert Art Gallery di Coventry, Città della Cultura del Regno Unito 2021, fino al 12 gennaio 2022.

La giuria che ha assegnato il titolo era composta da Aaron Cezar, il direttore della Delfina Foundation, Kim McAleese, il programma direttore di Grand Union, l’attore e collezionista Russell Tovey e Zoe Whitley, la direttrice della Chisenhale Gallery. La giuria è presieduta da Alex Farquharson, direttore della Tate Britain.

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Array Collective - Photo by David Levene

La nuova utopia

Il curatore della mostra, Hammad Nasar, ha celebrato le opere per la loro capacità di agire: “Gli artisti in mostra non si accontentano di notare le cose del mondo e di indicarle a noi attraverso opere che vivono all’interno di musei e gallerie”, ha spiegato “sono invece impegnati nella costruzione di utopie tascabili, esercizi nel mondo reale che dispiegano l’immaginazione artistica per proporre futuri nuovi, più uguali e più pieni di speranza”. Un percorso di arte attiva capace di indicare strade e rimuovere ostacoli.

Array Collective lavora insieme dal 2016, motivati ​​dal “crescente impegno sulle questioni relative ai diritti umani” nell’Irlanda del Nord e oltre. Il gruppo è stato fondato “per recuperare e rivedere le idee dominanti sull’identità etnico-religiosa nel paese”, ed è composto da Sighle Bhreathnach-Cashell, Sinead Bhreathnach-Cashell, Jane Butler, Emma Campbell, la triestina Alessia Cargnelli, Mitch Conlon, Clodagh Lavelle, Grazia McMurray, Stephen Millar, Laura O’Connor e Thomas Wells.

La giuria ha premiato Array Collective per il modo in cui “è stato in grado di tradurre il proprio attivismo e i propri valori nell’ambiente della galleria, creando una mostra accogliente, coinvolgente e sorprendente”. Il collettivo ha raggiunto questo obiettivo trasformando il tradizionale white cube della Herbert Art Gallery di Coventry in un pub irlandese non regolare: un síbín, o meglio un shebeen, originariamente un bar o pub in cui le bevande alcoliche soggette ad accisa venivano vendute senza licenza, in sostanza un “pub senza licenza” nato in Irlanda all’inizio del XVII secolo. Ma il síbín, affermano dal collettivo, “è un luogo per riunirsi al di fuori delle divisioni settarie”. Alla scena rappresentata nel síbín si entra attraverso un cerchio di aste portabandiera, un riferimento agli antichi cerimoniali irlandesi legati ai siti sacri, all’interno accessori insoliti per un pub di Belfast, manifesti creati ad hoc sulle pareti e bandiere pendono dal soffitto, la birra c’è ma il divertimento è riprodotto in un video che mostra una notte di divertimento performativo. Il messaggio è evidente: Belfast si lasci alle spalle il suo passato e si unisca. Alle pareti del pub un poster rosa con una donna con i tacchi alti, seduta su una sedia a rotelle. “Tutti i tipi di persone hanno bisogno di aborti”, dice in un fumetto. Una bandiera è cucita con la parola REPEAL (Abrogazione). I progetti recenti del gruppo includono opere d’arte pubbliche a sostegno della depenalizzazione dell’aborto in Irlanda del Nord, della discriminazione legislativa della comunità queer e la partecipazione alla mostra collettiva «Jerwood Collaborate!» a Londra.

Cooking Sections - Photo by Doug Peters PA Wire

I gruppi in gara

In competizione per il premio c’erano anche Cooking Sections , un duo con sede a Londra che ha lavorato a lungo nell’isola di Skye, in Scozia, e che quest’estate ha esposto «Salmon: A Red Herring» alla Tate Modern: una denuncia contro l’industrie della pesca in Scozia attraverso proiezioni di allevamenti ittici circolari concentrate sui mali dell’allevamento intensivo del salmone e le sue modificazioni genetiche. Il duo ha promosso una campagna nelle gallerie del Regno Unito per eliminare il salmone dai loro menu ottenendo l’atenzione della Serpentine e della Tate. Poi c’è il Black Obsidian Sound System (BOSS) di Londra, un gruppo di QTIBPOC - Queer, Trans e Intersex Black e People of Colour - riunito nell’estate 2018 per “seguire le eredità della cultura del sound system”, dove musica e cultura alternativa si incontrano. La performance alla Herbert Art Gallery ha avuto una precedente esposizione con un’installazione audiovisiva al FACT di Liverpool all’inizio dell’anno commissionata dalla Biennale, è ha l’ambizione di sacralizzare l’evento sonoro.

B.O.S.S. - Photo by David Levene

Il Project Art Works, con sede a Hastings, ha portato in mostra opere per lo più dipinte da artisti neurodiversi; espressioni creative di persone con problemi di salute mentale, autismo, difficoltà di apprendimento e altre disabilità intellettive. Accatastate al centro dello spazio espositivo mostrano come non tutta l’arte ha diritto di cittadinanza. Infine, Gentle/Radical, collettivo di Cardiff nato nel 2017, ha una forte ambizione inclusiva.“Lavorano in contesti comunitari piuttosto che negli spazi culturali tradizionali per incontrare coloro che sono abitualmente esclusi dalle arti” afferma il collettivo. L’opera presentata al Turner include lavori video, elementi cantati, testi scritti a mano e stampati con una serie di riflessioni su come ci relazioniamo e ci testimoniamo l’un l’altro, nei momenti sia di difficoltà e alcune domande: come alleviamo i bambini al di fuori della famiglia nucleare? Come manteniamo gli spazi per il dolore e la perdita? Come si manifestano tra noi le molteplicità della diaspora palestinese?

Project Art Works - Photo by Doug Peters- PA Wire

Gentle Radical - Photo by David Levene

La svolta

Chiara la conclusione della giuria: l’arte del singolo è un retaggio del passato. L’arte del presente è collettiva. Infatti se sino a poco tempo fa il Turner Prize rappresentava il coronamento della carriera di un artista ed è stata una piattaforma mainstream per un’intera generazione di autori britannici che hanno conquistato il successo da Damien Hirst nel 1995, a Gillian Wearing nel 1997 e Steve McQueen, ora il mondo è cambiato: ha bisogno di azioni collettive, così come l’arte. Le opere segnano un evoluzione del Turner Prize, e forse per il ruolo dell’arte nel suo insieme nella moderna Gran Bretagna. I musei e le gallerie sono ancora dove si trovano, si chiede la mostra, o dovremmo guardare più a fondo?

La decisione di premiare gli attivisti ha innescato un dibattito. Il Turner Prize che premia un artista nato, residente o che lavora in Gran Bretagna per un’eccezionale mostra o presentazione pubblica del proprio lavoro fatta in qualsiasi parte del mondo l’anno precedente, ha iniziato a cambiare nel 2015, quando il collettivo londinese nato nel 2010 Assemble, che opera tra architettura, design e arte, è stato il primo gruppo a ricevere il riconoscimento. Ma il cambiamento si è accelerato nelle ultime due edizioni, quando il premio non è stato assegnato un solo vincitore assoluto. Nel 2019 i quattro finalisti hanno messo in scena una sorta di ribellione pubblica annunciando alla cerimonia di premiazione che avrebbero preferito condividere il premio in denaro in parti uguali, piuttosto che vedere vincere un solo artista. E nel 2020, la pandemia ha effettivamente reso impossibili le mostre, spingendo la Tate a cancellare completamente il premio e distribuire equamente 100.000 £ tra 10 artisti selezionati.

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