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Il Vaticano e le sue ricchezze: ecco quanto fruttano i beni mobili e immobili

Nel 2022 il patrimonio immobiliare ha reso 52,2 milioni (+31,4 milioni), quello mobiliare segna -6,7 milioni. Gestite in Italia 4.072 unità e versati in forma diretta e indiretta all’erario 6,05 milioni per l’Imu e 2,91 milioni per l’Ires

di Carlo Marroni

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4' di lettura

Il Vaticano e il suo patrimonio immobiliare. Per i vertici della Santa Sede la percezione dell’opinione pubblica sull’immensità delle ricchezze papali è una leggenda ma i numeri, in effetti, sono abbastanza consistenti. Palazzi di pregio nel centro storico di Roma, palazzine nelle zone residenziali, terreni. Valori importanti, da cui vanno tolti gli immobili strumentali inalienabili – le sedi dei dicasteri in Piazza Pio XII o il complesso di San Calisto a Trastevere e naturalmente le basiliche - e quindi non valutabili.

Il dicastero del patrimonio

L’Apsa – il dicastero del “patrimonio”, che al netto delle passività ammonta a 2,8 miliardi da bilancio - complessivamente gestisce in Italia 4.072 unità immobiliari per un totale di quasi un milione e mezzo di metri quadrati. Fra queste 2.734 sono sue, e 1.338 di altri enti.

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Tra le unità dell’Apsa 1.389 sono ad uso residenziale, 375 ad uso commerciale 717 sono pertinenze e 253 sono quelle a redditività ridotta. Anche all’estero i numeri sono tutt’altro che irrilevanti: oltre 1.100 unità immobiliari, mentre in Italia il 92% degli immobili è in provincia di Roma, e in particolare nelle aree adiacenti lo Stato.

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La rendita degli immobili

Ma quanto frutta questo patrimonio? Nel 2022 ha reso bene, 52,2 milioni di euro, in crescita di 31,4 milioni, e un dato importante deve essere tenuto presente: solo il 19% è locato a condizioni di libero mercato, il 12% a canone agevolato e il 69% a canone nullo.

Meno bene è andata per la gestione del patrimonio mobiliare: gli investimenti finanziari gestiti dall’Apsa ammontano al 31 dicembre 2022 a circa 1,777 milioni di euro, e comprendono sia la gestione della proprietà che la gestione di terzi (enti della Santa Sede o ad essa collegati, tra cui la Segreteria di Stato, a seguito della nota vicenda del palazzo di Sloane Avenue): questo comparto ha visto una perdita di 6,7 milioni di euro, rispetto a quello positivo realizzato nel 2021 di 19,85.

Ciò ha portato a una differenza di -26,55 milioni di euro rispetto al 2021. L’Apsa gestisce anche altre attività, nelle quali sono ricompresi i costi relativi al funzionamento dell’intera struttura, tra cui la Peregrinatio ad Petri Sedem. I costi di gestione sono saliti da 10 a 13 milioni di euro.

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Il bilancio 2022

L’Apsa ha da poco pubblicato il bilancio 2022, una pratica inaugurata da tre anni dal presidente, il vescovo Nunzio Galantino. L’Apsa, ha contribuito lo scorso anno con 32,27 milioni di euro alla copertura del fabbisogno della Curia Romana, in leggero calo rispetto all’anno precedente, per 38,1 milioni.

Un contesto difficile, scrive Galantino: «Sotto il profilo economico l’esercizio 2022, a seguito del periodo pandemico, è stato caratterizzato dalle conseguenze negative finanziarie ed economiche derivanti dal conflitto tra Russia ed Ucraina. Inoltre, come già si intuiva dai primi mesi dell’anno, si sono verificati fenomeni di spinta inflattiva e di notevole rialzo dei costi per l’energia che hanno avuto ripercussioni negative sui risultati gestionali delle varie aree di attività dell’Apsa».

Meglio sul fronte immobiliare

Quindi le cose sono andate meglio sul fronte immobiliare, grazie anche alla ripresa post-Covid, e meno bene per quello finanziario: per questo comparto si è ritenuta «maggiormente congrua una allocazione strategica conservativa del portafoglio, caratterizzata da una contenuta esposizione azionaria (di circa il 25%, inclusa la componente degli alternative assets)».

Ma anche «una ridotta scadenza media del comparto obbligazionario di circa 4/5 anni e da un elevato livello di liquidità precauzionale», sia per far fronte ai futuri e incerti impegni finanziari della Santa Sede che «ai cambiamenti di governance, legati anche alla nuova Costituzione Apostolica».

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I miglioramenti in atto

Nella relazione è descritto il piano triennale che l’Apsa ha adottato per migliorare ulteriormente le metodologie di lavoro e migliorare i risultati. A compimento delle iniziative messe in cantiere si stima che potranno essere conseguiti benefici complessivi pari a circa 55,4 milioni di euro. In particolare, si sta lavorando alacremente al progetto “Sfitti a rendere”, per la progressiva diminuzione del numero degli immobili sfitti.

Il progetto, articolato in due maxilotti, il primo dei quali completato, ha portato finora alla ristrutturazione di 79 unità immobiliari in cattivo stato manutentivo, per i quali è già iniziata la fase di commercializzazione. Nel secondo maxilotto, avviato da poco, si procederà con altre 61 unità. Si cercherà anche di alienare alcuni immobili a bassa redditività.

Le priorità nella gestione

Nella gestione del patrimonio l’Apsa applica «criteri di proporzionalità e progressività raccomandati dal Santo Padre». Infatti – si legge nella relazione allegata al bilancio - è anche grazie agli affitti a prezzo di mercato riscossi sugli immobili di prestigio posseduti a Parigi e Londra che è possibile concedere in comodato d’uso gratuito all’Elemosineria apostolica una struttura come Palazzo Migliori, dove trovano accoglienza, a due passi dal Colonnato di San Pietro, i senza fissa dimora ospitati dai volontari della Comunità Sant’Egidio.

Inoltre con l’acquisto di un immobile nei pressi dell’Arco di Trionfo a Parigi, grazie alla mediazione della Sopridex, il venditore ha indirizzato una parte del ricavato di quest’operazione per la costruzione di una chiesa in una banlieue parigina. Per il patrimonio in Italia l’Apsa ha versato per il 2022 in forma diretta ed indiretta all’erario 6,05 milioni di euro per l’Imu e 2,91 milioni per l’Ires.

Il bilancio, scrive Galantino, è composto da pagine che «nutrono un’ambizione: fare chiarezza in un ambito, quello dell’amministrazione e della gestione, che vive di competenze, di lealtà e di trasparenza; ma anche di fiducia, come affermava il grande economista Antonio Genovesi, già nel Settecento».

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