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«Il vero malato d’Europa è la Germania: i Paesi del sud più efficienti»

Parla Gregor Hirt, responsabile investimenti multi-asset di Allianz Global Investors

di Maximilian Cellino

3' di lettura

«Il vero malato d’Europa? È la Germania». Le pressioni del mercato si riversano sul debito dei Paesi periferici, lo spread italiano torna in particolare a farsi minaccioso, ma Gregor Hirt ha la sua particolare visione, che sembra in apparente controtendenza, dell’attuale momento caratterizzato dal rallentamento economico, da tassi elevati per una politica monetaria che resta aggressiva in un contesto di nuove tensioni geopolitiche. «Per anni - spiega il responsabile degli investimenti multi-asset a livello globale di Allianz Global Investors che Il Sole 24 Ore ha incontrato a Berlino all’appuntamento annuale che l’asset manager tedesco dedica alla stampa - la Germania ha saputo approfittare di un pasto gratis che le è stato regalato da una parte dal gas a basso costo proveniente dalla Russia, dall’altra dalla forte accelerazione della Cina, nei confronti della quale è uno dei principali esportatori. Ora che questi due fattori sono venuti meno emerge un Paese che in nome della filosofia di non creare debito ha per anni trascurato gli investimenti che servono a promuovere la crescita nel lungo termine». Il confronto va in ogni caso ai Paesi del sud Europa «che hanno invece affrontato difficili riforme e sono nel frattempo diventati più efficienti: mi riferisco in particolare a Portogallo e Spagna, ma anche Grecia e Italia».

Eppure il mercato non sembra riconoscere questi sforzi, come si spiega?

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Non sono stati compresi anche perché siamo prigionieri dei pregiudizi del passato, quando il denaro proveniente dall’Europa del Nord è stato spesso utilizzato in modo errato. Gli esempi recenti dimostrano invece che sono stati fatti passi avanti significativi in termini di infrastrutture e flessibilità, ma servirà tempo per cambiare questa percezione e anche l’atteggiamento stesso della Bce non aiuta a superare il problema.

A cosa si riferisce?

La Banca centrale, come l’Europa stessa, è nata come compromesso politico: paesi come Francia e Italia avevano la tendenza a svalutare le proprie divise per riguadagnare competitività e serviva una stabilizzazione. Il risultato è stato un istituto centrale con un orientamento determinato essenzialmente dalla Germania e dal suo rigore monetario, ma ora la sua comunicazione è diventata molto più volatile, non va in nessuna direzione, e questo non è certo positivo.

Perché?

Sostenendo che le decisioni future sui tassi dipendono ancora dai dati in arrivo genera confusione negli investitori, che invece hanno bisogno di segnali chiari. Sarebbe meglio dire che non si accetterà che le aspettative di inflazione a medio lungo termine salgano: questa è la direzione, punto e basta.

Questo significa anche che vede ulteriori rialzi dei tassi in arrivo?

Occorre essere molto chiari, perché l’Europa è diversa dagli Stati Uniti dove il mercato del lavoro molto più flessibile. Da noi l’economia si sta indebolendo e allo stesso tempo le discussioni sui salari vanno avanti, creando un circolo vizioso che può essere pericoloso, visto il livello di debito di molti Paesi europei. La Bce deve agire per fermarlo e per questo aumenterà il costo del denaro ancora una o due volte.

Gli investitori non sembrano aspettarselo, teme contraccolpi sui listini?

Abbiamo già assistito in realtà a un aumento dei rendimenti sull’obbligazionario, adesso è necessaria un po’ di pulizia dal lato azionario dove le valutazioni devono scendere per riflettere la recessione in arrivo e si sono già visti segnali di correzione. Più in generale siamo di colpo passati da anni in si parlava di Tina, there is no alternative, perché non esistevano appunto alternative all’investimento in azioni a una fase in cui la liquidità è tornata interessante che abbiamo definito Cia, cash is alternative. Stiamo aspettando il salto ulteriore al momento del bond is alternative, Bia.

Quando arriverà?

Per adesso il mercato teme in modo eccessivo le mosse delle Banche centrali ed è focalizzato quasi esclusivamente su queste. Occorreranno alcuni mesi per convincerlo a concentrarsi su altri fattori fondamentali, solo in quel momento tornerà la correlazione inversa fra azioni e bond che si è di nuovo perduta.

Si accennava in precedenza alle tensioni geopolitiche, quali le conseguenze vede per i mercati a causa degli eventi in corso in Palestina?

Il conflitto rischia di protrarsi a lungo e anche le implicazioni sugli asset di investimento potrebbero richiedere più tempo per manifestarsi. In un contesto di crescente incertezza i beni rifugio potrebbero registrare buone performance, mi riferisco in particolare all’oro che negli ultimi mesi aveva subito una flessione a causa della preferenza degli investitori per Treasury Usa e dollaro e che continuiamo a sovrapesare nei nostri portafogli, ma anche il franco svizzero potrebbe riacquistare il suo status di porto sicuro in tempi di stress di mercato.

Riproduzione riservata ©
  • Maximilian CellinoRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: italiano, inglese, tedesco

    Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario

    Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione

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