Il viaggio dentro la sostenibilità parte da un'etichetta
Con un clic da smartphone oggi un abito può rendere trasparente la sua storia. Grazie allo smart tagging, un ponte fra brand e consumatore.
di Alexis Paparo
2' di lettura
Prendere lo smartphone, avviare la fotocamera, inquadrare il QR code e vedere aprirsi un mondo. Nell'ultimo anno questo gesto è diventato familiare a molti, soprattutto al ristorante. La tecnologia del quick response code (abbreviato in QR code) è nata nel 1994 in Giappone e ha continuato a vivere in questi anni un po' sotto traccia, ma l'abitudine, oggi molto più diffusa, a utilizzarla potrebbe essere uno dei lasciti più interessanti della pandemia. In un momento in cui il consumatore chiede ai brand di mostrare l'autenticità, la trasparenza, la tracciabilità dei loro prodotti e della loro filiera, il QR code declinato sull'etichetta di un capo o di un oggetto può rispondere nel modo più immediato, ragionato e personalizzato possibile. Il risultato non è a senso unico: un abito connesso diventa il mezzo attraverso cui marchio e utente finale possono avviare un dialogo, un rapporto diretto.
Da tempo How to Spend it sostiene che il vero lusso è sinonimo di trasparenza; così, nel numero di Febbraio, ha esplorato l'universo dello smart tagging attraverso una speciale etichetta “demo” progettata insieme a Certilogo , la piattaforma che applica l'intelligenza artificiale alla verifica dell'autenticità di un prodotto attraverso lo smartphone. Il QR code si trova a pagina 15 del giornale, e qui sotto, ed è un invito a provare l'esperienza in prima persona. Le possibilità sono molteplici: la storia di un capo si può verificare dopo o prima dell'acquisto, sia che il prodotto si trovi in negozio sia online. Se ne possono scoprire dettagliatamente i materiali e la loro provenienza, ricostruendone così il ciclo di vita. Oppure si può rispondere a una call to action del marchio, che magari può invitare il cliente a portare in negozio un vecchio capo per riciclarlo a fronte di uno sconto, o di scattare una foto con il prodotto appena comprato e ottenere in cambio un sustainability badge da condividere sui propri social.
Secondo il report La resilienza digitale nel settore fashion-luxury: tecnologie, trend e strategie per le sfide future delle imprese del settore in Italia, condotta tra settembre ed ottobre 2020 da Sda Bocconi con il patrocinio di Confindustria Moda e la collaborazione di Certilogo e BeSight, circa il 60 per cento delle aziende italiane ha già adottato questa tecnologia per la tracciabilità interna della filiera produttiva. Di queste, più della metà sta sviluppando soluzioni integrate rivolte ai clienti finali. Insieme alla crisi, la pandemia ha innescato un cambio di passo verso uno stile di vita sostenibile da cui difficilmente si tornerà indietro. Secondo il recente studio Why ethical fashion brands are future-proof (https://www.londonresearch.com/resources) di Trustpilot in collaborazione con London Research, in media quattro consumatori su cinque vengono influenzati dalle scelte etiche del fornitore. In Italia, il 92 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere pronto a smettere di acquistare prodotti legati a brand che si dimostrano carenti dal punto di vista degli standard etici. In assoluto, il 54 per cento ha confermato di aver tenuto conto dei criteri di sostenibilità sociale e ambientale al momento dell'acquisto. Ed è proprio qui, dall'etichetta, che può partire un nuovo patto etico.
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