Londra

Il Victoria & Albert Museum mette in mostra l’arte depredata

Nel 1996 giunse alla Biblioteca la lista dell'“arte degenerata” confiscata dai Nazisti nei musei tedeschi. Primo ente ad avere un Provenance Curator

di Laura Traversi

The Rosalinde and Arthur Gilbert Collection at the V and A (The Rosalinde and Arthur Gilbert Collection on loan to the Victoria and Albert Museum, London)

4' di lettura

Nel 1996 due volumi davvero speciali pervennero alla V&A National Art Library del Victoria and Albert Museum di Londra. All'interno di un'anonima legatura degli anni ’60, un ordinato dattiloscritto altro non era se non la lista completa dell' “arte degenerata confiscata dai Nazisti nei musei tedeschi. Proveniva dalla vedova di Harry Fischer (Heinrich Robert), insieme a molti libri del coniuge defunto.

Chi era quell'uomo? Fuggito da Vienna approdò a Londra nel 1939, combatté nell'esercito britannico e poi fu tra i fondatori della mitica Marlborough Fine Art Gallery (dal 1946). «Rimane un mistero come abbia avuto questa lista» dichiarano i ricercatori del museo. Ne esistono altre due versioni parziali (uno solo dei due volumi) presso gli archivi federali tedeschi ( Das Bundesarchiv ). Quella del V&A pertanto costituisce una testimonianza capitale sulle 16.000 opere sequestrate, che solo in minima parte furono esposte nella nota “Mostra sull'arte degenerata” (Berlino, 1937).

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Maximilian von Goldschmidt-Rothschild Institut für Stadtgeschichte Frankfurt am Main. Snuffbox with monogram LM (The Rosalinde and Arthur Gilbert Collection on loan to the Victoria and Albert Museum, London)

Monuments Men
Già nel dopoguerra era di casa al V&A anche uno dei “Monuments Men”, lo specialista di argenti John Hayward (1916 – 1983) e il museo è sempre stato in prima linea nelle ricerche e restituzioni di beni sottratti dai Nazisti alle famiglie e alle istituzioni ebraiche del continente tra 1933 e 1945. Ai quali vanno idealmente aggiunti i tanti beni sottratti e mai documentati, di persone e comunità sia ebraiche che non, di tutti gli altri paesi europei toccati dall'espansione del Terzo Reich.
Con una simile tradizione di impegno civile, non c'è da sorprendersi che il V&A – parallelamente a mostre temporanee come «CARS» e «Mary Quant» abbia preso un'iniziativa meno visibile ma assai significativa per affrontare certi nodi ancora irrisolti della storia (quasi) recente. Si tratta dell'esposizione “ Storie nascoste. Scoprire la storia del saccheggio nazista ” curata da Jacques Schuhmacher (curatore della provenienza e spoliazione della Rosalinde and Arthur Gilbert Collection) che affronta il tema nel blog del museo, e Alice Minter (curatore The Rosalinde and Arthur Gilbert Collection) e aperta fino al 10 gennaio 2021, non a caso un periodo decisamente lungo per una mostra. Con un tour il 6 febbraio la stessa Minter racconta le “Storie nascoste” di otto collezionisti ebrei e delle loro famiglie durante gli anni del Nazismo e il 29 marzo i curatori danno appuntamento, già sold out, con una serata “Dinner and a Movie: The Monuments Men” con la possibilità di dialogare sul tema delle restituzioni.

Eugen Gutmann (1840 – 1925) , Bundesarchiv Berlin. Snuffbox with portrait of a lady (The Rosalinde and Arthur Gilbert Collection on loan to the Victoria and Albert Museum, London)

La storia delle origini
In un piccolo pieghevole dorato - gratuito come l'accesso alla mostra e a tutto il museo - un foglio che risulta al contempo sobrio, elegante e drammatico, sono riportate le fotografie dei precedenti proprietari di otto oggetti (su 1.200) studiati dai curatori della Gilbert Collection e del V&A, ricostruendo una porzione della “provenance” ignota al momento dell'acquisizione dei Gilbert. La collezione Gilbert, collocata dal 2008 al V&A (precedentemente al Los Angeles County Museum of Art ) per donazione o prestito dei coniugi Rosalinde e Arthur (nato Bernstein, da un pellicciaio ebreo di origine polacca), è ospitata nelle sale 70-73. È costituita da oltre 1.200 oggetti in argento, oro, pietre preziose, pietre dure, madreperla, ecc. Realizzati in tecniche di enorme fascino, sono espressione compiuta di quel “craftsmanship” che, lungo un percorso di secoli o migliaia di anni di arte e artigianato, in tanti paesi europei (Austria, Fiandre, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, ecc.) .
L'attenzione ai passaggi di proprietà è divenuta maggiore e più completa negli ultimi decenni – grazie anche alle basi dati custodite in archivi dell'Est europeo, di Stati Uniti oltre che del Regno Unito - mentre, come ricordano i curatori, durante il boom collezionistico degli anni ’60 e ’70 del Novecento, eventuali lacune nella storia della proprietà non erano avvertite come una preoccupazione. E questo paradossalmente successe anche ai Gilbert, essi stessi figli di ebrei immigrati in quel tragico periodo.

L’innovazione curatoriale
Il Museo è il primo del Regno Unito ad essersi dotato di un Provenance Curator dedicato (dal 2018), collocandosi all'avanguardia della ricerca attiva in questo campo “minato”. Una delle domande cui si vuole rispondere è: come ricerchi qualcosa che non vuole essere trovato? Sono messe in evidenza otto storie di famiglie che hanno perso tutto sotto il Nazismo. Le vicissitudini patite in primo luogo dalle persone e poi dalle collezioni, in tutto o in parte (tra sequestri, deportazioni, vendite, dispersioni, distruzioni e divisioni ereditarie), non hanno consentito di ricostruire completamente attraverso quali mani siano passati otto pezzi della loro collezione, ad esempio tutti i precedenti proprietari e/o gli eventuali eredi. Così la mostra accende un faro su certe lacune, sperando di completare l'inquietante storia di oggetti di cui non si conosce per intero la provenance history.

(The Rosalinde and Arthur Gilbert Collection on loan to the Victoria and Albert Museum, London)

I pezzi in mostra
Abbastanza stupefacente il cancello in argento dorato e ferro proveniente da un monastero ucraino (ca. 1784, Kiev) che l'importante dealer J. Falk Goldschmidt vendette a Londra, dopo la fuga seguita alla confisca dell'impresa di famiglia, tra Berlino e Francoforte, nel 1937. La bella scatola smaltata in rosso è stata del banchiere Goldschmidt-Rothschild, che fu obbligato a vendere la sua collezione ai Musei di Francoforte nel 1938, ma fu restituita alla famiglia dopo la guerra (1949) e acquistata dai Gilbert nel 1979 ignorandone la sua provenienza illegale. Un'altra scatola invece è stata rintracciata nel vecchio Catalogo (1912) della collezione del banchiere di Dresda Eugene Gutmann (1925). È noto che il figlio fu costretto a spedire la collezione a Monaco ma, dopo la sua deportazione e morte a Theresienstadt, l'oggetto è riemerso sul mercato, nel 1983.
Il museo è in prima linea nel rispondere con scientificità ed eccellente “common sense” britannico ad un'esigenza che, non così infrequentemente, gli addetti ai lavori, sia istituzionali che operanti sul mercato dell'arte, possono trovarsi ad avere.
In un museo di 2,3 milioni di oggetti, già definito amabilmente da uno dei suoi direttori (Roy Strong) “una borsetta estremamente capiente” le meritorie indagini in corso sono aperte alla riscoperta di altri casi speciali. In chiusura, va ricordata anche la presenza sul sito della National Gallery di Londra di una lista di opere di provenienza non integralmente accertabile, lungo quel tragico ventennio, rese note a partire dal 1999 attraverso The Art Newspaper, e mai reclamate fino al 2018.
Concealed Histories: Uncovering the Story of Nazi Looting sul sito del Victoria & Albert Museum South Kensington, ci ricorda che le restituzioni in Gran Bretagna sono materia di un apposito advisory panel governativo .

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