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Il virus non taglia i portafogli

di Daniela Russo

(AFP)

3' di lettura

Cresce il portafoglio della clientela dei private banker in Italia. Tra settembre 2019 e lo stesso mese del 2020, infatti, si registra un incremento dell’1,9%, con volumi che passano da 862 miliardi di euro a 879. Dalle più recenti rilevazioni Aipb, l’Associazione italiana private banking, emerge che il settore ha recuperato i livelli del 2019.

Ma l’industria private è in piena trasformazione. Da un lato la spinta verso l’adozione di strumenti sempre più tecnologici e digitali, dall’altro la sfida delle competenze e delle professionalità, che si traduce in formazione continua per i banker e in nuovi modelli di collaborazione e dialogo con specialisti esterni.

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Uomo, over 74, non attivo. A detenere la maggior parte della ricchezza affidata al private banking sono soprattutto uomini (rappresentano il 64% del totale), di età avanzata: gli over 74 pesano per il 32,5%, seguiti dalle classi 65-74 e 55-64 anni che rappresentano a pari merito il 22,5% della clientela. Nel 39,8% dei casi si tratta di individui non attivi, mentre rientra nella categoria dirigenti-impiegati il 21,3% degli interlocutori dei banker. Gli imprenditori sono il 18,6% del totale. «Secondo le rilevazioni di Aipb – sottolinea Federica Bertoncelli dell’ufficio Studi dell’Associazione - le famiglie benestanti sono circa il 4% dei nuclei registrati dall’Istat e possiedono circa il 30% della ricchezza finanziaria investibile, pari a 1.150 miliardi di euro. La quota servita dal private banking è in lenta ma costante crescita, soprattutto nelle fasce patrimoniali più elevate, e appartiene in prevalenza a uomini di età avanzata e non più attivi».

Competenze e tecnologia, le sfide per un mercato che cambia. Il profilo della clientela, però, non deve trarre in inganno. Anche per il private banking, il Covid-19 rappresenta una sorta di spartiacque tra vecchi e nuovi modelli di impresa, un acceleratore di tendenze in corso. A delinearle sono 24 operatori del settore, associati Aipb, coinvolti nell’indagine “Il futuro del Private banking: leadership, talenti e innovazione”, condotto con Strategy &. Digitalizzazione e capitale umano, tecnologie e competenze: queste le priorità per potenziare l’offerta e diventare un hub di servizi finanziari e patrimoniali. Il 60% del campione considera la spinta tech prioritaria per riconfigurare i modelli di servizio, puntando in particolare su digitalizzazione del servizio stesso (63%) e dei processi (42 per cento). Per il 40% degli intervistati, invece, sono le competenze la vera priorità, con focus su nuove capacità relazionali a distanza (25%) e abilità di uso e gestione di strumenti informatici evoluti (21%). In questo scenario, cambiano anche le figure professionali più ricercate.

Nei prossimi tre anni, secondo l’indagine, saranno agenti e specialisti non finanziari, mentre diminuiranno le ricerche di figure per la direzione commerciale e le attività di marketing.

L’evoluzione delle professionalità emerge sempre più come una realtà in atto, guidata dalla collaborazione con specialisti esterni, considerata “utile” da un banker su due. Lo rileva ancora lo studio “Il Private Banking e l’evoluzione delle professionalità: il punto di vista dei bankers”, che ha coinvolto private banker e consulenti finanziari dei soci Aipb. La clientela private – come emerge dalla ricerca – presenta esigenze complesse di gestione, protezione e trasmissione del patrimonio. Si aspetta di ricevere un servizio personalizzato. La condivisione di competenze specialistiche convince i banker e i consulenti che l’hanno testata, perché porta valore al cliente, lo fidelizza e qualifica il referente per gli investimenti. Tuttavia, banker e consulenti segnalano che per aumentare il loro commitment manca un tassello: una collaborazione basata sul raggiungimento di obiettivi e risultati.

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