Il virus spegne l’appeal delle grandi città: ecco chi perde più residenti
La pandemia fa crollare i trasferimenti di residenza nelle grandi città. Il risultato, al netto dei fenomeni naturali (nascite e decessi), è un saldo migratorio negativo anche nel 2020 che accentua una crisi già in corso da alcuni anni
di Marta Casadei e Michela Finizio
La pandemia fa crollare i trasferimenti di residenza nelle grandi città. Il risultato, al netto dei fenomeni naturali (nascite e decessi), è un saldo migratorio negativo anche nel 2020 che accentua una crisi già in corso da alcuni anni
4' di lettura
La pandemia fa crollare i trasferimenti di residenza nelle grandi città. Il risultato, al netto dei fenomeni naturali (nascite e decessi), è un saldo migratorio negativo anche nel 2020 che accentua una crisi già in corso da alcuni anni. È questa la fotografia che emerge dall’elaborazione effettuata dal Sole 24 Ore sulla base dei bilanci demografici mensili Istat, aggiornati fino a ottobre 2020, relativi alla popolazione residente nei comuni capoluogo delle 15 città metropolitane.
Con il virus gli spostamenti hanno subìto una brusca frenata su tutto il territorio nazionale e la nuova “normalità” ha rimescolato le carte nelle scelte di vita. La corsa dei contagi da Covid-19, lo stop imposto per motivi di sicurezza ai weekend nelle seconde case, il crollo del turismo, le limitazioni da e verso l’estero, lo smart working diffuso, la crisi economica: sono tutti elementi che hanno avuto (e avranno) riflessi sulle decisioni a lungo termine delle persone. Dove vivere non è più così scontato e, al netto dei semplici cambi di domicilio che sfuggono alle statistiche, ecco perché diventa interessante monitorare l’impatto sui trasferimenti di residenza.
Nelle città metropolitane, dove vive il 16% della popolazione italiana, i residenti sono in calo da ormai cinque anni. Fatta eccezione per Bologna e Milano, che dal 2015 a fine 2020 hanno visto crescere il numero di cittadini registrati all’anagrafe (rispettivamente del 2,3% e del 4,1%), in media la popolazione nelle grandi città a ottobre risultava in calo del 2,4% rispetto a ottobre 2015, con un trend costante nel quinquennio, confermato negli ultimi 12 mesi (-0,7%). A perdere più cittadini sono Catania (-6,4% in cinque anni) e Firenze (-5,6%), seguite da Messina e Reggio Calabria.
Per vedere gli effetti della pandemia, però, è necessario analizzare più nel dettaglio le variazioni registrate in anagrafe tra gennaio e ottobre 2020, nei bilanci mensili provvisori, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In media nelle 15 città si rileva un incremento dell’8,9% dei decessi, fenomeno che purtroppo ha colpito i centri più densamente popolati su scala globale. Proprio Milano, ad esempio, nel 2020 - dopo anni di crescita e per la prima volta dopo Expo 2015 - ha chiuso il bilancio demografico in negativo: a pesare è soprattutto il +21% di decessi (oltre 4mila morti in più nel 2020), ma anche le tante cancellazioni per irreperibilità (oltre 6.300) e il forte calo delle nascite (più di mille nati in meno).
Oltre al saldo naturale tra decessi e nascite (queste ultime da lungo tempo in flessione, in linea con le statistiche nazionali), il virus ha rallentato anche i cambi di residenza: nelle città metropolitane le iscrizioni anagrafiche sono crollate in media del 23% e le cancellazioni dell’8,7 per cento. E in queste medie sono compresi i trasferimenti da altri comuni, dall’estero e le rettifiche anagrafiche.
«L’andamento demografico di Firenze appare nel complesso stabile e in linea con le tendenze demografiche note a livello italiano, che registrano un saldo naturale negativo (ormai dagli anni '70) e un saldo migratorio moderatamente positivo. Il 2020 poi è un anno del tutto eccezionale per gli effetti devastanti del Covid-19. In particolare, le iscrizioni di stranieri potrebbero ridursi rispetto agli anni precedenti visto il clima di incertezza e paura e l'oggettiva difficoltà agli spostamenti internazionali», spiega Enrico Conti, consigliere comunale con delega ai servizi demografici.
La colpa del calo dei residenti è colpa anche di un effetto ottico legato all’ingresso nell’anagrafe digitale nazionale: «A Firenze negli ultimi 4 anni a partire dal 2017 si è verificato un incremento delle verifiche sulla residenza, a cura dei servizi demografici. Questa attività ha avuto la conseguenza di cancellare dall'anagrafe a partire dal 2017, 21.205 persone di cui 9.772 stranieri pari al 46,1% del totale degli irreperibili».
Più che all’“airbnbizzazione” di Firenze, che secondo lui sarebbe una conseguenza del vuoto demografico venutosi a creare, Conti imputa lo svuotamento del centro storico «alle dinamiche demografiche, il cambiamento degli stili di vita, e anche scelte urbanistiche a favore della limitazione del traffico veicolare, nonché lo spostamento di alcune funzioni di pregio come Università Tribunale e Centri direzionali e sedi di banche».
L’unica città in controtendenza demografica, anche nell’anno del Covid, è Bologna: il capoluogo emiliano - già vincitore, con la sua area metropolitana - dell’edizione 2020 della Qualità della vita - dal 2015 ha guadagnato il 2,5% dei residenti. «Nonostante l’elevato numero di decessi abbiamo avuto un saldo migratorio positivo da altre città italiane - spiega Mariagrazia Bonzagni, direttore dell’area programmazione, controlli e statistica del Comune di Bologna - e questo ha confermato un trend in corso da decenni: in 20 anni abbiamo guadagnato circa 20mila residenti». Le ragioni? «L’università, la centralità “logistica” e i servizi educativi rendono Bologna una città accogliente», chiosa Bonzagni.
La presente versione dell’articolo è stata modificata rispetto a quella pubblicata sul Sole 24 Ore del 15 febbraio 2021. Sono stati infatti modificati i virgolettati di Enrico Conti, consigliere del Comune di Firenze, in seguito alla richiesta di precisazioni e rettifiche in merito a quanto pubblicato. Ci scusiamo con i lettori e con l’interessato.
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