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Illycaffè cresce e punta sull’estero

Ricavi consolidati pari a 567,7 milioni, in aumento del 13,6% rispetto al 2021 - Obiettivo raddoppiare in Usa - Piano di investimenti da 270 milioni

di Barbara Ganz

4' di lettura

Ricavi consolidati pari a 567,7 milioni, in aumento del 13,6% rispetto al 2021 trainati da tutti i mercati e canali distributivi e un utile netto di 14,2 milioni, +18,9% rispetto al 2021 e superiore alle previsioni. Il Consiglio di amministrazione della illycaffè Spa ha approvato il progetto di bilancio della capogruppo e il bilancio consolidato dell’esercizio 2022: un anno segnato dal rincaro dei costi di energia e materie prime.

«Numeri che fanno ben sperare non tanto una singola azienda o un settore, ma l’intero made in Italy» dice Cristina Scocchia, da gennaio 2022 amministratrice delegata di illycaffè.

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Quale è stata la principale minaccia dell'ultimo anno?

«Nel nostro caso i costi di produzione sono saliti di 43 milioni, in percentuale +17% rispetto all'anno precedente. Al di là delle bollette di luce e gas, e di scostamenti significativi del packaging, a pesare in modo davvero significativo è stato il rincaro del caffè verde: da 110 dollari a libbra di novembre 2020 è arrivato a toccare in alcuni mesi anche 240 dollari».

Come siete riusciti a tutelare i risultati economici?

«Con una grande opera di efficientamento interno: nessun taglio draconiano dei costi, solo una revisione di tutto quanto non era strettamente necessario. Un approccio da buon padre di famiglia».

Qual è l'indicatore migliore per il futuro?

«Quello che per noi è fondamentale è che la crescita è stata registrata in tutti i mercati e in tutti i canali distributivi: questo ci dice che la strategia di fondo è quella corretta e che possiamo essere fiduciosi per un 2023 di ulteriore crescita».

Su quali mercati puntate in particolare?

«L'azienda è fieramente italiana, e l'Italia pesa per circa un terzo del fatturato. Ci interessa molto crescere in America, che oggi vale circa un quinto, e che prevediamo possa raddoppiare: qui i ricavi 2022 segnano +27,4%, e anche al netto del rafforzamento del dollaro parliamo di un aumento a doppia cifra. Oltre agli Usa, seguiamo da vicino i mercati europei, Francia, Inghilterra e Spagna».

E la Cina, tradizionalmente consumatrice di té piuttosto che di caffè?

«È per noi un mercato ancora piccolo, per il quale vogliamo ridisegnare completamente l'approccio. Valuteremo se muoverci da soli o appoggiandoci a un distributore locale: abbiamo già una filiale commerciale in Cina, e comunque le vendite segnano un progresso del 15%. Le potenzialità sono di molto superiori, ma ci prendiamo il tempo per approfondirle».

Come è cambiato il consumo del post pandemia?

«Si vede la grande ripartenza del settore turistico, con le riaperture e il caffè che si torna a consumare nei locali: + 30,9%. A crescere però è parallelamente il consumo domestico e le vendite nei canali retail: abbiamo 190 punti vendita in 34 Paesi, fra diretti e franchising».

Quale politica di prezzi avete seguito?

«Durante il 2022 ci siamo detti che non potevamo aumentare le spese delle famiglie: dopo un aumento di inizio anno del 2,7% abbiamo assorbito i rincari riducendo i margini per fare la nostra parte senza appesantire la situazione generale. In questo mese scatterà un adeguamento del 3% circa, sempre di gran lunga inferiore all'effetto inflazione».

Che cosa prevede il piano industriale da qui al 2026?

«Investiremo 270 milioni di euro, e di questi 120 sono destinati all'ampliamento della fabbrica di Trieste, in particolare produzione e logistica dove sono le radici di illycaffè: confermiamo che sia per quanto riguarda l'ecommerce, oggi a quota 13% delle vendite, sia sul fronte della sicurezza informatica. Una parte significativa andrà allo sviluppo all'orizzonte non c'è alcuna scelta di delocalizzazione o di allontanamento».

E gli altri 150 milioni?

Vogliamo rafforzare la parte IT: sia per quanto riguarda la sicurezza informatica che l’e-commerce, attualmente a quota 13%: in lieve calo dopo il boom della pandemia, ma i consumatori che hanno apprezzato un nuovo canale di acquisto non lo lasciano più».

In che senso si parla di innovazione nel caffè?

Da un lato c'è il nostro blend di caffè di alta qualità composto da nove tipi di pura Arabica. È una formula unica, come la ricetta della Coca Cola, e immutabile. Dall’equilibrio di questi ingredienti, che l’azienda acquista direttamente dai coltivatori di Sud America, America Centrale e Africa, nascono gusto e aroma illy, costanti in ogni tazzina, in qualsiasi parte del mondo la si beva. A cambiare sono i formati e le macchine per fare il caffè: quelle per uso domestico e quelle invece per un impiego intensivo, come i bar nelle fasce orarie di punta. Abbiamo diversi produttori e uno stabilimento vicino a Barcellona, il miglioramento delle strumentazioni è continuo».

E poi c'è il fattore umano, quello di chi prepara il caffè...

«Anche la formazione non si ferma mai: la nostra Università del Caffè, oltre al quartier generale di Trieste, ha 26 sedi fuori dall’Italia e in questi anni ha formato più di 300mila persone in tutto il mondo. E la lista d'attesa per venire a visitare la nostra sede, che si tratti di scolaresche o di famiglie, è sempre più lunga».

Nel 2021 illy è diventata la prima azienda italiana del caffè a ottenere la certificazione B Corp: come si traduce nella realtà?

«Fa una grande differenza passare da una attestazione autoreferenziale al riconoscimento di un ente terzo, basato su un percorso serio e documentato. Lavoriamo per una redistribuzione del valore che parta dai coltivatori e arrivi ai nostri collaboratori. Sempre di più, poi, questo diventa un fattore di attrazione dei giovani talenti, che chiedono di lavorare in realtà di cui possono condividere la visione».

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