Ilva, il governo lavora a una partecipazione di società pubbliche
Arcelor chiede l'ingresso dello Stato in una newco dalla quale separare parte dei lavoratori. Verso un emendamento alla manovra: fondi per il personale gestito dai commissari
di Carmine Fotina e Manuela Perrone
3' di lettura
La presenza dello Stato a fianco di ArcelorMittal è l’elemento che potrebbe sbloccare la trattativa sull’ex Ilva in vista dell’incontro di venerdì a Palazzo Chigi. Dopo le iniziali resistenze del ministero dell’Economia, negli ultimi giorni il vento è cambiato. Prima un faccia a faccia nel fine settimana tra il ministro Roberto Gualtieri e l’Ad di Arcelor, Lucia Morselli. Poi, lunedì, il colloquio della manager e di Mittal jr con il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. In entrambe le occasioni la multinazionale avrebbe posto come punto fondamentale del negoziato la partecipazione pubblica (di minoranza, come quota di “presidio”) in una newco dalla quale separare una parte dei lavoratori, che nella proposta dell’azienda dovrebbe passare sotto la gestione dell’amministrazione straordinaria. Una sorta di “bad company”.
Non a caso al vaglio del ministero del Lavoro c’è un emendamento alla legge di bilancio per l’istituzione di un Fondo per i lavoratori Ilva che sono già oggi in amministrazione straordinaria. Un veicolo che potrebbe in futuro evitare esuberi strutturali. L’ipotesi newco prospettata da ArcelorMittal parte da un coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti, che però richiederebbe tempi particolarmente lunghi per la due diligence necessaria a deliberare l’ingresso. Più rapido sarebbe un investimento diretto da parte del ministero dell’Economia, modello gruppo Psa in Francia, senza necessariamente passare da un nuovo veicolo. Lo schema non è ancora definito e dovrebbe comunque passare il complicato vaglio europeo sugli aiuti di Stato, ma è indubbio un maggiore protagonismo di Gualtieri sul dossier, sempre in coordinamento con Palazzo Chigi.
Un nuovo incontro tecnico è previsto anche oggi al Mef. Al vaglio c’è anche il ruolo delle società a partecipazione pubblica che il Governo vuole coinvolgere. A partire da quelle che hanno relazione con Ilva in qualità di committenti (come Fincantieri) e fornitori. Sicuramente saranno chiamate a investire sul territorio nell’ambito del “Cantiere Taranto”: è in partenza da Cassa depositi e prestiti un invito alle sue partecipate per cominciare a ragionare delle iniziative da poter mettere in campo rapidamente. Non è ancora deciso, invece, se le società potranno essere direttamente della partita Ilva con una partecipazione nell’eventuale new company.
Accanto alla definizione dell’assetto azionario, che nell’idea di ArcelorMittal dovrebbe confermare la presenza nella holding AmInvestco di Intesa e aggiungere quella delle banche creditrici, resta ovviamente prioritaria la questione dell’immunità penale. Ancora un ginepraio. Perché sulla scrittura della norma, che si trasformerebbe in un decreto solo a fronte di garanzie da parte di Mittal sul piano industriale e ambientale, il confronto è apertissimo. A quanto risulta, già nell’incontro a Palazzo Chigi Mittal jr avrebbe sottolineato l’importanza di una copertura legale per gli interventi sull’altoforno 2 anche in riferimento alla sicurezza sul lavoro. Aspetto sul quale i Cinque Stelle, il Mise e l’Ambiente sono contrari, ritenendo tra l’altro che la misura sarebbe a forte rischio di incostituzionalità.
In queste ore continua inoltre il lavoro dei tecnici sugli altri punti di un possibile accordo: sconto sull’affitto, risoluzione del blocco dell’altoforno 2 e impegni sulla futura decarbonizzazione. Mentre i sindacati rifiutano l’incontro convocato da ArcelorMittal, sempre per venerdì, non riconoscendo legittima la procedura ex articolo 47 sulla retrocessione dei dipendenti all’amministrazione straordinaria.
L’intesa con Mittal, sospinta dalla tempesta giudiziaria vissuta con una certa irritazione dal quartier generale della multinazionale, resta la prima opzione sul tavolo. Ma ancora ieri, nonostante l’ufficializzazione dell’incontro per venerdì, da Palazzo Chigi si sottolineava come il Governo stia vagliando anche piani alternativi. Come la pista cinese, su cui è stato acceso un faro dopo la proposta di acquisto arrivata dal gruppo Jingye a British Steel. Il premier Giuseppe Conte, ieri a Berlino, ha intanto sondato la disponibilità della cancelliera Angela Merkel a supportare l’Italia nel risolvere la questione Taranto. Almeno due i fronti Ue: l’impiego di fondi comunitari (sia per l’occupazione che per l’innovazione) e il via libera a un eventuale ingresso dello Stato.
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