Illva Saronno fa rotta sull'Oriente, punta a raddoppiare i ricavi al 2028
Intervista al ceo Aldino Marzorati: «Pur mantenendo un forte legame con la tradizione abbiamo una vocazione soprattutto internazionale, tanto che l'export rappresenta ormai l'80% del fatturato». Gli Stati Uniti attualmente assorbono il 30% delle vendite estere
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(Il Sole 24 Ore Radiocor) - La "Domenico Reina Coloniali", un piccolo negozio del Varesotto, è diventata una delle aziende leader, a livello globale, nel settore degli spirits. È la storia di Illva Saronno - Industria, Lombarda, Liquori, Vini & Affini - che, fondata nel 1947 dalla famiglia Reina, ha reso una ricetta locale - tramandata segretamente di generazione in generazione sin dal 1600 - in Disaronno, "il liquore italiano più bevuto al mondo". Oggi «pur mantenendo un forte legame con la tradizione, il Gruppo ha una vocazione soprattutto internazionale, tanto che l'export rappresenta ormai l'80% del suo fatturato». Lo dice a Radiocor, in un'intervista, il Ceo della holding, Aldino Marzorati. Presente in 160 Paesi, il Gruppo ha ampliato la sua offerta con prodotti innovativi, come Artik Vodka, Zucca, The Busker Irish Whiskey o l'amaro al caffè Tia Maria. «Siamo un'azienda in salute e non intendiamo fermarci: nei prossimi cinque anni il nostro obiettivo, come Gruppo, è raddoppiare il fatturato», spiega Marzorati. Le performance del 2023 sono già un passo in questa direzione: Illva Saronno chiuderà il fatturato con un +10% annuo, intorno ai 370 milioni di euro (335 mln nel 2022), mentre l'utile si attesterà sui livelli del 2022 (39 milioni).
Per il 2024 crescita del 15% del fatturato
Le stime per il 2024 prevedono un ulteriore aumento del 15% sul fronte dei ricavi. «Siamo stati tra i primi a guardare ai mercati fuori dall'Italia negli Anni Sessanta - spiega il Ceo - in particolare agli Stati Uniti, che attualmente assorbono il 30% delle nostre vendite estere». Con la recente acquisizione di Sagamore Spirits - azienda leader nel comparto degli American Whiskey, con sede a Baltimora - «Illva Saronno intende puntare sugli Usa ancora di più». Anche la Gran Bretagna è un terreno fertile (20% dell'export), ma negli ultimi anni pesano sulle vendite «la Brexit e l’alto livello di inflazione». Nel frattempo è però cresciuto l'interesse della compagnia a Oriente. "Siamo stati pionieri in questo campo, con l'acquisizione di una quota dell'azienda vinicola cinese Changyu nel 2004 e con la joint venture con l'indiana Umesh Modi Group", racconta Marzorati. Dopo la pandemia poi, «abbiamo iniziato a vedere i risultati degli sforzi fatti su alcuni brand. In Giappone abbiamo venduto 1,5 milioni di bottiglie di The Busker Whiskey», aggiunge. Invece in Australia, dove sono molto popolari gli alcolici in lattina, «il nostro mercato si sta sviluppando grazie a Engine». Un aspetto importante della crescita futura di Illva Saronno è la Gdo (Grande distribuzione organizzata): l'aumento dei consumi domestici, «con cocktail fatti in casa, durante i lockdown», ha infatti trainato le vendite di Illva nell'ultimo triennio. Un ulteriore elemento a sostegno degli obiettivi del gruppo è la diversificazione: il Gruppo «ha scelto di investire in alcune eccellenze in mercati di nicchia, per dare supporto al core business - afferma Marzorati - Una scommessa che sta ripagando è quella sui semilavorati per gelati artigianali, che rappresentano il restante 20% del fatturato aziendale». Nonostante la forte vocazione internazionale e l'attenzione all'innovazione, Illva Saronno è legata al cuore tipico dell'industria italiana. «È ancora al 100% di proprietà della famiglia Reina e la quotazione in borsa, per il momento, non è una priorità - spiega il Ceo - Il Gruppo è un generatore di cassa importante e, in caso di grandi acquisizioni, possiamo sacrificare i nostri gioielli, cioè le imprese più marginali».
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