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Immigrazione e Pnrr, l’Italia ha bisogno della Ue (e di Ursula von der Leyen)

La primadonna della politica europea si sta impegnando al massimo per cercare di tenere in qualche modo unita l’Unione

di Giancarlo Mazzuca

Giorgia Meloni a Bruxelles, l'abbraccio con Ursula von der Leyen

2' di lettura

Sul podio più alto, tra le primedonne della politica contemporanea, dovrebbe forse salire la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che si è impegnata al massimo per cercare di tenere in qualche modo unita la Ue. Basta rileggere le cronache comunitarie degli ultimi tempi: appena ha cominciato ad avvertire uno scricchiolio, la “first lady” del Vecchio Continente si è messa subito all'opera per poter ricomporre i contrasti tra i vari Stati, Italia in primis. Non sempre ci è riuscita ma, comunque, ci ha provato. In questo senso, c'è una bella differenza tra lei e la sua collega francese Christine Lagarde che guida la Bce e che, spesso e volentieri, ci ha invece fatto rimpiangere Mario Draghi, il suo predecessore all'ultimo piano del grattacielo di Francoforte, che oggi è pensionato ma non penso che lo sarà ancora per molto.

Tanto Ursula si è fatta in quattro (è il caso del “dossier immigrazione”) per cercare di riavviare il dialogo tra i vari partner, tanto Christine, che adesso è al vertice della Bce dopo aver guidato il Fondo monetario, è stata “sturm und drang”. Anche il recente braccio di ferro sui tassi d'interesse ha dimostrato come “madame” abbia proseguito, imperterrita, sulla sua strada finendo così per favorire indirettamente – secondo diversi analisti – anche la crisi finanziaria del Crédit Suisse sulla scia del crac americano della Silicon Valley.

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Per quanto ci riguarda, già dall'anno scorso, Assobancaria e la stessa Bankitalia avevano cercato di mettere in guardia l'Eurotower sulle possibili conseguenze-boomerang dei ripetuti aumenti dei tassi ma, alla fine, avevano ottenuto l'effetto opposto perché più venivano lanciati allarmi, più la Lagarde si dimostrava ostinata. E, al riguardo, ricordo ancora cosa mi disse in gennaio il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli: «L'auspicio è che siano effettuate riflessioni ulteriori della Bce prima di varare altri aumenti dei tassi». Niente di tutto questo è accaduto, con l'Eurotower che ha continuato a procedere all'insegna del “tiremm innanz” anche dopo gli ultimi scossoni finanziari e, proprio in questi giorni, il capo-economista della stessa Banca centrale europea, Philip Lane, ha dichiarato, in un'intervista al giornale tedesco «Zeit», che ci dovranno essere ulteriori ritocchi all'insù dei tassi se, come lui stesso prevede, le ultime tensioni sui mercati si attenueranno. Insomma, neppure la lezione svizzera dopo quella americana sembra aver fatto cambiare idea ai vertici di Francoforte.

Ma, al di là dei tassi d'interesse e della Lagarde, stiamo registrando in Europa tensioni ancora più grandi. È il caso del continuo braccio di ferro sul fronte dell'emergenza-immigrazione con l'Italia che è sempre più in difficoltà verso gli altri partner nonostante i ripetuti tentativi di mediazione portati avanti dalla von der Leyen. È anche il caso degli ultimi problemi tra Roma e Bruxelles sull'utilizzo a scartamento ridotto (anche per colpa nostra) del Pnrr varato ai tempi del Covid. Proprio perché le difficoltà sono tante, l'Italia ha sempre più bisogno della Ue e quindi dovremmo cercare di spegnere in qualche modo il fuoco dei diversi contrasti. Ci riusciremo? La risposta non è facile ma proprio per questo dovremo bussare più volte alla porta della “frau” che guida l'Unione. Ecco perché, tanto per cambiare, diciamo: Ursula pensaci tu.


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