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Impariamo la strada della leadership dalle donne nel vino

Un libro per scoprire 30 protagoniste del buon bere, in edicola da sabato 17 e in libreria dal 23 settembre. Qui anticipiamo la prefazione

di Barbara Sgarzi

4' di lettura

In principio fu lo Champagne. A entrare nella storia furono donne, giovani vedove che non si persero d'animo ma entrarono in cantina, come Madame Nicole Barbe Ponsardin, la Veuve Cliquot, che a soli 27 anni portò avanti la Maison fondata dal marito scomparso, lanciando il primo Champagne Rosé e il primo millesimato della storia. O Madame Pommery, che liberò le bollicine francesi dagli eccessi di zucchero, creando nel 1874 la versione “nature”. O ancora Lily Bollinger che oltre ad aver creato la Cuvée tanto amata da James Bond, consegnò ai posteri la famosa citazione per chiarire che lei, lo champagne, lo beveva in ogni momento della giornata. Una tradizione che continua: tra il 2020 e il 2021, numerose enologhe sono salite al ruolo più alto per una Maison, quello di chef de cave, responsabile ogni anno degli assemblaggi in cantina, della creazione del vino che è la firma di ogni casa. Ma cosa succedeva nel frattempo nel resto del mondo e soprattutto in Italia, tra le donne del vino?

Le conversazioni contenute in questo libro, più di trenta fra produttrici, wine writer, manager e persone che gestiscono associazioni al femminile, svelano la rivoluzione delle donne che, da sempre presenti nel settore soprattutto in ruoli di comunicazione, ospitalità e marketing, oggi sono anche in vigna e in cantina. E raccontano, attraverso aneddoti e ricordi di vita condivisi con calore, trasparenza e generosità, come si va avanti e come si ha successo in un mondo ancestralmente maschile, anche se in rapida evoluzione.

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La copertina del libro di Barbara Sgarzi, “Vino, donne e leadership”.

Storie che divertono, commuovono e fanno riflettere. Perché, anche se la strada da fare verso la piena parità, nel mondo del vino come altrove, è ancora lunga e alcune testimonianze lo sottolineano, qui si è privilegiata una prospettiva più propositiva e ottimista. Che parla di tenacia, studio, forza e che non trascura di condividere gli inevitabili fallimenti di una carriera imprenditoriale. Le voci che, con sincerità e passione, parlano da queste pagine, dall'Italia e dall'estero, sono a capo di grandi aziende notissime o di realtà da pochi ettari; con decenni di esperienza o affacciate da pochi anni in questo mondo. Ci sono le discendenti di grandi famiglie: Antinori, Frescobaldi, Incisa della Rocchetta. Alcune tra le signore del vino italiano: Allegrini, Foradori, José Rallo. C'è chi si è trovata tra le mani troppo presto un'azienda ereditata dai genitori, che dall'esterno sembra aver avuto la strada spianata e invece magari ha dovuto lottare contro il pregiudizio di chi diceva “non sono più i vini di tuo padre”. Quelle arrivate al vino dopo mille esperienze diverse e lavori anche lontanissimi dalla vigna o dalla cantina, come in una lunga storia d'amore tormentata, ma con il lieto fine. Ad esempio, la wine writer di origini Inuit Elaine Chuck Brown, oggi critica di punta per il magazine della prima Master of Wine Jancis Robinson, che per anni ha proseguito la tradizione di famiglia della pesca al salmone. Quelle, ancora, che non potevano contare né sul nome né sulla famiglia, ma solo su una grande passione e hanno costruito una nuova realtà negli anni, ettaro dopo ettaro, barbatella dopo barbatella.

C'è Ntsiki Biyela, prima enologa di colore in Sudafrica, nata in un piccolo villaggio senza grandi opportunità, che ha scoperto il suo talento grazie a una borsa di studio in enologia a Stellenbosch. Ci sono, infine, quelle che della presenza delle donne nel vino hanno fatto una missione, come Debora Brenner di Women of the Wine, Anna Malassagne de La Transmission, Julia Coney di Black Wine Professionals.

Le interviste hanno fatto emergere, pur nella diversità delle esperienze e dei risultati, nove valori comuni che hanno creato e rafforzato la leadership di queste donne di successo, ricomposti in altrettanti capitoli, in un viaggio ideale dalla vigna al calice. Dal coraggio, al networking, alla contaminazione di esperienze e idee diverse, alla capacità di comunicare, in una metafora che rende questo libro lontano da un manuale di leadership tradizionale e più vicino a un testo dal quale trarre ispirazione, per chi lavora nel mondo del vino, per chi sogna di farlo e anche per chi è occupato in altri settori. Inutile da sottolineare: che siano donne o uomini, perché se una cosa emerge potente dalle conversazioni è che queste doti, valori, competenze, non hanno genere.

Emerge quindi una nuova leadership, più morbida, empatica, meno autoritaria, rivolta all'innovazione e alla crescita delle persone. E che ha, come luce guida, il valore supremo della sostenibilità ambientale e della preservazione dell'ambiente, per natura legate a qualunque produzione agricola.

Una leadership che, ovviamente, non può prescindere da ciò che è successo negli ultimi due anni. Dalle risposte e dai ricordi emerge la difficile situazione della pandemia e della ripresa; anche qui, mai in chiave di rinuncia o di lamentela, ma sempre come spunto per cambiare, migliorare, introdurre innovazioni – le degustazioni online, le modifiche ai flussi di lavoro – che in molti casi sono state conservate anche a emergenza finita. Perché, come chiarisce Daniel Bennett, esperto di leadership adattiva “I leader devono saper andare contro allo status quo. Quando le cose sono facili, non si tratta di leadership, si tratta di management”. Ed è proprio questa qualità, in primis, che accomuna le storie che leggerete, anche se sono raccontate da donne che più diverse non potrebbero essere.

Da “Vino, donne, leadership” di Barbara Sgarzi, ed. Sole24Ore, in edicola dal 17 settembre, pagg. 144, 12,90 euro (e-book 9,99 euro)

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