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In 20 anni tagliati 4 miliardi di sostegni all’agricoltura

Smentito il luogo comune di settore assistito: alla riduzione di aiuti pubblici si aggiunge anche l’eliminazione di alcuni sconti fiscali. Alle regioni del Nord più finanziamenti che a quelle del Sud

di Giorgio dell'Orefice

Strategia Farm to Fork e Politica Agricola Comune

3' di lettura

Un settore sempre meno assistito e con un tasso crescente di imprenditorialità che vive sempre meno di aiuti e sempre più di mercato. È l'identikit dell'agricoltura italiana come emerge dal report del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare. Uno studio curato da Lucia Briamonte e Stefano Vaccari passa in rassegna il complesso dei sostegni pubblici all'agricoltura tra il 2000 e il 2019 ed ha preso in esame tanto i contributi di fonte comunitaria quanto quelli nazionali e regionali, tanto gli aiuti al reddito tout court quanto le agevolazioni fiscali e previdenziali. E il risultato è uno spaccato che infrange più di un luogo comune.

Il primo è che l'agricoltura sia un settore sempre più assistito. Non è così. Il complesso dei sostegni pubblici tra il 2000 e il 2019 si è ridotto di oltre 4 miliardi di euro passando dai 15.613 milioni del 2000 agli 11.916 del 2019. Di conseguenza l'incidenza del sostegno pubblico sul valore aggiunto agricolo è scesa dal 55% del 2000 al 34% del 2019.

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Il secondo luogo comune sfatato è che ad essere superassistito sia il Mezzogiorno. Infatti dall'analisi Crea emerge che la maggior parte dei sostegni pubblici in agricoltura prendono la strada delle regioni settentrionali. E questo soprattutto perché si tratta di regioni nelle quali c'è un'agricoltura intensiva spesso privilegiata sul piano dei contributi rispetto a quella labour intensive.

Dalla Pac ai fondi regionali e ministeriali

Ma andiamo con ordine. Nel ventennio considerato la spesa maggiore, oltre il 50% dei contributi pubblici totali all'agricoltura, ha riguardato l'attuazione della Pac (ovvero aiuti diretti alla produzione e Sviluppo rurale) a seguire la spesa delle regioni (20,6%), le agevolazioni fiscali (16,8%) e quelle contributive (6,9%) ed infine gli interventi statali effettuati dai ministeri.

A questo proposito va sottolineato che il Crea ha preso in esame non solo i trasferimenti disposti dal ministero delle Politiche agricole ma anche di quelli stanziati a favore dell'agricoltura da altri ministeri dallo Sviluppo economico al ministero dell'Economia e delle Finanze (e che comunque si sono complessivamente ridotti passando dal 4,3 al 3,9% del totale dei contributi al settore).

Agevolazioni fiscali dimezzate

La generale flessione dei contributi pubblici all'agricoltura negli ultimi venti anni è stata determinata dal quasi dimezzamento delle agevolazioni fiscali, contributive e previdenziali (passate da un'incidenza del 27% a una del 17%), sia dall'importante riduzione del sostegno operato dalle regioni e province autonome attraverso i propri bilanci. La spesa delle regioni, infatti, è passata dagli oltre 4 miliardi di euro del 2000 agli 1,7 del 2019.

Un importante effetto di questa riduzione dei sostegni, come già accennato, è che il peso degli aiuti sul valore aggiunto agricolo è passato dal 55% del 2000 al 34% del 2019.

Cresce la forza delle imprese

«Un dato quest'ultimo che fornisce importanti indicazioni – spiega il direttore del Crea, Stefano Vaccari -. Innanzitutto, il valore aggiunto per ettaro è un indice di produttività e l'agricoltura italiana vanta i migliori risultati in Europa (più di Francia e Germania) ma anche il maggior valore aggiunto in assoluto. La minore incidenza dei sostegni pubblici sul valore aggiunto agricolo è sintomo della crescita dell'agricoltura made in Italy che è sempre più in grado di reggersi sulla forza delle proprie imprese. Sotto questo aspetto va sottolineato che sull'andamento generale incidono il maggiore peso assunto negli anni da un settore come il vino che riceve pochi aiuti ma produce un elevato valore aggiunto al contrario di un settore come i cereali invece che è molto assistito ma un impatto limitato sul valore aggiunto».

Regioni del Nord in testa per aiuti

Per quanto riguarda invece la distribuzione della spesa tra regioni le agricolture più sostenute sono quelle della Lombardia (che intercetta l'11,7% dei sostegni totali), seguita da Emilia Romagna (10,8%) e Veneto (10%). Al quarto posto il Piemonte (8,5%). Per trovare la prima regione del Sud bisogna arrivare alla quinta posizione occupata pari merito da Puglia e Sicilia (entrambe col 7,9%) seguite dalla Calabria (7,2%) poi dalla Toscana (con una quota del 5,3%).

«Ma molto interessanti – aggiunge Vaccari – sono anche le indicazioni che emergono in tema di agevolazioni soprattutto fiscali considerato che all'orizzonte si profila una riforma del fisco in Italia. Ebbene dai dati emerge che i benefici fiscali in agricoltura sono legati soprattutto al gasolio agricolo e all'Irpef. Il solo gasolio agricolo (sotto attacco in un'ottica Green Deal) pesa per il 30% delle agevolazioni fiscali e vale da solo più di tutte le agevolazioni previdenziali al settore (27%).

L'Irpef vale invece il 24% del totale, l'Iva il 10% mentre la tanto contestata Irap incide per appena il 7%. Una riforma del fisco anche in agricoltura dovrebbe partire da questa fotografia».

Riproduzione riservata ©

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