In Abruzzo la ritirata delle banche mette in allarme le istituzioni locali
Taglio degli sportelli
di Gerardo Graziola
4' di lettura
«2021, Fuga dall’Abruzzo». L’adattamento del titolo di un vecchio film di fantascienza degli anni Ottanta sintetizza bene quello che sta succedendo nella regione: una “ritirata” quasi contemporanea delle maggiori banche presenti sul territorio che sta mettendo in allarme le istituzioni locali espresse dai vari schieramenti politici.
Il tema di principale attualità riguarda Popolare di Bari, gruppo con la maggiore quota di mercato grazie all’eredità di Tercas e Caripe, che nei primi giorni di ottobre perfezionerà la terza tranche di chiusure (14 sportelli solo in Abruzzo) del suo piano di ristrutturazione messo a punto a metà 2020, sotto il commissariamento e poi confermato, sebbene ammorbidito, dalla nuova gestione in bonis della banca controllata dal Mediocredito Centrale e guidata del direttore generale Giampiero Bergami. La chiusura di filiali, tuttavia, è stata decisa anche da altre (dati di Abi Abruzzo): Intesa Sanpaolo, Bper e in precedenza UniCredit. L'Abruzzo negli ultimi dodici anni ha registrato la scomparsa di quasi il 30% della rete bancaria (200 sportelli in meno). Solo otto banche, peraltro tutte piccole Bcc, hanno ancora sede legale in regione. La riduzione delle filiali, legata da un lato allo sviluppo del digitale e dall'altro all'impellenza del taglio dei costi, causa scarsa redditività, è una tendenza che si registra in tutta Italia. In Abruzzo, tuttavia, c'è la percezione netta di un forte disagio delle comunità locali, sia per le caratteristiche demografiche della regione, evidenziate da una desertificazione dei servizi nei piccoli centri dell'entroterra, sia per il grado di sviluppo digitale, significativamente inferiore alla media italiana secondo stime recenti della Banca d'Italia. Nel caso della Popolare di Bari ad accendere la miccia è stato il presidente di Anci Abruzzo e sindaco di Teramo, Gianguido D'Alberto, con una lettera di rimostranze per le chiusure della ex Tercas, missiva inviata anche al presidente del Consiglio Draghi e al ministro dello Sviluppo Giorgetti oltre che ai vertici della banca.
D'Alberto contesta la scelta che definisce «miope» in vista di una stagione di copiosi finanziamenti, legati anche alla ricostruzione del cratere del terremoto dell'Italia centrale del 2016-2017. «Trovo inconcepibile che una banca di territorio nel suo primo piano industriale dopo il risanamento non abbia una prospettiva di sviluppo, ma solo una logica di tagli» dichiara al Sole 24 Ore D'Alberto. Una banca a controllo pubblico - argomenta - dovrebbe avere una maggiore sensibilità per le esigenze di un territorio che esce da una crisi economica e sociale. Il presidente di Anci Abruzzo teme, in particolare, servizi carenti e mancanza di assistenza alle imprese «che stanno tornando a lavorare» dopo la crisi, grazie a strumenti come il superbonus 110%, i fondi per la ricostruzione privata del cratere del terremoto e, in prospettiva, le altre risorse del Pnrr. «Le risorse per la ricostruzione sono ingenti» conferma il Commissario straordinario Giovanni Legnini che calcola in un 15-20% la quota complessiva che spetterà all'Abruzzo. Dalla Popolare di Bari la replica al presidente di Anci Abruzzo arriva dal Direttore generale Bergami. Il banchiere osserva che le chiusure, rispetto al piano originario dei commissari, siano state contenute: «Lasceremo aperte nove filiali in più» rispetto al numero inizialmente preventivato. Bergami aggiunge che i flussi di crediti alle imprese non sono legati alla presenza sul territorio di filiali da chiudere perché improduttive e che certamente non verranno ridotti per questo motivo. Lorenzo Sospiri, presidente del consiglio regionale dell'Abruzzo, su posizioni politiche distanti da quelle di D'Alberto, ha però la stessa preoccupazione: la tendenza a chiudere colpisce indiscriminatamente, sostiene, anche «sportelli produttivi» che, nota, sono in centri abitati di media grandezza.
«La banca è un'impresa, ma deve mantenere anche la sua dimensione sociale: sul territorio fanno raccolta che va investita qui» aggiunge Sospiri che ricorda come nei prossimi mesi «ci sarà un'elevato afflusso di liquidità per artigiani, imprenditori e professionisti». Il gruppo Popolare di Bari, tuttavia, non tornerà indietro sul timing delle chiusure di ottobre (8 sportelli ex Tercas e sei ex Caripe indicano i sindacati). «Sarebbe invece auspicabile risedersi al tavolo di trattativa» afferma Maurizio D'Antonio, segretario regionale Uilca Abruzzo, che rileva un cambiamento di condizioni per le prospettive di ripresa economica in regione rispetto alle ipotesi di scenario del piano di ristrutturazione. In soccorso alle ragioni delle banche, nella valutazione della presenza di una rete di filiali più o meno adeguata alle dimensioni del mercato abruzzese, si registra un intervento del Vicedirettore generale della Banca d'Italia, Piero Cipollone, che in un'analisi sulle prospettive economiche della regione in cui è nato osserva: “«la densità delle filiali» nonostante le chiusure degli ultimi dodici anni, «rimane prossima a quella media nazionale e superiore al dato del Mezzogiorno». In un mercato in concorrenza, laddove si ritira un attore, ne arriva, a volte, un altro e in Abruzzo la Banca del Fucino vuole aumentare la sua presenza, afferma il presidente Mauro Masi. Il numero uno della banca preannuncia un prossimo innesto di risorse umane destinate al territorio, ma evita di sbilanciarsi su eventuali aperture di sedi. Nuovi sportelli bancari nella “Regione verde d'Europa” appaiono ormai irrealistici, come gli effetti visivi di un vecchio film di fantascienza.
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