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In buona compagnia per affrontare gli shock economici

Stiamo vivendo tempi difficili in cui rischiamo di cadere in un circolo vizioso. Shock in sequenza colpiscono il Paese. Cittadini soli in ordine sparso e imprese in difficoltà reclamano aiuti.

di Leonardo Becchetti

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3' di lettura

Stiamo vivendo tempi difficili in cui rischiamo di cadere in un circolo vizioso. Shock in sequenza colpiscono il Paese. Cittadini soli in ordine sparso e imprese in difficoltà reclamano aiuti. La tenuta economica e psicologica rischiano di crollare, si smarriscono la speranza e la coesione sociale che sono il motore di quella capacità di desiderare e costruire futuro che è alla radice dell’azione economica di famiglie e imprese.

Con la quarta edizione del Festival dell’economia civile (Firenze 16-18 settembre) ci sforziamo di indicare uno spartito differente che può aiutare a elaborare soluzioni. Con un percorso che dura tutto l’anno identifichiamo le migliori pratiche imprenditoriali, formative, amministrative e ci imbattiamo in storie di cittadini che hanno saputo fare squadra e “in buona compagnia” (il titolo del festival di quest’anno) si sono rimboccati le maniche e hanno provato a costruire soluzioni e risposte agli shock. La speranza e gli stimoli all’innovazione economica e sociale che nascono dalle buone pratiche ci aiutano anche a costruire un percorso diverso nel rapporto con la politica e le amministrazioni che senz’altro devono intervenire per aiutare chi è in difficoltà ma emancipando ed evitando di perpetuare una dipendenza. Nella logica dell’economia civile la politica non risolve i problemi dall’alto, rischiando spesso di replicare male meccanismi che società e mercato hanno già costruito sotto la spinta del bisogno a cui rispondere. Il politico diventa piuttosto levatore delle energie della società civile e fa bene il suo lavoro quando con regole opportune non inibisce ma mette in modo azioni innovative e generative. Partecipazione, inclusione, cittadinanza attiva e generatività sono pertanto parole chiave del festival e i processi di co-progettazione e co-programmazione sono esempi dove l’amministratore locale “socratico” che sa di non sapere mette attorno a un tavolo le parti sociali interessate e costruisce un percorso d’intelligenza collettiva partendo dal fatto che sono gli stakeholder diretti interessati ad avere una percezione più chiara dei bisogni da soddisfare.

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L’approccio non è astratto, ma ha ricadute molto concrete sui problemi quotidiani. Se prendiamo il caso più pressante di oggi, il costo astronomico delle bollette dell’energia, le buone pratiche di questo e degli anni passati hanno già indicato direzioni come quelle di famiglie che costruiscono comunità energetiche in diverse parti del Paese e imprese che diventano autoproduttrici di energia rinnovabile (per quanto possibile) riducendo significativamente il costo della bolletta e realizzando un importante vantaggio competitivo.

Il festival di quest’anno si muove nello stesso solco, incontrando rappresentanti dei vertici delle istituzioni, mondo delle imprese profit e delle organizzazioni sociali e istituzioni formative per confrontare e riflettere insieme sulle risposte “evolutive” e di adattamento a un contesto socioeconomico attraversato da shock e rischi pandemici, climatici ed energetici. Anche quest’anno il festival si propone di innovare cambiando anche gli occhiali con cui osserviamo la realtà. Non è possibile parlare di transizione ecologica, perseguirla e valutare se siamo sul giusto sentiero, misurare la circolarità dell’economia di un territorio ovvero la sua capacità di creare valore economico riducendo l’impatto ambientale se non creiamo rapporti con al numeratore indicatori di creazione di reddito e di valore economico e al denominatore indicatori ambientali. E le diseguaglianze di benessere devono essere raccontate con nuove misure come quella che confronta l’aspettativa di vita dei diversi territori e l’effetto che la riduzione dei limiti del sistema sanitario (morti evitabili) può apportare sull’aspettativa di vita stessa se la provincia meno efficiente arriva agli standard di quella più efficiente.

La misura però più importante per l’economia civile è quella della generatività di un territorio. Se gli studi sulle determinanti della felicità ci dicono che la generatività (la capacità della nostra vita e delle nostre relazioni di avere un impatto positivo su qualcosa o sulla vita di qualcun altro) è la variabile chiave per soddisfazione e ricchezza di senso di vita dobbiamo iniziare a misurare la generatività dei territori, ovvero la loro capacità di creare le condizioni per la realizzazione della vita dei loro cittadini (attraverso le dimensioni della longevità attiva, della capacità di aiutare i giovani a non finire sul binario morto dei Neet, della facilità di creazione di imprese e organizzazioni sociali). È proprio questo, riteniamo, l’orizzonte verso cui il sistema socioeconomico e l’azione politica dovrebbero muovere per creare le condizioni del ben vivere e della ricchezza/soddisfazione di senso del vivere.

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