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In cerca dell’ultima isola: ecco quali sono e come arrivare nelle più remote del mondo

di Chiara Beghelli

5' di lettura

«Datemi una barca - disse l'uomo al re -, voglio andare nell'isola sconosciuta». «Impossibile, tutte le isole sono sulle mappe. Qual è questa isola che cercate?», rispose il re.«Se ve lo dicessi non sarebbe più sconosciuta», notò l'uomo. L'incontro che dà vita a “Il racconto dell'Isola sconosciuta” di José Saramago è la metafora di un viaggio interiore: la ricerca di luoghi remoti è in realtà quella di noi stessi, che oggi più che mai, iperconnessi e iperinformati, cerchiamo una tregua al trinomio tutto-ovunque-subito, liberatorio ma anche assassino dei nostri desideri di scoperta. Forse ha ragione il re di Saramago: luoghi sconosciuti, a vent'anni dall'inizio del XXI secolo, non ce ne sono più. Ma quello che più gli si avvicina sono le isole che sono isole davvero, solitarie e silenziose negli oceani, cercando di difendersi dalla «pazza folla».

Edimburgh of the Seven Seas, capitale di Tristan da Cuhna

Questo è ciò che si fa a Tristan da Cunha, ben esplicitato nel sito della sua amministrazione: equidistante da Africa e Sud America, su quei 104 km quadrati di territorio britannico abitano oggi 250 persone che portano gli otto cognomi dei primi coloni, fra cui due italiani (Lavarello e Repetto, di origine ligure) arrivati nel 1892 dopo che la loro nave “Italia” si incendiò al largo dell’isola. A Tristan non c'è aeroporto e vi si sbarca solo dopo 12 giorni di navigazione da Cape Town, con partenze due volte al mese (la prossima è il 21 marzo). Ma non si arriva solo perché si vuole arrivare: bisogna presentare domanda all’amministrazione, dalla quale non vi aspettate risposte celeri, perché il senso del tempo lì è diverso dal nostro. Solo dopo un esplicito sì, comunque, potete procedere alla prenotazione dei vari biglietti.

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Viaggio nelle isole più remote del mondo

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L’unica città dell’isola ha un nome indimenticabile: Edimburgh of the Seven Seas, così chiamata dopo la visita del principe Filippo d’Edimburgo nel 1957, ma per gli abitanti è semplicemente “The settlement”, l’insediamento. Per chi vuole cambiare vita Tristan è la meta perfetta: sempre sul sito c’è una sezione dedicata agli annunci di lavoro, a volte servono medici, dentisti, anche sacerdoti. Auto non ne esistono, hotel neppure, e i turisti possono dormire nelle case dei residenti, dove le signore sferruzzano la lana delle pecore locali per farne maglioni e calzini da spedire in tutto il mondo.

Robinson Crusoe, Cile

Anche l'isola Robinson Crusoe, nell'arcipelago cileno Juan Fernandez, è una piccola terra per grandi fughe: lì decise di fermarsi il marinaio scozzese Alexander Selkirk, che nel 1704 scese dalla sua nave con una Bibbia, un coltello, pochi vestiti e qualche attrezzo da carpentiere. A lui si ispirò poi Daniel Defoe per dar vita al suo Robinson Crusoe, eroe globale della solitudine a cui poi, per mere ragioni di marketing, il governo cileno decise di intitolare l'isola nel 1966. Qui si arriva per via aerea, al massimo 10 persone per volta, decollando da Santiago del Cile, oppure via nave (se con 30 o 48 ore lo decide il mare) due volte al mese da Valparaiso.

Darwin contemporanei
Anche se le crociere che fanno il giro del mondo in tre mesi sono sempre di più, nessuna esperienza può replicare quella di Charles Darwin, che a bordo della Beagle solcò per cinque anni gli oceani e sbarcò su isole remote in cerca dell'origine della vita sulla Terra: su Floreana, nelle Galapagos, vide il barile di legno che i cacciatori di balene misero nel 1793 come “ufficio postale” per marinai, servizio peraltro ancora attivo.

L’ufficio postale a Floreana, Galapagos

Patria di tartarughe e di esperimenti falliti (la fabbrica di inscatolamento di pesce aperta nel 1926 da alcuni norvegesi e il progetto della baronessa austriaca Eloise von Wagner Bosquet di aprirvi un hotel di lusso, con storie torbide di omicidi annesse), Floreana è un'isola darwiniana abbastanza facile da raggiungere, come le isole Cocos, o Keeling, territorio australiano a 2.100 km dall'isola madre, dove il naturalista si fermò 12 giorni a studiare la polvere di coralli che aveva dato forma all'atollo. La West Island è la più abitata, e quella dove si trova il mini aeroporto (si arriva con quattro ore di volo da Perth), ma la spiaggia più bella d'Australia, scelta fra quasi 12mila, è a Direction Island, la più a nord, dove c'è anche il relitto di una nave da guerra tedesca della Prima guerra mondiale.

Mete antropologiche
Ben due antropologi hanno studiato Tikopia, isola di 5 km quadrati e la più orientale delle Salomone, nell'Oceano Pacifico: Raymond Firth visse lì per due anni, il 1928 e il 29, e ne trasse materiale per nove libri; Jared Diamond ne ha lungamente scritto nel suo “Collasso” (2005) come esempio di perfetta sostenibilità. La vita locale, infatti, è regolata dal rapporto con le scarse risorse naturali: per questo nel Seicento tutti i maiali dell'isola vennero uccisi, consumavano troppo,e si passò a una forma di pesca stabilita in base alle stagioni. Anche le nascite sono tuttora contingentate. Il re, Ti Namo, l'anno scorso per la prima volta ha lasciato Tikopia per volare a Grenoble, Francia, dove ha presentato un documentario sul delicato, ma funzionante, equilibrio dell'isola. Lo sbarco è per veri appassionati: da Brisbane si vola a Honiara, capitale delle Salomone, da dove ci si imbarca per un viaggio di cinque giorni.

Guidati dalla storia
Giunto a Sant'Elena , isola-prigione scelta dal Regno Unito proprio per la sua inaccessibilità, Napoleone venne alloggiato a Longwood, fattoria della Compagnia delle Indie Orientali. L'ex imperatore la detestava, per l'eccesso di sole e di vento, ma la addolcì con un biliardo e una vasca da bagno di quercia. Lì morì, il 5 maggio 1821, e venne sepolto, pur se provvisoriamente.

Napoleone a Sant’Elena, opera di Franz Josef Sandmann, 1820 circa

Oggi la casa, sempre troppo assolata, è uno dei luoghi più visitati di Sant'Elena, insieme agli osservatori astronomici dove guardarono il cielo Edmond Halley, scopritore dalla celebre cometa, nel 1677 e Nevil Maskelyne, il primo astronomo a misurare scientificamente il peso del pianeta. L'hotel più grande della capitale Jamestown è il Mantis, con 30 stanze e fra i pochi a offrire il wi-fi, ma forse ne apriranno presto di più grandi, grazie alla recente inaugurazione dell'aeroporto.

I turisti, invece, sono scarsi a Pitcairn, 4,5 km quadrati a 2.200 km a est di Tahiti, Polinesia, dove abitano i 50 discendenti dei marinai che nel 1790 presero il comando del Bounty. I luoghi dell'isola si chiamano “dove Dan è caduto” o “dove John ha catturato una mucca” e nell'attesa che si apra l'aeroporto (oggi a Pitcairn si arriva solo da Mangareva con due giorni di navigazione o da Auckland con 11), si multa con 20mila dollari neozelandesi chi viene beccato con un cimelio della celebre nave, magari trovato in spiaggia.

La “Bounty Bay” a Pitcairn, Polinesia

L'ultima spiaggia
Un'isola ancora sconosciuta, però, è rimasta: nessuno, infatti, è mai riuscito a sbarcare a North Sentinel Island, nelle Andamane del golfo del Bengala, India. A novembre un missionario americano ci ha provato, ma è stato ucciso dalle frecce scoccate dagli abitanti appena sbarcato. Forse sono 40, forse 400, secondo alcuni sono lì da 60mila anni. Ma è certo che non hanno alcuna intenzione di mettersi in contatto con viaggiatori in cerca, anche loro, di solitudine.

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