In città usato a sconto del 20% sul nuovo
Il divario aumenta laddove l’offerta di realizzazioni appena terminate è carente e il costruito di bassa qualità. Le richieste si indirizzano verso edifici innovativi e ad alta efficienza energetica, riqualificare oggi è oneroso e richiede tempi lunghi
di Laura Cavestri
I punti chiave
3' di lettura
Comprare casa, guardando al nuovo o all’usato? La differenza sta soprattutto nel prezzo. In media, un 20% in meno del costruito rispetto alle nuove palazzine.
In tempi di prezzi che – sul fronte residenziale – non sembrano ancora destinati a calare e di mutui più selettivi e onerosi, il dato economico è certamente il principale elemento da considerare. Ma anche un investimento a lungo termine sul risparmio e l’efficienza energetica hanno un peso rilevante. Anche perché la direttiva sulla cosiddetta “casa green” – in discussione a Bruxelles – indica una volontà di transizione ecologica delle abitazioni piuttosto decisa, che chiamerà gran parte del nostro (vetusto) patrimonio immobiliare ad adeguarsi e migliorare. Se non per incorrere in sanzioni, almeno per non finire rapidamente fuori mercato (come sta già accadendo a molti uffici non allineati ai nuovi criteri Esg).
L’elaborazione
Secondo un’elaborazione di Scenari Immobiliari per Il Sole 24Ore, nelle principali città italiane l’usato costa, in media, il 20% in meno rispetto al nuovo. La forbice è molto più ristretta tra vecchio e nuovo (tra il 13 e il 15% nelle aree di centro e semicentro a Roma e Milano o del 10% nel centro di Venezia) laddove c’è più prodotto innovativo (che quindi ha un effetto di “trascinamento” positivo verso le costruzioni più datate) oppure dove il pregio e i servizi (dalla metropolitana a quelli commerciali) compensano, a livello di prezzo, la qualità di materiali e prestazioni delle nuove abitazioni.
Dove, invece, il prodotto nuovo è scarso e/o il costruito di minore qualità, la forbice di prezzo tra vecchio e nuovo aumenta sino a una differenza che può arrivare a superare il 30 per cento.
I fattori da considerare
«In genere la differenza tra nuovo e usato dovrebbe equivalere ai costi di ristrutturazione – spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari –, ma incidono molti altri fattori, come la localizzazione dell’immobile, ad esempio. Teoricamente, conviene acquistare l’usato perché – se si ha una buona disponibilità per la ristrutturazione – consente una piena personalizzazione degli spazi. In più, in questi, anni, l’acquisto di grandi metrature d’usato ha rilanciato il frazionamento in miniappartamenti da mettere a reddito a studenti o per l’affitto breve».
«Quando si acquista il nuovo si compra non solo l’efficienza di un appartamento, ma di tutto lo stabile, quindi anche delle parti comuni – spiega Alessandro Ghisolfi, responsabile del centro studi di Abitare Co –. L’usato può costare anche molto meno. Ma poi va risanato. Nell’ultimo anno, l’inflazione e l’aumento dei costi dei materiali hanno portato, almeno a Milano, i costi di ristrutturazione da 800-1.000 euro al mq sino a 1.500 euro al mq».
Ma proprio l’inflazione, i costi di costruzione lievitati, le catene di fornitura rallentate dal covid, così come il lavoro negli uffici amministrativi per il rilascio dei permessi di costruzione hanno portato ritardi e rallentamenti sul segmento del nuovo.
«Per questa serie di motivi – spiega Ghisolfi – il segmento del nuovo ha visto calare l’offerta del 6% sul 2021 e la stessa offerta di nuovo sul totale delle case in vendita non supera il 6,9 per cento. Sul fronte compravendite di nuove abitazioni (-1,5%), le città che hanno chiuso l’anno in territorio negativo sono Milano (-12,2%), Firenze (-11,8%) e Napoli (-9,9 per cento), ma per una questione tecnica: i ritardi di consegna hanno fatto slittare i rogiti al 2023».
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