musica

In fuga a passi di danza per crescere assieme

di Marinella Guatterini

Antonella Bertoni e Michele Abbondanza sono Nina e Tommaso in «Romanzo d’infanzia»

3' di lettura

A cinque anni scappò via a metà recita, rifiutando caparbiamente ogni lusinga dolciaria per provare a vedere la fine. Sentenziò: «questo non è uno spettacolo per bambini!». Forse, con mia figlia, avevo osato troppo.

Romanzo d’infanzia, record di recite (650!), d’incassi, di versioni non solo in italiano, ma anche in francese, inglese, portoghese - pietra miliare del teatro per ragazzi, oggi al suo ventesimo genetliaco - è tutt’altro che rassicurante. Era ed è una pièce agrodolce, forse crudele, ma come lo sono le favole con gli orchi e la vita, dove l’amore dei genitori per i figli non si vede, e la complicità tra fratelli è una fuga ribelle, un percorso iniziatico verso la crescita per un pubblico dai sei anni in su.

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Nato nel 1997 dall’incontro di Antonella Bertoni e Michele Abbondanza, danzatori-coreografi e Bruno Stori e Letizia Quintavalla, autori, registi, drammaturghi - il pluripremiato Romanzo d’infanzia narra la storia di genitori concentrati su loro stessi, sui loro litigi, sulle loro passioni (andare all’opera) e ben poco propensi a dare ascolto alla prole.

Così Tommaso, dieci anni, e Nina, otto, non vanno a scuola; scoprono il cimitero e la paura della morte, incendiano casa. Fuggono. E al ritorno vengono picchiati e divisi: l’insopportabile sopruso di potere per una coppia legatissima sbatte Tommaso in collegio mentre la fremente Nina resta a casa, ma ben presto raggiungerà l’adorato fratello. La terza fuga, questa volta dal collegio, viene raccontata da una voce fuoricampo, mentre in scena si vede l’esile sorella che si carica sulle spalle il mastodontico fratello. Poi l’immagine in video di due felici ragazzini liberi di correre su di una spiaggia, si staglia su di una lettera-lenzuolo spedita ai genitori. «Cari mamma e papà è stato bello conoscervi, ma adesso vogliamo incontrare altre persone». Agghiacciante. L’epilogo, però, consola: «Addio per sempre, anzi no; arrivederci a presto». Pedagogicamente testato, e senza sbavature nel sollevare temi delicati come il disagio infantile all’interno dei rapporti primari-affettivi, la violenza fisica e psicologica che l’infanzia subisce a casa o nelle istituzioni, il delitto di non ascoltare i propri figli, ma anche le colpe senza colpevoli, Romanzo d’infanzia vanta un’immagine semplice, raffinata, e molte particolarità.

Dentro un cerchio di luce - spazio ove avvengono i fatti - mamma e papà sono anche Nina e Tommaso, i figli; dal 1997 a oggi Antonella Bertoni e Michele Abbondanza, sempre perfettamente bravi e belli, solo con qualche filo bianco tra i capelli, s’incaricano di un trasformismo faticoso: devono danzare ma anche recitare, e spesso in varie lingue. «Folle imparare il portoghese solo per una mesata di recite a Lisbona e dintorni. Abbiamo apprezzato i russi: hanno voluto Romanzo d’infanzia in italiano per ascoltare la bellezza della nostra lingua», spiega Antonella Bertoni. Passare il testimone di questo cult-show ad altri danzatori, come hanno fatto per Terramara, la loro storia d’amore, è più difficile di quanto non si creda. Nel 1997, Bruno Stori stese il testo di Romanzo d’infanzia in sala prove, basandosi sulle loro autobiografie infantili. «Stilettate troppo personali -, dice Michele Abbondanza -, che ancora ci rendono fragili e vulnerabili anche in scena, ma così deve essere». Eppure lo spettacolo nacque da una presa di distanza dal vissuto dei due interpreti: grazie a una conviviale e, all’epoca, inedita condivisione a otto mani. «Stori e Quintavalla, facevano ogni mattina un duro training fisico con noi -, rammenta Antonella Bertoni, - al pomeriggio si passava a testo, drammaturgia e regia, queste ultime a cura di Letizia, anche curatrice, nel 2000, di un testo eponimo con saggi e tanti materiali di bambini, insegnanti, mamme, impegnati negli assidui incontri post-spettacolo.

Il compleanno di oggi, festeggiato al Teatro Testoni, è ancora un meeting questa volta di giovani danzatori, chiamati ad esprimersi su di un lavoro, di nuovo in tournée e nel 2018 in Canada. Ci sarà modo di parlare di quanti bimbi sono fuggiti davvero, dopo aver visto lo spettacolo (in Francia, a esempio). Ma anche di un gioco coreografico in cui danza libera, corse, torciglioni di membra intrecciate dei figli si contrappongono alla danza accademica, o a certi balli codificati dei genitori. Poi c’è la parola: un’esortazione alla disciplina, che «paradossalmente rende più libero il movimento, anche se non lo puoi cambiare».

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